Monologhi
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Dal Padre de li santi, ovvero I monologhi del c...
«Perché questi sono i patti, tra il maschio e il suo migliore amico. Lui che apre la strada, io che arrivo a testa bassa – si fa per dire! – e concludo. Così come l’aratro che traccia il solco e la spada che lo difende. Se il maschio svolge bene il suo compito, nessun traguardo è fuori della nostra portata. Che cosa deve fare, lui? Le giuste manovre, i messaggini, il balcone, la treccia, il sorriso, la lacrima... E soprattutto essere come lei lo vuole: tenero, aggressivo, implorante, minaccioso, e... compensativo! Ah, sì: compensativo. È sposata e suo marito parla solo di soldi? E il seduttore: “Tanto gentile e tanto onesta pare...”. È magra come un chiodo, e ha il complesso delle scapole sporgenti? E lui: “Culona!”. È alta uno a cinquantacinque e pesa ottanta chili? “Mia betulla, mio giunco... Gazzella!” Fa la casalinga tutta chiesa e focolare? “Puttana!” È una carta vincente. Conduce là, dove ogni apparenza s’annulla, dove quello che conta – al fin d’ogni fiera – sono io! Io, io che bandita ogni vuota ciancia, vi canto: Buonasera, sono il C...» Potranno tornare utili alle attrici e agli attori italiani, questi agili testi che Luigi Lunari ha scritto nella sua seconda gioventù di settantenne, quando l’alterna onnipotenza delle umane sorti ha decretato la scomparsa della vecchia drammaturgia in tre atti o due tempi (o dei cinque atti dell’Ariosto di Shakespeare, di Racine...) obbligando l’autore a sintetizzare la propria ispirazione in una forma più rispondente alle esigenze di mercato del teatro contemporaneo: e cioè a dire la limitata lunghezza, lo scarso numero di personaggi, il rapido focalizzarsi della vicenda su un momento o un tema di particolari importanza e significato. Lunari tiene molto a far sapere che questo suo adattamento al “mercato” non è un tormentato piegarsi a nuove e sgradite esigenze; bensì è una spontanea modificazione di contenuti e forme, che rende questi suoi testi più “adatti”, nel senso darwiniano del termine, al loro successo nella novità dell’“ambiente”. In questo clima di felice libertà, nascono testi di differente tono e valore: dai Ritratti irriverenti (per i quali l’aggettivo più usato è quello di “deliziosi”), alla goliardica esplosione del Padre de li santi; dalla pregnanza ideologica di Amor sacro, amor profano e dell’Ultima vittoria, fino a quel Canto del cigno, in cui l’Autore suole indicare l’opera teatrale che – per vari motivi – più lo rappresenta da vicino e nel profondo.
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