Le danze complicate

Un’opera prima, o meglio, alcune poesie di un autore, permettono solo un discorso provvisorio, ma già in qualche modo possibile con alcune indicazioni di lettura e di un riscontro delle cause che hanno provocato la sua scrittura e anche, per il lettore attento, intuirne un’eventuale direzione futura, perché come sempre, nel primo libro, all’interno di riuscite e ingenuità che potranno poi essere superate, vengono sedimentate le ragioni di fare poesia che, almeno in parte, non saranno mai abbandonate.

Naturalmente, anche Roberta Galbani non sfugge a questa “regola”, vissuta però all’interno di una consapevolezza pronta a misurarsi con la sua urgenza di dire, che tende, alle volte, a confinare la “riuscita poetica” in un bisogno pre-poetico, naturalmente sentito in lei come necessità fondante verso il proprio traguardo di scrittura.

Però qui è importante segnalare l’autenticità di questi testi, ovvero, la perturbante sincerità della propria condizione esistenziale (ma non è sempre quello che ha fatto la poesia?), il proprio calarsi nell’inferno, o purgatorio, o paradiso (decida il lettore con le proprie esperienze), di una quotidianità partecipata e contemporaneamente desiderante di un altrove, dove la parola detta e il tempo che sta sulle spalle s’incontrano nel desiderio di una poesia fatta di un’intimità svelata senza alcuna riserva o falsi pudori.

dalla prefazione di Piero Marelli