Sul ponte di Joyce

Trieste non è una città, è una condizione esistenziale. Si ama o si odia. Sospesa tra presente e passato, fra reale e immaginario, Trieste è una città di fantasia segnata da ricordi e da fantasmi.
Persone e luoghi, eventi e atmosfere, amori e morti sono le icone di una città perduta e ritrovata: schegge di uno specchio infranto, morsi nel pane del tempo, ossessione e rimpianto.
La nostalgia è come un coltello. Trieste è vittima e aguzzino. Come una grotta del Carso ha stalattiti e stalagmiti che graffiano, così Trieste ha la complessa eredità dei suoi scrittori. Ci si ripara nei caffè: con un bicchiere di vino e refoli di bora che si scapricciano in concerto.

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... la sua poesia è abitata da un’ironia amara che proviene da una ferita umanamente autentica, senza compiacimenti. Un’anima risonante, dunque, dove il disincanto, come la lacrima di Gardel, grande cantante di Tango è “blu”. Un dolore senza gioco, che non sia appunto quello serissimo, vivace e armonioso dei suoi versi intessuti di ritmo.

dalla nota di Davide Rondoni

Folate che sollevano ricordi, nostalgie, emozioni, sensazioni, investono, avvolgono, sono il leit-motif, il rumore di fondo di queste poesie che sembrano dettate dalla città stessa, dato che un io scrivente, una prima persona è quasi sempre mancante.

[...] In questa raccolta, vento, mare, poesia, amore e dolore si combinano tra loro in modo tale da confondersi, perdere forma e non essere più individuabili l’uno dall’altro.

dalla prefazione di Giulia Niccolai