Gitanjali
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Descrizione |
a cura di p. Marino Rigon s.x.
introduzione di W.B. Yeats testo bengalese a fronte Abbassa il mio capo sotto la polvere dei tuoi piedi, e immergi nelle lacrime il mio orgoglio. Se divento ambizioso mi disonoro, se cerco me stesso semino morte. Immergi nelle lacrime il mio orgoglio. Gitanjali, che significa “offerta di canti”, è una raccolta di poesie scritte originariamente in lingua bengalese, tra il 1906 e il 1910. Le liriche qui raccolte si rivolgono sempre a un destinatario preciso – ora chiamato “maestro”, ora “signore”, “re”, “sole” e perfino “amico” –: dio. Il dio di Tagore, identificabile con Krishna fanciullo, tuttavia, è allegro, gioviale, perfino giocoso. A lui Tagore si rivolge con un tono confidenziale, tanto affettuoso da apparire simile a una relazione amorosa. Per quanto giochi e si faccia “desiderare”, il dio presente nelle poesie di Gitanjali, però, non è mai un’entità indifferente e distante: si avvicina all’uomo, questa creatura transitoria e imperfetta, per offrire il suo amore; sorride al fianco del poeta, gli chiede di cantare, gli fa percepire la sua presenza e il rumore dei suoi passi. Nelle poesie del Gitanjali sono presenti, oltre al rapporto tra il dio e il poeta, anche temi più popolari: la siccità della terra, le miserie della gente bengalese, l’arretratezza culturale del Bengala.
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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