Novità poesia: Rossano Pestarino - Lingua che non so
17.06.2014
![]() Lingua che non so
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autori: | Rossano Pestarino |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Un universo verticale, tra terra e cielo, tra campagna e città, nel quale l’individuo e la sua voce restano come sospesi, o sul punto di sparire, volontariamente, di volare via.
2012 deserto. Cominciamo bene.
Si è diffuso un morbo, un germe strano,
tra le quattro e le cinque, ha prosciugato
una a una le vene
di ogni carne, prima delle prime
luci dell’alba nuova, appena dopo
gli ultimi stanchi scoppi: reclinavano
la testa su un cuscino, proprio come
si era fatto da sempre per morire, e con il taglio
di una luce più sottile nella luce
sparivano, i profili,
le mani... E adesso questo
vuoto di strade sotto il bianco
che non abbaglia più nessuno, ormai,
e il silenzio colorato dei festoni
posati dalle mani dei papà...
Persino internet morto, lampeggia
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Tutto il mondo sfuggito finalmente alla rete
come la palla di un bambino cieco
che la segue col viso, corre cauto,
le lunghe dita avanti,
dove sente il rimbalzo, nell’angolo.
*
Perso il colore immenso
del cielo, le altre incommensurabili grandezze,
le altezze dei palazzi,
guardare giù, sporgersi quanto basta
per sentire la testa
pesare (come diceva la nonna) più del sedere,
il turbine, la vertigine, continua,
dell’aria rarefatta dove pochi
pennuti osano alzarsi, il capogiro
verticale ti piomba sull’asfalto,
tu monetina fatta scimitarra.
*
Come toccare i tasti
neri soltanto, la danza ossificata,
e fuori il chiacchiericcio
atonale e felice delle rondini,
lingua che non so,
non oso.
*
Reflusso urticante i giorni,
intatti eppure
irriconoscibili; le pieghe dei pensieri
fatti e dimenticati eppure pietra
nel fegato, lo stomaco che grida,
la gola che una mano blu ti chiude
con la pietà del boia che non sbaglia.
*
Morte mi circonda, vecchiezza e malattia,
i Novissimi che danno titolo ai miei libri.
Le piaghe che deformano
volti supini, i pensieri sghembi
che perdono per via la già smarribile
traccia, i piedi pari,
le ginocchia che incocciano puntute.
*
Chi si vede nello specchio pulito
dell’onestà, invecchiato,
(ma con che cuore), amaro, la ruga
d’espressione, quella del mite
sorridere, (della rassegnazione), che gli stringe
alle tempie, tra le mani
che non tremano ancora (ma le vene
corrono di un verde sempre più veloce),
con che cuore, la storia, negli occhi,
delle débâcle, anzi delle battaglie
non combattute (per delicatezza,
per tenerezza; per pietà e urbana
viltà): i campi intatti, asciutti
di sangui giovani, incalpestati
i sentieri delle imboscate, sciabole
con le else d’oro ignare
della vampa brunita del sole.