Riv Fare Voci maggio 18 Giovanni Fierro per Raffaela Fazio con «L'ultimo quarto del giorno»
![]() L'ultimo quarto del giorno
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autori: | Raffaela Fazio |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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La voce d’autore è il nuovo libro
“L’ultimo quarto del giorno” di
Raffaela Fazio e il mondo poetico
di Mircea Dan Duta.
http://www.isontina.beniculturali.it/it/649/fare-voci
Voce d'autore ----------------------------
L’ultimo quarto del giorno
Raffaela Fazio, le parole dell’accadere
di Giovanni Fierro
Anche in questo suo nuovo libro, Raffaela Fazio continua nella sua ricerca della parola come luogo dell’accadere.
“L’ultimo quarto del giorno”, questo il titolo della raccolta, è un raccontare e un dire, dove il conosciuto e il non detto sono presenza importante e di cui si sente il suono, in una armonia che Raffaela Fazio sapientemente cuce e mostra.
Perché “Nessuna parola/ seppure lontana/ nel tempo/ è distante”, ed è questo il fuoco originario che alimenta il suo scrivere, che dà importanza al testimoniare della poesia, al suo senso di responsabilità verso ognuno di noi, verso il mondo.
È un libro che si muove in quattro momenti, con un linguaggio che si nutre di parole scelte e necessarie, che sanno affrontare le avversità; parole che non si tirano indietro anche quando “Nella vita pare che tutto/ vada restituito”.
Pagina dopo pagina il lettore trova, in modo continuo e rinnovato, che c’è sempre un qualcosa di acceso, un attrito che crea luce, che si fa campo visivo.
“Nasce dal vero/ l’immagine amata”, e a questa corrispondenza Raffaela Fazio dà la giusta appartenenza e vicinanza, in un quotidiano che diventa valore assoluto, quando asciuga le sue ridondanze e riconosce il valore di ciò che rimane, il suo ‘canto alla durata’ che nutre l’umano sentire.
“L’ultimo quarto del giorno” è un libro che invita il lettore ad accorgersi dei dubbi, necessari e anche sofferti, ma sempre vitali. Ha la capacità di alimentare il vivere con le domande, con il desiderio di aprire il sentire e il pensare.
Anche solo per ipotizzare che forse siamo “Impronte/ di animali sconosciuti/ che ogni tanto/ rallentano la corsa”, e che è importante iniziare ad inventare e disegnare una mappa possibile. Da riconoscere e portare sempre con sè.
dal libro:
Viviamo
e vogliamo narrarci.
Ma si sfa ogni racconto
nel dirsi:
non c’è filo, né trama.
Solo esiste
uno stare nel mondo
(sia sul fondo
che sul pelo dell’acqua).
Solo questo ci basti
e ci prema:
abitare chi siamo.
*
Il passato non resiste.
Nessuno dei suoi angoli
rimane, solo
l’arco
su cui insiste:
dosso di terra
aderente al nostro passo.
Da qui
si avvista l’orizzonte.
Perché il passato
(se esiste)
è quest’assenza
che riempie l’aria
incrina serpentina
il cielo
preme convessa.
È il temporale
che lampeggia
che corteggia
la circonferenza
ma poi non si avvicina.
*
Questa è l’ora
tra il cane e il lupo
quando il ciglio non sa
se all’erba
sposarsi piano
o cedere al dirupo
è l’ora
in cui non ho appigli
né viscere o voli
né versi da indagare
è l’ora
in cui ho voglia di scordare
che lungamente
ovunque
prima del tempo
sei
ma proprio là
all’estremo spingersi
è l’ora
del preludio di un’altra ora
mio bene mio male
mia irreale linea d’orizzonte
che unisci tocco a tocco
i punti che neppure vedi
e insieme spacchi
il mondo a metà
perché lo ami
dalla testa ai piedi.
*
Si danno le cose
in frammenti:
la rosa tra i tralci di pietra
a spirale
il teschio nel legno
dello scranno
la vergine in trono
sul portale
la sirena stretta
al capitello.
