L'esigua signoria
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Descrizione |
Le cinque sezioni in cui sviluppa L’esigua signoria confessano il viaggio tra il sé e la vita, tra la letteratura, intesa come gesto etico, e la spiritualità, necessità concreta di riflessione, mentre il titolo della raccolta racchiude una denominazione umanizzata del luogo celebrando spazi geografici allusivi ed emblematici, dichiarati e non definiti, in cui l’io recita, in maniera densa, il teatro di accadimenti passati e quotidiani. Le note, riportate a conclusione del discorso poetico, trasformano il significato e il significante in una mappatura di sintesi che percorre il doppio canale del mondo, quello interiore ed esteriore.
La scelta consapevole della metrica, che segue ritmi polifonici, richiede molte esperienze di sperimentazione del verso fino ad arrivare alla peculiarità del tratto. [...] l’autore traccia percorsi umani di ricostruzione immaginando e ipotizzando incontri tra nuove generazioni, provenienti da ogni dove, al fine di riparare l’assenza, la solitudine e il degrado dei Paesi distrutti dalle guerre o da catastrofi ambientali. Lombardi è il cantore dell’appartenenza, delle radici, degli affetti. Afferra brandelli di ricordi insegnandoci a rimanere sui verbi all’infinito, ascoltare, aprire, cercare, rovistare, abitare, lasciare, fantasticare, patire, guarire, ritornare, per imprimere nella memoria l’incanto della partecipazione, della liberà intellettuale e sociale, così da poterci meglio accostare alla speranza, a una nuova nascita, senza disperderci nella polvere del tempo. dalla prefazione di Rita Pacilio L’ora più bella è quella del primo mattino la solidarietà del risveglio l’incrocio dei passi dentro le mezze ombre delle pareti, il caffè dolce-amaro, le confetture da gustare nei loro zuccheri a gemma le prime parole della giornata. I sogni un po’ confusi della notte siedono a tavola con noi. Altri, più somiglianti al vero, quelli dell’alba, se ne stanno in disparte daranno un giudizio finito alle nostre passioni e noi che li consideriamo come una sorta di supplemento notturno alle ore consuete pur così semplici e piene d’affetti da quando siamo qui, legati e sciolti, malati e sani, forse perduti in questo provvisorio eterno. Trascrivere, quasi tradurre, Arvier, Tursi, Arpaise, altri luoghi e linguaggi come se fossi toccata tout court da lodi volgari che mi fanno arrossire – questa parola, ad esempio, io la vedo, vermiglia che segue la biro per coinvolgere me e tutto lo spazio del foglio è difficile allora districarsi con la tazzina e la sigaretta, converrà forse osservare dalla finestra qualcuno che indossi pacatamente l’etica veste di un sentimento. Ma ora, in questa oasi quasi celeste di bandiere al vento, di fazzoletti colorati al collo e di chitarre ben temperate, basteranno una biro innocente ed un quaderno? … Occorrerebbe altro spazio che occupi le nostre mani, altra cosa da ricondurre a nostra signoria. Oh, le montagne e i prati nel patois di Maurice; le suggestioni de la Rabatana e delle arance grandi come soli tutto così allineato fino alla compieta di ieri: i ragazzi di Arvier infatuati di Maurice Garin i ragazzi di Arpaise con incise nel cuore le voci de la campagna la ragazza scout di Padola-Danta autrice di leggende, ballerina-attrice, voce narrante, i ragazzi di Oliena con le loro launeddas e un sonetto a bucca, e di Faedis, di Montecastello, altre ragazze, e giovani donne, bambini... persone. ... E adesso, a mattutino, i segni del compiuto e chiuso. Gli altari sul punto di essere allestiti, il quaderno quasi finito – tagliare, rivedere, variare sì ma tutto lasciare che dica di un tempo promesso – per rimanere, donare, ripartire – restituire e, forse, chissà: ritornare. |
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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