Canto della montagna
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Descrizione |
Dalla quarta di copertina: Dalla seconda di copertina: Tutto ciò che riguarda questo singolare Canto della montagna, scoperto da Guido Manacorda in una piccola biblioteca siciliana, appare avvolto nel mistero. Ignoto l’autore, ignote le ragioni per le quali un codice alchemico tedesco del XVII secolo sia potuto andare a finire dalla Germania in Sicilia. Ignoto il donatore. Misterioso, infine, l’argomento: la fabbricazione della “pietra filosofale”, cioè la titanica scalata dell’uomo alla smisurata ricchezza e alla fisica immortalità. Leggendo tra le righe, tuttavia, alcune informazioni sull’autore si riescono a carpire: nativo di Meissen, apparteneva alla nobiltà e abitava a Breslavia. Viaggiò molto per terra e per mare, aveva tre figli, era religiosissimo e moralista. Il codice è di carattere miscellaneo, ma risulta tuttavia diviso in tre parti: nella prima sono raccolti i “caratteri” delle principali sostanze. Nella seconda si parla del trattamento dei metalli e della preparazione della pietra filosofale. La terza parte, infine, contiene il Canto della montagna e un riassunto delle opinioni di autori diversi sul modo di lavorare la pietra. Superfluo dire che il Canto costituisce la parte più interessante di tutto il codice, anche se artisticamente non si può definire un “gioiello”: il barocco dei suoi simboli grevi soffre nel metro qua e là popolare e la lingua passa dall’arcaicità latineggiante al dialettismo popolare. Eppure qualcosa aleggia nelle sue atmosfere, rendendo il tutto avvolto da uno sfondo magico e oscuro.
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