Pasquale Vitagliano per Vito Russo con «Del buio e della luce»
![]() Del buio e della luce
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autori: | Vito Russo |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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VITO RUSSO, Del buio e della luce
La Vita Felice, Milano 2023
di Pasquale Vitagliano
La poesia di Vito Russo è un discorso, come egli stesso scrive, sul più e sul meno. Solo in apparenza, e in superficie, si tratta di un’opzione oziosa. Dentro questa oscillazione, infatti, si colloca l’intera nostra esistenza. E negli angoli più riservati di queste parole si nasconde persino il mistero di Dio, l’origine del buio e della luce. Dunque, non appare casuale la scelta, almeno prevalente, della poesia-prosa, spesso consapevolmente “giustificata” nella composizione editoriale, che fornisce alla scrittura una propria forza assertiva. (…) Stretto nella nostalgia della pietra, avrei/ voluto essere solo sotto il sole che scotta.
Come tutti i discorsi, anche questo risente dei luoghi nei quali noi che li facciamo siamo inseriti. Si verifica una vera e propria osmosi in cui il paesaggio – naturale, urbano o domestico – orienta la parola, e questa, a sua volta, ci restituisce l’ambiente esterno arricchito di significato, talvolta con metafore inverse mutuate dal realismo terminale. (…) Le tangenziali/ non hanno lacrime da piangere, solo gocce di sudore/ sulle tempie (…). Il punto di vista di Russo è quello della luce, anche perché egli viene dal Sud, dalla parte delle pietre, dove il sole scotta. E da qui si vede il buio, che spesso è ostile, per chi vive altrove. I pugni che ho dato sono versi, sulle autostrade/ luci verdi nella caduta adriatica (…) La devozione al punto di vista della luce è dichiarata. È un’ascendenza necessaria. Solo così il buio diventa intelligibile, i frantumi possono essere ricomposti, tutto diventa più chiaro. Dunque, accettabile.
La raccolta è suddivisa in sezioni. Tra queste, “Diario della morte e della vita” è la cronaca di un’esperienza familiare dolorosa, in cui la testimonianza prevale sulla forma poetica. Nell’ultima, La misura del padre, queste riescono a trovare una linea di coerenza. La figura paterna, infatti, resta un orizzonte intangibile, che costringe l’autore in una condizione permanente di figlio, contestualmente e contraddittoriamente, posizione aperta ad ogni possibilità e limite acerbo che blocca. (…) In momenti di acuta/ passione per la prima persona singolare, mi illudo che/ le parole siano figli. Invece sono io il figlio, ancora.; (…) Dobbiamo abituarci a vivere con meno,/ immaginare di vivere meno. Si ha come l’impressione che procedendo nella lettura qualcosa si perda. Che l’autore smarrisca la fiducia nella parola poetica, come se la vita finisca per imporre la sua grammatica. È questo un limite, ma che il poeta, se vuole, può rompere. Sì, è vero, la poesia non salva. Ma, almeno, illumina. I tempi di reazione si allungano in queste sere di scontrini smarriti e cieli d’ocra rigati di scie. Si muove verso l’altro il fumo della candela antizanzare, come se tutto questo male esploso fosse solo anidride carbonica.