Paolo A. Paganini per Perché tu mi dici: poeta? di Carmelo Pistillo
06.01.2016
![]() Perché tu mi dici: poeta?
|
|
autori: | Fabio Jermini, Carmelo Claudio Pistillo, Antonio Porta |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
articolo su Lo Spettacoliere
Quando la Poesia, musica della parola, sognava di farsi teatro. L’utopia di due poeti: Antonio Porta e Carmelo Pistillo (di Paolo A. Paganini)
Talvolta la poesia è un equivoco. Per le anime semplici, che Dio le benedica, è poesia se una parola termina in modo uguale, di riga in riga, a cominciare dalla vocale finale accentata prima di andare a capo (cuòre – amòre, amàto – parlàto, tàvolo – càvolo). È la rima, bellezza. La spesso famigerata rima. Tant’è che, quando la si recita, più la fai notare, più sembra far piacere. Specie ai bambini, soprattutto quando si tratta di filastrocche, o ai canta-dicitori di rap. Se poi si calca anche sugli accenti all’interno della frase, giocando con fiato possente sempre sull’ultima sillaba accentata, la cosiddetta poesia, data la facile e ritmata sonorità, dicono che sia bellissima. Come per i futuristi i vari “ta-ta-ta, ta-ta-ta bum”.
Quando la Poesia, musica della parola, sognava di farsi teatro. L’utopia di due poeti: Antonio Porta e Carmelo Pistillo (di Paolo A. Paganini)
Talvolta la poesia è un equivoco. Per le anime semplici, che Dio le benedica, è poesia se una parola termina in modo uguale, di riga in riga, a cominciare dalla vocale finale accentata prima di andare a capo (cuòre – amòre, amàto – parlàto, tàvolo – càvolo). È la rima, bellezza. La spesso famigerata rima. Tant’è che, quando la si recita, più la fai notare, più sembra far piacere. Specie ai bambini, soprattutto quando si tratta di filastrocche, o ai canta-dicitori di rap. Se poi si calca anche sugli accenti all’interno della frase, giocando con fiato possente sempre sull’ultima sillaba accentata, la cosiddetta poesia, data la facile e ritmata sonorità, dicono che sia bellissima. Come per i futuristi i vari “ta-ta-ta, ta-ta-ta bum”.
Onestamente, insopportabile.
La poesia, quella recitata intendo, non cantelinata come in uno sdolcinato o stentoreo recitarcantando, la vera poesia è un’altra cosa. La poesia vive di un respiro, di una sintassi interna, di una musica segreta, intima, misteriosa, magica, che ti stordisce dentro, e non sai perché. È più poesia lo struggente addio manzoniano in prosa di “Addio monti sorgenti dall’acque ed elevati al cielo…” o il leopardiano Infinito in versi di “Sempre caro mi fu / quest’ermo colle / e questa siepe...”?
Non è dall’alta voce e dai suoi martellanti accenti che lo si può capire, è da quali altri accenti dell’anima ti sa scandire emozioni dolcezze struggimenti.
Basta, ché altrimenti veniamo a parlare d’altro, anziché trattare dell’arduo ed intenso libro di Antonio Porta/Carmelo Pistillo, “Perché tu mi dici: poeta? – Per un teatro di poesia” (con una sapiente e chiarificatrice prefazione di Maurizio Cucchi).
Ma il nostro inizio non è stato un inutile menar per l’aia. Ci è servito a chiarire, senza altri preamboli, quanto questo ultimo lavoro di Carmelo Pistillo (il precedente è stato “Passione van Gogh“, 2014) abbia la temeraria e spericolata ambizione di trascendere la parola scritta, letta, meditata, vissuta nell’intimità, per farla diventare parola sonante, poesia teatrale, per transustanziarla in corpo, sangue, respiro di un attore.
La ricerca di Pistillo, che qui diventa anche un omaggio allo scrittore e poeta Antonio Porta, postumo co-autore, scomparso nel 1989 (era nato a Vicenza nel 1935), cominciò nei lontani Anni Ottanta, insieme con Porta, nel tentativo di creare una “drammaturgia poetica” destinata al teatro. Allora nacquero due congrui e pertinenti canovacci, due partiture: una dedicata alla poesia italiana del Novecento, “Penultimi sogni di secolo“; l’altra incentrata sul Romanticismo, “Oratorio Notturno“. Un’impresa di due inesausti sognatori, illuminati utopisti della sacralità della parola, quando il corso della Storia stava ormai imboccando il tunnel tragico e definitivo d’un prosaico materialismo senza ritorno. E la Poesia? Era vista come una dolente e inutile lamentazione da “Stabat Mater dolorosa”… La quale, per stare in argomento, era il testo struggente e amatissimo di Jacopone da Todi, musicato da generazioni di compositori, da Scarlatti a Vivaldi, a Pergolesi, a Rossini…
Anche la parola è musica. Non so se Pistillo e Porta abbiano allora pensato al rapporto musica/parola. Ma se la Musica è la strada più diretta per arrivare al cielo, la Poesia è già un tabernacolo laico nel tempio dell’eternità. Il Guerrazzi (politico e scrittore del primo Ottocento) scrisse: “La musica e la poesia possono stimarsi due lampi balenati da un medesimo sguardo di Dio“. La poesia, dunque, come la musica, non è l’isola felice di pochi eletti, ma un dono divino elargito a tutti gli uomini, da esternare, come fanno i santi, i menestrelli, i cantastorie, i predicatori, per vie piazze templi e teatri. Come quando, ab antiquo, la poesia era un rito orale, come quello che il cieco Omero faceva con la sua Iliade davanti alle sue genti mute e incantate.
Ecco l’utopia di Pistillo e di Porta. Un’utopia che poggia, ora, saldamente su questo libro, che raccoglie ricordi, testimonianze, appunti e annotazioni critiche, note e commenti, sogni e speranze, analisi e chiose letterarie, lettere dedicatorie e illuminanti citazioni a fare da corollario ai testi poetici che han dato corpo a quei famosi copioni teatrali, “Penultimi sogni di secolo” e “Oratorio Notturno”. Il primo, suddiviso in Dieci Quadri, corredati da foto, porta i testi poetici di (tra gli altri): Palazzeschi, Gozzano, Oxilia, Ungaretti, Rebora, Campana, Pascoli, Saba, Sanguineti, Montale, Buttitta. E poi D’Annunzio, Sereni, Quasimodo, Pasolini, Raboni, Testori. E, giustamente, Antonio Porta. Il secondo (l’Oratorio Notturno): Manzoni, De Musset, Hölderlin, Heine, Novalis, Leopardi, Hugo, Baudelaire, De Vigny, Goethe, Foscolo, Shelley…
È un libro che si legge centellinandolo con amore sacrale: un libro per immaginare di sentire, all’eterno dal tempo, la voce degli immortali, come se risuonassero dalle tavole d’un palcoscenico. Anche se ora parlano soprattutto all’anima di pochi, ancora capaci di nutrire un sogno di bellezza, un’illusione di salvezza…
Antonio Porta, Carmelo Pistillo: “Perché tu mi dici: poeta? (Per un teatro di poesia)” – Ed. La Vita Felice 2015 – pp 364 – € 20