Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica
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Descrizione |
introduzione di Tommaso Di Dio
Noi sbrigammo già il funerale grottesco della Bellezza passatista (romantica, simbolista e decadente) che aveva per elementi essenziali il ricordo, la nostalgia, la nebbia di leggenda prodotta dalle distanze di tempo, il fascino esotico prodotto dalle distanze di spazio, il pittoresco, l’impreciso, l’agreste, la solitudine selvaggia, il disordine multicolore, la penombra crepuscolare, la corrosione, il logorio, le sudicie traccie degli anni, lo sgretolarsi delle rovine, la muffa, il sapore della putrefazione, il pessimismo, la tisi, il suicidio, le civetterie dell’agonia, l’estetica dell’insuccesso, l’adorazione della morte.
Dal caos delle nuove sensibilità contradittorie, nasce oggi una nuova bellezza che, noi Futuristi, sostituiremo alla prima, e che io chiamo Splendore geometrico e meccanico.
È un desiderio di rottura radicale con il passato che porta i futuristi italiani a smettere di adorare musei e artefatti dell’antichità a favore della velocità e della tecnologia. Questa rivoluzione non risparmia neppure la letteratura, prendendo come capro espiatorio quello che sembra essere il simbolo più abusato e retorico di un Romanticismo languido di lunga tradizione: ecco quindi che nasce Uccidiamo il chiaro di luna!, provocatorio pamphlet di Marinetti del 1912 il cui titolo diventerà parola d’ordine del movimento. Della stessa ansia innovatrice sono portatori il Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912), il Supplemento al Manifesto (1912), L’immaginazione senza fili e le parole in libertà (1913), in cui vengono dati suggerimenti di stile, sintassi e lessico, esaltando fino all’esasperazione il dinamismo espressivo e incoraggiando a far diventare la scrittura stessa personaggio, parte viva della storia, immagine concreta della materia.
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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