loro

con un testo di Milovan Farronato

«Ho lasciato Gino Lucente lungo il girone degli smisurati, smodati e incontinenti produttori di ipertrofie visive creativamente valevoli. Correva il 2013 e dentro le algide teche della Sala Archivio del Museo del Novecento in piazza Duomo, a Milano, insieme a un mio coscritto, l’artista Roberto Cuoghi, si intendeva far esplodere le espressioni più convincenti di un’arte non controllabile prodotta in territorio nazionale. Ci si auspicava di dare visione a un ossimoro: imprigionare fisicamente l’afflato che non vuole essere rinchiuso insieme alla crescita fuori controllo che preferisce, piuttosto che rientrare nella nozione di giusto mezzo, lambire i territori talvolta paludosi, talaltra scivolosi dell’arte naïf, dell’amatoriale, del “fai da te” e anche del “brut”. [...]»