Il doppio perfetto:
la pace
e il feroce
bisogno.
*
Sembrano assenti
chiuse
nella loro bellezza
ma vivono in gruppo
con fallaci spostamenti
e una grazia urticante
di meduse.
Nessuna parola
seppure lontana
nel tempo
è distante.
Intervista a Raffaela Fazio:
In queste tue nuove pagine c’è un passaggio importante: “abitare chi siamo”. Lo si può leggere come il nervo vitale di questo tuo nuovo libro?
Sì, e non solo. Credo che lo sforzo di “abitare chi siamo”, oltre a rappresentare il punto di convergenza dei temi del libro, riassuma uno stare nel mondo in cui credo o, meglio, a cui tendo. Abitare chi siamo non significa calzare un’identità come qualcosa di definito e immutabile a cui aderire, né giungere alla scoperta di una più “vera” natura, quasi fosse un destino che ci spetta. Significa abitare uno spazio, che, come ogni spazio, è fatto di distanze e di vicinanze. Distanze e vicinanze da noi stessi e dal mondo, in una dinamica in perenne evoluzione, dove conoscere è esperire, ed esperire è immergersi nella vita pienamente, attraverso i sensi e l’intelletto, la memoria e il desiderio, ma anche la paura e la consapevolezza del nostro limite e della nostra transitorietà. “Abitare chi siamo” non corrisponde al “raccontare chi siamo”, perché l’esistenza, a differenza della narrazione, non è né coerente, né lineare, né monodirezionale, ma è aperta a intrecci, inversioni, smottamenti. Eppure questo spazio, aperto e limitato al contempo, non rinuncia all’orientamento. L’orientamento è il senso che ricerchiamo di volta in volta. Se non ci fosse questa ricerca di senso, non ci sarebbe neppure movimento, non ci sarebbe incontro con l’altro e con l’alterità, non ci sarebbe sorpresa. Il nostro “abitare chi siamo” sarebbe un faire du surplace, come monadi in stallo.
Dici che occorre immergersi nella vita attraverso i sensi e l’intelletto. Anche in una poesia a p. 25 ne parli. Cos’è questo legame tra pensiero e sensi?
È un legame indispensabile per vivere. E per scrivere, se è vero che la poesia è intensità rielaborata, ovvero riflessione su un’esperienza di incontro tra l’io e il mondo, un incontro che non può prescindere dal contatto sensoriale. Nella poesia che citi scrivo: “Che il pensiero/ non cerchi un’uscita/ ma un’eco/ nell’estesa caverna/ dei sensi”. Il pensiero non dimora in luoghi sicuri: si forma addentrandosi in spazi sconosciuti. A volte ciò che trova segnala la morte di qualcosa, come una necessaria sottrazione/perdita/rinuncia (i “teschi lucenti” che menziono nella poesia). La prova che il pensiero deve affrontare, però, non è un pericolo esterno: è il suo stesso percorso, il suo indugiare e ricominciare senza appesantirsi, la sua “danza di soste”. Questo cammino non si contrappone ai sensi, ma si snoda proprio al loro interno: solo là il pensiero trova conferma e sostanza, perché l’uomo non è una realtà dicotomica. Il suo conoscere è sempre un esperire, e il suo esperire un conoscere, come ho detto prima. In quanto tale, non può sottrarsi all’inquietudine che lo sostiene e lo spinge avanti, “inesausto”. La risposta che riceverà di volta in volta sarà l’inizio di un nuovo perlustrare.
È un libro che ha a che fare con il tempo dell’adesso. Cosa c’è alla base di questa scelta?
