Roberto Comelli per Agnese Coppola al Castello di Vigevano
![]() La sete della sera
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autori: | Agnese Coppola |
formato: | Libro |
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Estratto dalla nota di Roberto Comelli redatta a seguito dell’evento del 29 maggio al Castello di Vigevano che ha accolto le testimonianze in versi di tre artiste*, in un "happening" letterario, ideato dal Festival di Poesia ed orchestrato dallo scrittore vigevanese di origini siciliane Vito Giuliana, dal titolo "Intelletto d’amore", un riferimento alla meravigliosa Canzone del XIX capitolo della "Vita nova" di Dante Alighieri
Tra le ospiti, la prima ad esporsi è proprio Agnese. Col tempo, questa figlia di Nola ha consolidato la fierezza dell’incedere, la posa ferma nella dizione, l'allocuzione comunicativa, diretta. Adoro osservare le modalità di una lettura, ogni volta in cui non cade nella sciatteria di un gesto poco curato. C’è chi legge come calasse l’àncora in un abisso, chi - al modo di questa scrittrice - procede come se issasse le reti o alzasse le vele nel canto. Ella compulsa il testo della sua ultima fatica – la silloge intitolata “La sete della sera” - e, subito, tra le sue mani le pagine diventano quelle di un “liber fulguralis”. Fato e presagio. Sogno e caduta. Farmaco e veleno. Eppure, ad ascoltarla, al centro delle multiformi voci che abitano i suoi versi - autentico crogiuolo mediterraneo - c’è sempre una frattura, un trauma che scava pozzi che sono anche sorgenti, che imprime solchi che diventano zolle di fecondità segreta. “Ho / una vertigine di vuoti / aggrappati dentro..” (da “L'amore prima dell'amore”).
Per lei – confessa – la passione poetica è nata da un antico volo di mosca, intrapreso forse nel VI-V sec. a.C. e scoperto nello stupendo frammento di Simonide di Ceo: “.. .uomo,/ non dire ciò che avverrà domani / e poi che hai visto un essere felice,/ non dire quanto tempo durerà:/ volo di mosca,/ che le ali ha sottili..”. Forse per questo, il suo poetare non è mai un gesto di padronanza, ma appare piuttosto assimilabile alla resistenza di una “docile fibra nell’universo” – per citare con lei le parole di Ungaretti. E ancora, ecco rivivere nei versi di Agnese la lezione del primo e più alto Novecento. “Il corpo è una ferita / aperta all'eternità”, dove risuona la suggestione pre-ermetica del migliore D'Annunzio, quello già “notturno” delle “Faville”: “La carne non è che uno spirito devoto alla morte”.
*Felicia Buonomo, Susan Moore e Agnese Coppola