Paolo Ruffilli per Raffaela Fazio con «L'ultimo quarto del giorno»
09.04.2018
![]() L'ultimo quarto del giorno
|
|
autori: | Raffaela Fazio |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Le poesie di Raffaela Fazio, anche e soprattutto in questo L’ultimo quarto del giorno (La Vita Felice 2018), tendono a significare una reciproca compenetrazione tra mondo umano e naturale. E lo fanno con una misura talmente precisa che la penetrazione (nel fondo oscuro, nelle sedimentazioni dell’animo e nel labirinto della mente) avviene attraverso la mappatura delle superfici, secondo un passo e secondo moduli che possiamo definire della messa a fuoco più nitida. Così che temi di vasta portata, e di costante implicazione esistenziale, si fissano in componimenti pieni di luce e di colori.
I versi netti e rigorosi ci immettono, ogni volta di incanto, in una dimensione autoriflessiva che quasi inavvertitamente si interroga sul mistero delle cose e sul significato della vita mentre ne subisce il fascino, per la legge dell’inversamente proporzionale. E il taccuino degli appunti e delle annotazioni è, insieme, l’album della memoria critica, l’almanacco della propria condizione e il diario delle pagine privilegiate trascelte a comporre (e a verificare, a interrogare, a mettere sotto esame) il senso di una vicenda e di una vita.
Tema centrale in tutta la poesia di Raffaela Fazio è, a ben guardare e oltre l’apparente silenzio (che è, poi, la voce del segreto e del mistero: “va riportata / ogni prova di amore / al mistero”), il tempo: termine ineludibile del confronto, enigma esistenziale, l’altra faccia della medaglia, vuoto di assenza in cui precipitano errore e disguido, ma in cui si scioglie anche il doppio senso della vita (“noi siamo vivi, fatti di tempo / e il tempo è fatto a nostra misura”). Perché l’orizzonte resta comunque aperto nella continuità ultraindividuale, in una dimensione che proprio l’improvvisa illuminazione poetica ci fa scoprire a un tratto con inattesa evidenza come indistruttibile.
Esiste una condizione psicologica di confronto consapevole con il vuoto che assedia l’uomo e sottrae credibilità alle sue fedi, che in poesia si esprime come tentativo di restituire alle funzioni verbali la razionalità altrimenti, nella vita, insidiata e smarrita. Senza, con questo, inibire alla parola le virtù liriche, evocative, fantastiche, anzi concentrandole e come allineandole alla retta obliqua che attraversa da una parte all’altra la propria personale esperienza di vita. È il caso appunto di Raffaela Fazio, in tutto il percorso di questo libro coinvolgente. Ma, rispetto al procedimento più “visionario” che caratterizzava certe sue prove precedenti, l’autrice è andata ricomponendo “l’instabile profilo del presente” come la consistenza materiale delle cose, degli oggetti e delle persone, proprio contro quello spettro del vuoto con cui si è sempre misurata la sua poesia e attraverso il progressivo uso oggettivante e oggettivato dei quadri delle sue immagini lampeggianti.
Qui una riflessione filosofico-religiosa dell’autrice.
Ti parlo come l’erba alle pietre tra cui s’insinua
finché il muro cede dove lei cresce, più umida la sera.
Nelle tue crepe nella tua immota fuga ch’io sia quel corpo estraneo vivo attorno a cui ti sfaldi. E sul confine che segni involontario sia dolce anche l’incuria la rovina il mio verde abbracciato alle macerie.
*
Nella vita pare che tutto vada restituito. Il crollo del corpo alla sua lievità il dolce di un labbro alla prima matrice il fuoco guerriero al fodero di pace la bellezza (sempre) all’alterità la verità di un’arte all’insieme e l’insieme alla più piccola parte. Va riportata ogni prova di amore al mistero e lasciata fuori dall’inventario una cosa soltanto un fendente di gioia assoluta insolente non necessaria.
*
Quando un uomo si sveglia nella notte capisce che non basta a se stesso.
Lo ferisce l’assenza come un fianco strappato che era argine al buio e lo tenta un possesso una terra abitata la fortezza di un nome scandito.
Ma salvezza sarebbe al contrario il donarsi – sorretto dal vuoto – di un bordo all’altro contiguo stupito
come di barca in barca passa la luce dall’acqua all’infinito.
*
(per i miei bambini, maggio 2016)
Il mio tempo cammina sul crinale. Ritenta l’equilibrio tra gli opposti: una valle nascosta lo precede una piana gli succede lo trascende.
Quando il mio tempo pende sul più azzurro versante intravede la sua stessa fine il suo segno più in basso come il rotolare di un sasso nell’erbetta nuova.
E nella vita che senza me prosegue forse un ricordo di quel lieve franare: prova in fondo che oltre la morte solo l’amore è guardia di frontiera.
*
Al Dio ignoto
Lascia che dentro Te integra sabbia io pianti la punta come anfora d’argilla nella stiva un poco storta. Ma fa’ che mai non abbia la certezza se sia d’amara oliva o d’uva il sangue che in me questa natura a un’altra meno labile pienezza già trasporta.
Raffaela Fazio, nata ad Arezzo, vive e lavora a Roma come traduttrice. Laureata in Lingue e Politiche europee a Grenoble e specializzata in traduzione/interpretariato a Ginevra, ha poi conseguito a Roma un diploma in Scienze religiose e un master in Beni Culturali.
Ha pubblicato diverse opere di poesia. Gli ultimi tre libri sono: “L’arte di cadere” (Biblioteca dei Leoni, 2015), “Ti slegherai le trecce” (Coazinzola Press, 2017) e “L’ultimo quarto del giorno” (La Vita Felice, 2018).