A. Schopenhauer - Sulla lingua e sulle parole
![]() Sulla lingua e sulle parole
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autori: | Arthur Schopenhauer |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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a cura di Andrea Felis - testo tedesco a fronte
Nel pensiero di Arthur Schopenhauer un posto particolare viene occupato dalla riflessione attorno al linguaggio, quale veicolo della comunicazione umana e soprattutto quale abito del pensiero; ma è anche una riflessione sulle lingue stesse, intese come idiomi. Risulta abbastanza facilmente comprensibile come, all'interno di un modello di filosofia quale quella del Nostro, tale tema assuma un carattere del tutto particolare. Nei Parerga, di cui qui presentiamo un capitolo (i paragrafi dal 298 al 303a) riuniti sotto il titolo pber Sprache und Worte, si assiste a una ampissima analisi non tanto riferita al "Che cos'è" della lingua e dei suoi oggetti (e, sottinteso, del suo soggetto, il parlante), ma volta a - per così dire - circoscrivere, attraverso il riverberare di mille sfumature concettuali, il "Come" il linguaggio si struttura e si dispone, nell'azione stessa del pensiero.
... nell’età dominata dalla grande filosofia delle scuole kantiane e soprattutto hegeliane, nell’area di lingua tedesca il linguaggio diventava per i kantiani il modo attraverso cui sensibilita, intelletto e ragione si saldavano nell’esercizio materiale – e perciò stesso accidentale – nel dare corpo ed espressione all’attività conoscitiva e comprensiva del soggetto; per gli hegeliani rimaneva invece nobilmente scisso, da un lato nell’empireo della creazione artistica elevata (la poesia, il tragico) attraverso cui lo Spirito perviene a se stesso nel suo esito ultimo, quello dell’Assoluto, oppure dall’altro lato il linguaggio rimaneva legato (ancora kantianamente) al terreno della conoscenza, stretto alle regole ferree della logica, da studiarsi nel proprio recinto circoscritto alla tematica dei saperi, e delle scienze. Schopenhauer, come al solito, attacca la questione del linguaggio da una visuale insieme arretrata, inattuale rispetto ai canoni teoretici del suo tempo, e innovativa: rimanendo aderente ai suoi amati classici, ma anche alla lettura dei grandi Lumieres settecenteschi, la cui lezione rimase sempre attento – e in particolare a Voltaire –, il pensatore tedesco appare stranamente consapevole dell’elemento fonetico, stilistico, connesso al problema dell’espressivita e dell’adesione della parola alla cosa/concetto, che raramente torna nelle pagine dei contemporanei. Occorrerà attendere molto tempo prima di tornare prepotentemente all’attenzione di tanta parte della cultura contemporanea, soprattutto d’Oltralpe, e possiamo pensare soprattutto agli esiti finali di Roland Barthes, a Jacques Derida e a Paul Ricoeur, alla fine di un lungo e tormentato tragitto novecentesco di indagine filosofica attorno al nesso pensiero-linguaggio-realtà, al rapporto tra “langue, parole et chose”, per ritrovare un’attenzione più forte verso il grumo materiale che è costituivo del dire linguistico. Schopenhauer, un precursore anche in riferimento al nesso linguaggio-realtà? [...]
dalla nota di Andrea Felis
La voce animale ha significato solamente per l’espressione della volontà, delle sue emozioni e delle sue dinamiche, quella umana invece anche per la conoscenza.
Da ciò ne discende che quella produce in noi quasi sempre una impressione spiacevole, con l’eccezione di alcune voci d’uccello.
E' del tutto noto che al principio della lingua umana vi furono, per prime, le interiezioni, che hanno lo scopo di esprimere non i concetti, bensì, alla stregua dei versi degli animali, le emozioni – movimenti della volontà. Si presentarono subito le loro diverse varianti, e da queste differenziazioni si verificò il passaggio ai sostantivi, ai verbi, ai pronomi personali e così via.
La parola dell’uomo e della materia più durevole.
Un poeta ha dato corpo alla sua fugace sensazione nelle sue proprie e corrette parole, e così essa vive in esse, attraverso millenni …