S. Sblando per Irene E. Leo
![]() Cielo
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autori: | Irene Ester Leo |
formato: | Libro |
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IRENE ESTER LEO – CIELO (LVF)
Si corrono molti rischi quando si decide di scrivere di un’autrice che, oltre ad essere una brava e indiscussa poetessa, è anche amica personale.
Uno di questi potrebbe essere l’apparente semplicità nel commentare un percorso di scrittura e di ispirazione compositiva conosciuto, all’interno del quale spesso si è discusso e dibattuto.
Potrebbe apparire più semplice, ma in realtà risulta più complicato; e non per il rischio banale e probabilmente pensato dalla malafede di cadere nell’apologia dell’autrice, quanto per il timore che la cognizione dell’occasione in cui è nato un testo possa limitare l’interpretazione dell’opera, facendo scivolare nella fragilità di una lettura di mera biografia.
Ma mi cimento volentieri e ritengo che valga la pena correre il rischio in quanto ho da tempo imparato a fare i conti con la mia coscienza e, soprattutto, quando di fronte a me trovo “Cielo” (La Vita Felice) di Irene Ester Leo.
Una raccolta che sigilla armoniosamente il cerchio di una trilogia poetica iniziata nel 2010 con “Io innalzo fiammiferi” e proseguita con “Una terra che nessuno ha mai detto”.
Fuoco, terra e aria sono i tre elementi che compongono la poetica di Irene Ester Leo e che mai l’hanno abbandonata, né si sono fatti abbandonare.
Perché malgrado Irene non “faccia la poetessa” (per parafrasare Davide Rondoni nella prefazione), ne diviene esageratamente vera essenza. Un tutt’uno “ossimorico” con la poesia perché "ho imparato a non possedere versi, parole, fonemi".
Ed è questo il segreto della poetica di Irene; non pensare di possedere, né di essere arrivati, né soprattutto di avere la verità in tasca, senza ambizioni – che secondo me potrebbe legittimamente avere - di ergersi a maestra.
“Cielo” è il libro della maturità e, in questa affermazione, sono suffragato dalle testimonianze di Antonella Anedda, Maria Grazia Calandrone e lo stesso Davide Rondoni che le hanno dedicato autorevoli commenti tali da poterla iscrivere sicuramente tra le migliori voci della poesia italiana.
Affascinante, la sua dote visionaria balza prepotentemente agli occhi, ma racchiudere la cifra poetica di Irene solo in questa originalità è riduttivo.
La poetica di questa poco più che trentenne autrice salentina prende ed apprende a piene mani non solo dalla letteratura indigena di una giovane e prematuramente scomparsa poetessa quale Claudia Ruggeri, ma senza timori reverenziali attinge a poeti come Walt Whitman ed Alexandra Petrova.
In quest’ultima particolarmente riconosco il tratto selvaticamente visionario che Irene in questi anni ha comunque saputo ben affinare, modellare e rendere maturo fino a divenire tratto distintivo.
Non è un caso dunque se in “Cielo” continuo è il richiamo, quasi uno scambio con i versi di altri autori inseriti come esergo nei testi.
Se si potesse chiedere ad Irene cos’è per lei Poesia, sono sicuro che risponderebbe con due semplici parole: “Canto e devozione”.
CANTO
La devozione della notte
è una porta senza battente,
ha i lacci sciolti e sussurra troppe direzioni.
Vediamo ombre bionde sulle scarpe
che hai scordato
ai lati delle parole,
in ordine di luogo e pensiero,
si svegliano e fanno cadere quelle grazie diurne
costruite sulla sabbia calda delle costole uomo.
Non so se esiste ancora,
la voce.
Ma la bellezza è così arguta e devastante
che è più temibile del suo contrario
è irreversibile,
rende liberi.
Ed è nella direzione della curiosità di una nuova lettura che lascio al senso critico del lettore, l’ultima parola.
DIREZIONI
Ho abbandonato l’ovest volgendomi a te.
La dinamica del sole ha le sue spine.
Una è solida nel centro della mia fronte.
Ricorda dove finisce la strada.
Salvatore Sblando