QuiLibri nro 19 per Salvatore Contessini (G. Linguaglossa)
![]() Dialoghi con l'altro mondo
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autori: | Salvatore Contessini |
formato: | Libro |
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QuiLibri 19 - sett/ott 13 - Recensione di Giorgio Linguaglossa per Salvatore Contessini
Già nella scelta della tematica: «Dialoghi con l’altro mondo», Contessini rivela di aver alzato il tiro al massimo delle proprie forze; ma non è questo un limite, anzi è un punto di forza il suo; inoltre, non è un libro di metafisica applicata alla poesia, né un libro di poesia che intende parlare di argomenti metafisici, affatto, è un libro di poesie che dialogano tra di loro, una pluralità di voci che parlano: da una parte l’interrogante (l’autore), dall’altro l’interrogato (undici poeti morti suicidi: Saffo, Carlo Michelstaedter, Georg Trakl, Atonia Pozzi, Anne Sexton, Cesare Pavese, Amelia Rosselli, Stefano Coppola, Nadia Campana, Salvatore Toma, Claudia Ruggeri). L’operazione di Contessini è semplice e acuta: instaurare un dialogo con i morti (il miglior modo per parlare ai vivi), è questo il suo modo per rendere dicibile ciò che è stato bandito dal dicibile, cioè l’indicibile, ovvero, il dialogo con gli undici poeti morti. Il dialogo con i poeti morti è propriamente la nominazione secondo Contessini. Direi che è questa tematizzazione «alta» che influenza il tono dell’intera opera e contribuisce in maniera determinante alla selezione del lessico; ma «alta» qui non equivale a «sublime» o «mistico», nulla di ciò interessa all’autore, quanto di mettere a fuoco, mediante la citazione di brani degli undici poeti, il problema cardine: ciò che separa il finito dall’infinito, la morte dalla vita, il di qua dall’al di là. Una volta instradata nel piano «alto», la dizione poetica non può più abbassarsi al piano «basso», il linguaggio poetico di Contessini mantiene una ingessatura, una rigidità che è consustanziale alla tematizzazione prescelta per via del fatto che la poesia sconfina quasi nel recinto del sacro, come nell’incipit del «Dialogo Quinto» con Cesare Pavese; qui è l’autore che parla:
Quello che ho avuto mi è parso sufficiente.
Ho decretato recinto della fine
con la superbia del sapere quando.
Ho buona compagnia all’intorno
per il sentito dire, ma non l’incontro.
Anche nel vizio assurdo di reputarsi logorato
sfugge il motivo dell’impresa
il senso di donare l’afflizione
il lampo che precede il tuono del metallo.
Dimmi di umori avanti al buio.
Certo, non è il piano minimale quello scelto da Contessini per i suoi dialoghi, né all’autore interessa porre l’argomento sul piano cronachistico, la tematizzazione del tema non l’avrebbe consentito. La sua poesia parla molto più dell’«oggetto» che non del «soggetto», è attenta al lettore, si indirizza al lettore, suo principio regolatore, ultima istanza regolativa: la fenomenologia del soggetto è qui dipendente dalla fenomenologia dell’oggetto.
In un mondo in cui i rapporti umani sono diventati un problema tra gli esseri riprodotti come talismani magici e ridotti a vasi incomunicanti di un messaggio che è stato soppresso dalla prassi sociale, resta il problema di come sproblematizzare il problematico, di come figurativizzare il non figurativo, di come liberare le emozioni dalla cella dell’io che racchiude l’inautenticità generale nel mondo degli oggetti semiotici.
Oggi forse, dicono alcuni, è possibile soltanto una poesia dell’inautenticità e del falso, come il tinnire di una moneta falsa la poesia la devi lasciare nel suo brodo di intrugli e di piccoli trucchi per poterla rubare agli dèi?. Non così la pensa Salvatore Contessini, il quale dice chiaro che lui nell’autenticità ci crede ed anche in una poesia dell’autenticità.
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