Due così
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con tavole colore di Alberto Casiraghy
Prefazione di Alessandro Quasimodo Postfazione di Santino Mirabella Non sempre mi capita nello scrivere la prefazione di un libro, di aderire così intimamente, di entrare, direi quasi, nel mondo poetico e nel vissuto di un autore, come nel caso di Alessandra Distefano. In questo caso, l’opera ha un valore aggiunto, in quanto l’autrice si è classificata al primo posto nel concorso, tutto al femminile, intitolato a mia madre Maria Cumani. Sono sicuro, conoscendola in ogni più intimo e recondito moto del suo animo inquieto, che le poesie della Distefano sarebbero piaciute, per una sorta di affinità elettive, alla Cumani, sempre, e il titolo del suo ultimo libro lo sottolinea in modo inequivocabile: Lontana da gesti inutili. L’idea del potere magico, evocativo e incantatorio delle parole risale alla notte dei tempi: strumento di invocazione verso divinità o mezzo per realizzare incantesimi, la parola era usata dall’uomo per mettersi in contatto con una dimensione “altra” e per ottenere qualcosa da forze ignote e spesso minacciose. In età contemporanea, la valorizzazione della parola come mezzo per la scoperta e per il (possibile) disvelamento del senso nascosto nelle cose (o di quanto sepolto dentro di noi) è stata messa in atto sia dalle ben note correnti poetico-letterarie otto-novecentesche sia in ambito clinico e scientifico, ad esempio dalla psicanalisi. Da una parte il linguaggio poetico mette in contatto – attraverso l’intuizione – il poeta con l’anima delle cose, con l’irrazionale; dall’altra la parola si trasforma addirittura in farmaco, medicina dell’anima e mezzo per ricostruire parti di sé che si consideravano perdute, o che non si conoscevano nemmeno. Non si tratta certo di onnipotenza, sia chiaro... tanto è vero che proprio un cultore della parola pura e “nuda” come Ungaretti ci ricorda che «La parola è impotente», nel senso che «non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi...»: non almeno in maniera completa, non in maniera chiara e distinta o definitiva. Resta tuttavia innegabile che essa (la parola) certamente «... lo avvicina», cioè consente di entrare in interiore homine, aiuta ad accostarsi al nucleo dell’essere umano, al suo secretum... e poi però in qualche modo lo ricopre ancora di mistero. Questo perché la parola stessa è capace di de-finire ma anche, nello stesso momento, e-vocare. Il mistero è dunque in noi, il “segreto” è nascosto nel profondo dell’anima: chiama, sembra chiedere di voler uscire, sembra poter trovare un canale adatto per emergere... ma qualcosa resta comunque e sempre sepolto come sotto alla sabbia degli abissi dell’oceano. È un desiderio, un’urgenza, quasi una sfida a se stessi: raggiungere l’intimo, aprire lo scrigno del tesoro e risalire dal fondo fino in superficie... ancora vivi. Ecco dunque i “protagonisti” della raccolta poetica di Alessandra Distefano: la Parola e l’Io. Al centro di tutto c’è lo sguardo del Poeta che parte dal proprio intimo e là fa ritorno dopo un viaggio all’esterno che altro non è se non ricerca di senso e raccolta di tessere sparse (momenti di sé, episodi, istanti perduti, dimenticati o sepolti dalla polvere del tempo) utili a comporre un mosaico che solo alla fine si svelerà come un’opera dall’aspetto lucido e luminoso. L’atmosfera evocata dalle poesie è fatta talvolta anche di silenzi che però sono carichi di sottintesi, di parole taciute non (ancora) espresse, di emozioni trattenute che sono sul punto di esplodere e lasciar fluire in maniera incontrollata il carico di ricordi, unitamente ai rimpianti per qualcosa che poteva essere ma non è stato. Le parole hanno qui una forza superiore a quella delle stesse immagini: nel libero fluire delle impressioni, in questa specie di stream of consciousness ricorrono coppie antinomiche che strutturano e sembrano