Novità Poesia: Planet Maruschka di Giorgio Mobili
![]() Planet Maruschka
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autori: | Giorgio Mobili |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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[...] Poesia della dislocazione, quella di Mobili, sospesa tra l’Italia e una California ben nota e insieme segreta, perfettamente riconoscibile quanto lontana da visitate passerelle.
[...] Non sono le coordinate geograficotemporali la chiave delle poesie di Mobili, bensì la sicurezza con la quale l’autore, da regista e coreografo di parole, muove autentiche masse verbali, accumulando versi dal peso specifico piuttosto alto.
Planet Maruschka sarà stato scritto a Fresno (...) ma io ci sento un’inconfondibile aria milanese di primo autunno, ci vedo uomini in giaccone che entrano infagottati nei bar di periferia chiedendo un caffè in dialetto all’immigrato che li serve rispondendogli in dialetto pure lui. Ci sento non solo il solido grigiore padano, ma anche una certa sana ingrugnatura fondo, un cambiare continuamente l’argomento come si girano le pagine di un giornale sui tavoli delle trattorie, dalla politica alla cronaca allo sport, perché quello che c’è da dire va detto subito e in fretta, chi capisce capisce e se non capisce pazienza, gli si accenderà la lampadina del cervello alla prossima pagina girata, al prossimo titolo a sei colonne, alla prossima imprecazione su quanto il mondo va a schifo. Ma senza inutile acribia, piuttosto con una rabbia che ti scalda bene come il Fernet. La domanda non sarà quindi che cosa queste poesie vogliono dire quanto piuttosto che cosa sono. Pugni sul tavolo trattenuti dal timore di far rovesciare il bicchiere; ecco quello che sono.
dalla prefazione di Alessandro Carrera
Melancholia
Abbandonarsi alla ruota
del panta rei
la casa in groppa al Vesuvio
giù nell’amaro gettare chi si salverà
da quel secondo diluvio;
leggo molto per capire
chi siamo, per capir che non siamo
ma il gran segreto è vuoto
e che ci vuoi fare, qui al mare?
L’odiato agosto ci ha cotto
la pelle e ormai
ha fulminato gli elastici,
al parlamento dei sogni perorano
solo alleati meccanici;
e sotto l’astro immura
la donna velata nel carico e scarico
e oltre l’onda, il nulla
(che mosse Colombo, in fondo...).
Il mito lombardo
Sul binario della provincia
l’ora non è mai sola
e sotto un tetto di tabaccaia
in transito dolce-idiota
eloquio a doble sentido...
L’Africa vitalizza («paleoverde
erezione redime
il grigio della stazione»)
accatastiamo gli incartamenti
sul nuovo falò.
E poi le prove di forza, a feudi
per le bionde padane
ritrose, loro, per prammatica
ma con le taglie e i moduli giusti
nel cassetto di casa...
L’errore è indossare in piena vista
la nostomania del padroncino
(strappato al rigore mortis
dall’ennesimo -ista).
E attorno al falò, più stretti
dentro l’aleph dei Ventisette:
per altri invece schizzano schegge
su ogni cosa che dici
(«che scorra sangue nostro
sopra il Bar degli Amici?»).
Spread
Lui spezzava il pane
moltiplicava il fumo e il vino
e, dopo, morto in spirito
continuava la produzione:
era la logica dello spread?
Più di quattrocento colpi
sputati nel giro di un’intenzione
realizzare il massimo bene
per il massimo di persone?
È pronto l’ultimo sound check
per quando non saremo più
il passato divarica l’oggi
e John espande la produzione
(è la logica dello spread?).
Piovono condom sul Congo, perché
amiamo il prossimo tuo
ma chi le apre più in fretta vince
osserva il martire di Hammamet:
è la logica dello spread.
Certe cose ci sembrano vere
cert’altre veramente vere
la differenza è stata elucidata
(in un brano dei Grateful Dead?).
È la logica dello spread.
I padri nostri
C’è un’epoca napoleonica
di potestà su ciò che filtra dai tappeti
di chi slingua e inghiotte il proprio tempo
gratinato con limone e asparagi
e a ogni finestra una barbetta veglia
e in ogni stanza avvolge
un orlo saldo attorno al mio
l’ascella tiepida di un dio.
E tra la testa e il plesso non
ci si domanda mai se siamo morti
o se siamo vivi.
Poi qualcosa si sciupa nell’aria
e loro incominciano a girare
a vuoto con ronzante cerimonia
non come i cecchini a batteria
strisciano e sparano davanti al duomo
o come una vite spanata
ma altoparlando in tromba e fune
lo sdrucimento del costume...
Il vecchio lembo di risguardo
sul tremito di chi non sa se è vivo
e non è morto.