La solitudine maestosa
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È un diario di esistenzialità, che ha la prima pagina a qualunque numero di esse, perché a variazione di sequenza, univoco è il senso e l’emozione che se ne raccolgono. Ci sarà un metronomo da qualche parte, perché qui il tempo lo si percepisce eccome: decora e sfregia queste parole incanalate l’una presso l’altra, in una unica navigazione di un particolare canale poetico. A volte, il campo ottico viene ristretto, con dolcezza ma anche, se capita, con crudeltà. Allora, la profondità è temporale e il tempo può andare fino a lontanissimo o restare qui, negli occhi e nelle mani di chi vede e vive. Altre volte, a essere fissato è proprio quel tempo e quella narrazione, per immagine e filo labirintico, che si sfrangia fino a coprire l’orizzonte.
[...] La giovane Nefeli Misuraca sa orientarsi perfettamente fra i semafori stellari notturni e fra i muri precisi diurni. è in questa fisarmonica, stretta nel quotidiano o spalancata verso il futuro, che il gomitolo di questa narrazione si srotola per intero fino a dare lucido ed emozionato compimento di sé. Allora le tracce del sangue e della pace, si lasciano leggere nelle rughe della stessa pietra e noi atei, che viviamo per sempre, facciamo sbocciare l’infinito. dalla prefazione di Guido Oldani ** L’amabile solitudine La vita, nella sua corsa frenetica, condanna l’individuo all’anonimato, all’alienazione e alla solitudine. Nei versi della raccolta La solitudine maestosa, opera prima di Nefeli Misuraca, si incunea il motivo dell’isolamento dell’essere umano e il desiderio di una relazione speculare tra gli altri e gli oggetti. L’autrice testimonia il suo tempo, le vicende della quotidianità, la frustrazione intima quale conseguenza inadeguata a risolvere i problemi esistenziali con vivo senso di responsabilità. Appaiono messaggi di forte tensione tra la storia e l’attesa. Alcune pagine cantano con voce sommessa, sussurrata, mentre altre contengono toni imponenti, febbricitanti come scalpitio rumoroso nel percorso sorprendente e complesso della psicologia sociale. Si potrebbe parlare di una partitura teatrale ricca di variabili e varianti: ogni lettore può riconoscere e scommettere sul proprio iter di comparsa o regista nello spazio delle immagini manifestate tra enjambement e metafore, da cui germinano espressioni personali di vissuto e memoria. È amabile la solitudine quando supera l’inquietudine e attesta che dentro mura senza storia, «per forza/ sopravviviamo tutti, per sempre». Rita Pacilio *** La poesia Giustifica il vuoto e l’inerzia, racconta il silenzio, percorre l’attesa – strappa un sorriso alla vela contro il maestrale e al goniometro contro l’astrolabio. Meridiano inchino, saluta la matita a passeggio su vicoli di carta mai lastricati. Conserviamo la memoria Conserviamo la memoria a nostro danno, perché il ricordo ammutolisce il presente, nasconde la terra e acceca lo sguardo. Perpetuiamo le assenze a passo di marcia, e schiacciamo a ritmo di guerra quel che resta della nostra presenza. |
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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