dare forma al pensiero che si costruisce sulla base dell’analogia e della sinestesia, definiscono una sorta di architettura del pensiero polarizzato in dimensioni opposte: assenza e presenza, parola e silenzio, tempo e infinito, attimo ed eternità, dubbio e certezza, speranza e delusione, lentezza e velocità. Questo io che si muove incessantemente, un io «vivo... perché dentro la vita grida...», è una specie di personaggio, di maschera teatrale che sul palco mette in scena non tanto momenti di vita quanto brandelli di pensiero: la ragione e la coscienza producono riflessioni che vengono trasformate in rappresentazioni sceniche, in drammi della Verità. La Poesia è un’arte che ricrea il mondo. Questo stesso Io si muove nella dimensione del tempo, tra un passato oscuro e nebuloso e un futuro indefinito ma sostanzialmente aperto alla luce, e nella dimensione dello spazio tra terra e cielo, profondi abissi e vette irraggiungibili. Con i suoi versi l’autrice conduce poi il lettore nel mondo della creazione poetica, nella fabbrica del verso: quasi a voler mostrare gli strumenti del mestiere e spiegare in cosa consiste il processo creativo. Il Poeta da una parte è consapevole di vivere, nell’arte, una dimensione tutta privata, diversa e per certi versi inafferrabile... dall’altra però nutre la speranza di poter essere compreso, di poter creare insomma un canale di comunicazione tra sé e gli altri: se ciò non fosse possibile, a coloro che non hanno intenzione di “battere le mani” si chiederà solo “silenzio e rispetto”, rispetto per un giardino di rose coltivato con cura e dedizione nel tempo e godibile solo da quanti avranno la capacità di trovare l’ingresso giusto. Alessandro Quasimodo Parole storte dicevano che potevi volare chiudendo gli occhi e nell’abisso dell’anima ho volato parole storte ritratti sghembi del mio sguardo cubista la voce tremava tremava la mano mentre mi sfiorava attraversava centimetri di vuoto per arrivare a me e lì tremava così io... nell’emozione di trovarti un io vivo è vivo perché dentro la vita grida come la porta si apre per un forte vento ma subito richiusa Due così era una sera qualunque quella di cui parlo e voglio raccontare una che potevi dire: una notte come altre e noi? pure noi, due fra tanti turisti, passanti e abitanti colorati noi due ombre in una notte due in pasto all’onda abbandonati alla lunga risacca due così... senza scopo né fine cosa avevamo di speciale noi? lontani e uniti per istinto indovinavo il tuo sguardo col suo sapore aspro chiamava me e rispondevo la notte viva... il momento vivo due sconosciuti che sentendosi si raccontano di mari silenziosi e sogni rotti
Articoli che parlano di Due così
La Sicilia 24_02 per Alessandra Distefano
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Alessandra Distefano legge dalla raccolta «Due così» [video]
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Eventi collegati a Due così
28 6 18 Milano Alessandra Distefano con «Due così» poesie e «Hotel Pension Cosmopolita» romanzo
Libreria Tadino, il 28.06.2018alle ore 18.00, via Tadino, Milano
23 11 17 Milano: Bassi Andreasi, Palma e Distefano al Cenacolo Sant'Eustorgio
Libreria Esoterica, il 23.11.2017alle ore 17.00, Galleria Unione 1, Milano
Giarre CT 14 10 17 Alessandra Distefano con «Due così»
Salone degli Specchi - Municipio, il 14.10.2017alle ore 18.00, via Callipoli 81, Giarre CT
Milano 7 10 17 Alessandra Distefano
Casa delle Arti Spazio Alda Merini, il 07.10.2017alle ore 18.00, via Magolfa 32, Milano
Catania 26 9 17 Alessandra Distefano con «Due così»
Cortile Platamone, il 26.09.2017alle ore 21.00, via Vittorio Emanuele II, Catania
Randazzo (CT) 19 8 17 Alessandra Distefano con «Due così»
Chiostro del Palazzo Municipale, il 19.08.2017alle ore 18.00, p.za Municipio, 1, Randazzo (CT)
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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