Senz’altro ci sono i miei 47 anni. La strada che mi ha portato fin qua ha un pannello che dice: apri bene gli occhi sull’ “adesso”! La poesia aiuta, perché è un modo di vivere il tempo, privilegiando due aspetti: attenzione e cura. Attenzione a non perdere di vista il presente, sotto la tirannia dei ricordi o delle aspettative. E cura nel trasformare l’evento in esperienza, intessendo un legame tra gli istanti
più in rilievo, conciliando così la prontezza e la pazienza del vivere. Direi dunque che sì, è il tempo dell’adesso, ma un adesso inteso come parte di un flusso incessante, orientato, piuttosto che come frammento isolato, impermeabile al passato e al futuro.
Un altro passaggio dice “il passato non resiste”. Cosa vuol dire?
Il passato o, meglio, ogni singolo evento del passato, se inteso come realtà chiusa e circoscritta, non resiste, si svuota, non è vitale. Esiste unicamente nell’interpretazione fatta dal presente, luogo privilegiato che permette allo sguardo di spaziare oltre i suoi stessi confini. Solo in questa continua rilettura, il passato feconda il tempo e ci accompagna, passo dopo passo: “Nessuno dei suoi angoli/ rimane, solo/ l’arco/ su cui insiste:/ dosso di terra/ aderente al nostro passo./ Da qui/ si avvista l’orizzonte.”
A pagina 55 scrivi “nessuna parola seppure lontana nel tempo è distante”. Si riallaccia a quanto hai appena detto?
Sì, perché la distanza nel tempo è solo una convenzione. Tutto ciò che ha avuto un impatto nella nostra vita non potrà mai essere “distante”. Rimarrà in noi mutando, e sarà sempre a portata di pensiero. Le parole sono così. Una parola ascoltata, letta o pronunciata, una volta che è stata “registrata” dalla nostra memoria affettiva, non smette di risuonare, di evocare immagini, di suscitare suggestioni. Possono trascorrere anni, decenni, ma la parola che ci ha toccati non sbiadisce: il dolore o la gioia che ha provocato si sono forse smussati, ma non sono stati disinnescati. Il magma delle nostre vite, fatte sia di “incendi” improvvisi che di lente stratificazioni, è presente al fondo di ogni istante. E in questo fondo c’è tutto un alfabeto di parole, leggere e infuocate, pronte a ricombinarsi.
Ci sono molti dualismi in queste pagine. Il libro suggerisce tra di essi un possibile equilibrio?
Sono abbastanza eraclitea nel percepire la coesistenza degli opposti in ogni cosa, in ogni esperienza. Opposti che, a ben guardare, sono tali non perché situati agli estremi di una distanza irriducibile, ma perché facce di una stessa medaglia. Se è innegabile la tensione - spesso dolorosa - che esiste tra di essi e l’inquietudine che genera, è altrettanto evidente la loro necessaria alternanza, che alimenta la vita stessa. Ogni dimensione dell’esistere non solo è in rapporto con la sua “controparte”, ma la contiene al suo interno in misure e in tempi diversi. Credo che sia possibile trovare un equilibrio, se per equilibrio si intende l’accettazione della vita nella sua interezza e, dunque, l’accoglienza dei suoi aspetti apparentemente contrastanti. Vi avevo fatto riferimento anche nel passato, ne “L’arte di cadere” (2015), di cui mi piace ricordare questa poesia: “Se sappiamo aspettare/ le giuste intemperie/ ci arrotonda il tempo/ le cime/ per farci simili alle prime/ ombre che ci hanno abitato/ e piegare ogni versante/ al ruscellare degli opposti/ verso un unico assenso/ nella prestabilita/ confluenza/ di ogni imprevisto".
L’autrice:
Raffaela Fazio è nata ad Arezzo e vive a Roma, dove si è stabilita dopo aver vissuto per dieci anni in vari paesi europei. È autrice di diversi libri di poesia.
Il più recente è “L’ultimo quarto del giorno”, uscito nel gennaio 2018 per l’editore La Vita Felice.
(Raffaela Fazio “L’ultimo quarto del giorno” La Vita Felice, pp. 96, 14 euro, 2017)
- la fotoritratto in bianco e nero di Raffaela Fazio è di Dino Ignani