S. Guglielmin per R. Pacilio
25.02.2013
![]() Gli imperfetti sono gente bizzarra
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autori: | Rita Pacilio |
formato: | Libro |
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"Gli imperfetti sono gente bizzarra" di Rita Pacilio in una nota critica di Stefano Guglielmin su blanc de ta nuque
Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice, 2012) di Rita Pacilio, conserva già nel titolo una distanza di sicurezza dal pregiudizio di chi non ha il coraggio di incontrare la malattia. Da chi chiama bizzarro tutto ciò che non capisce. Differentemente da loro, Rita Pacilio entra nel vivo del mistero dell'essere umano, declinato, sul "lago di Nemi", in quegli umani dalle "labbra di rosa vermiglio" e le "ginocchia conficcate nella gola": immagine ossimorica, dove la salute delle labbra confligge con il dolore tutto raggomitolato, fetale, di chi ha rinunciato alla distensione degli arti ossia, metaforicamente, al cammino che porta verso l'altro, verso la guarigione. Qui "non si torna indietro" ci dice subito l'autrice, poetessa-sorella che racconta il suo viaggio, anche nel tempo, incontro al fratello Alfonso, la cui prigione "ha le finestre sorde".
Anche il paesaggio d'apertura mostra le piaghe: l'acqua s'increspa, il lago morde nuvole, in affanno, i visitatori "fissano / l'inquieta luce della sera". Il mondo reale sta tutto in questa scena, tragica e dolcissima, e in quelle che raccontano il disagio, normale negli spazi manicomiali. Luoghi incomprensibili con gli strumenti del moderno: Pacilio, non soltanto dialoga con il fratello, in un tenero e, in parte colpevole, versificare privato, ma denuncia ogni pretesa di comprendere l'umano con la razionalità o il buon senso, come faremmo tutti noi visitando quei cerchi infernali. Per questo sceglie talvolta metafore surreali, vive d'immaginazione: vuole entrare in contatto simbiotico con lo sguardo scaleno dei folli, per dire loro, siamo fratelli, tutti. E tutti prede del medesimo silenzio. La vita è crudele perché non possiamo comunicare, se non per vie traverse, con il grido o sottovoce, e con il contatto fisico, anche se magari passa per sentieri violenti e incestuosi, come Pacilio ci racconta nel suo monologo Non camminare scalzo (Edilet, 2011).
"La voce di Alfonso / mi entra nella mano tutta intera" dice appunto l'autrice, coniugando suono e tatto, parola e corpo. E per lei, cantante jazz e performer, non può che essere così, non per scelta estetica, bensì profondamente esistenziale: il suo corpo a corpo con la voce e con la parola fa tutt'uno con l'attraversamento autobiografico, che trova, in queste quartine orientate all'endecasillabo, temporanea pacificazione. Ma solo formale, perché il lessico è espressionista e la visionarietà tragica.
Gli imperfetti sono gente bizzarra è una dichiarazione di appartenenza al genere umano dolente, l'unico davvero umano e per cui valga la pena parlare. Indipendentemente da quale tenaglia lo stringa: è l'esistenza terrestre a piagare le carni, il vivere stesso. Bizzarro, anzi spaventato o arrogante, chi finge il contrario. Pacilio, mi pare, parla anche agli spaventati fuori dalle mura, insegna loro di non temere la debolezza, ma anzi di farne una forza per rifondare la comunità dei viventi.