“Solo una sommossa interna
può scardinare i sotterranei incastri
rendere libero il sognare”
(V. Lauria, Cercare 9)
Vincenzo Lauria inizia la condivisione del suo percorso artistico in “Stanzevolute”, gruppo di 11 poeti, selezionati dal dantista Domenico De Martino (2001).
Ha collaborato con l’associazione Multimedia 91-Archivio Voci dei Poeti e alcuni suoi testi sono presenti nel periodico on-line Carte nel Vento e in FINESTRE Lit-blog
La sua prima raccolta edita Teatr/azioni (2019) è stata finalista a vari premi di poesia; con Liliana Ugolini ha partecipato ai progetti multimediali Oltre Infinito, ha pubblicato il libro di poesie Oltre Infinito (2021) e curato la raccolta postuma Donne senza tempo (2023), con una sua partecipazione.
La sua ultima raccolta di poesie, L’in/cubo di Rubik (2025), è incentrata sul cubo di Rubik come metafora di un micro e macrocosmo e dei reciproci rispecchiamenti e condizionamenti. L’in/cubo infatti può rappresentare il dentro, i processi mentali e i meccanismi che li instaurano, come il rimuginio interiore o il giudicarsi continuamente, rimarcando differenze che spingono a trovare rifugio nell’omologazione.
Il rapporto con le proprie complessità, il confronto con se stessi e con l’altro, sono inseriti nella cornice dell’attualità e dei problemi sociali del presente.
Il mondo esterno ci vuole appiattiti, omologati e instilla la paura dell’altro, generando divisioni, ansia e isolamento. Questo stato di alienazione preme verso il perfezionismo o la competizione, in una sorta di incubo quotidiano (V. Lauria):
Nottetempo 6
Da te rifuggo
come in un’insensata corsa all’indietro.
Mi riprendo dopo il venir meno
e nuovo riaffiori.
Così, per aver compreso essermi parte
mi riavvicino
scorgo d’angosce il fondovalle
e mi precipito nel precipitarti.
Siamo e questo è il punto
nel non volerci siamo
qui, per uno stesso incubo
senz’ombra di risveglio.
Il confine tra sé e l’altro, descritto in versi, ci propone uno stretto legame tra poesia e psicologia, attraverso testi che rappresentano stati mentali, colti in sfaccettature e paure, quando il sogno diventa un incubo.
Le poesie hanno una continuità tra loro e sviluppano un racconto, un percorso esistenziale e relazionale. Il libro è diviso in evocative sezioni tematiche, che si ripetono in successione numerica: Indovinarsi, Nottetempo, Cercare, Universi, Brulicanti e Onirismi.
La prima poesia preannuncia alcuni temi della raccolta, riguardo la frantumazione del sé:
Indovinarsi 1
La disputa dei colori
nel tentarne un risolutivo allineamento
racconta un divenire alterno
l’incastro di facce:
finestre/quadri nell’infinito prospiciente
in successioni di bellezze disarmanti.
Cronaca di una resa annunciata:
vittoria del marchingegno sull’ingegno.
È l’elemento – disgregato dall’insieme –
figura a margine dello scomposto gioco,
dado privato della magia del numero
lanciato per andar fuor di sé.
Il contatto con l’altro sembra a volte un incastro, un ingranaggio di un rompicapo, un riflesso ed anche un clone, un altro se stesso.
Dalla raccolta emergono anche degli elementi ricorrenti, come il deserto e l’acqua, che “è un altro elemento che ricompone i frantumi in mare aperti mentre l’in/cubo odia i sogni a morte” (L. Ugolini, in Introduzione al libro).
L’isolamento e il disagio sociale si incarnano nella simbologia del naufrago:
Nottetempo 2
Da dietro l’angolo si svela
l’arretrare verso il giardino
-i volti ragazzini –
c’è la tensione della tenzone
ma non trovano parole le nostre voci
se non quelle dentro
che esplodono in frantumi
noi, ancora complici
vecchi naufraghi del niente.
Il malessere e il senso di inadeguatezza, tipico dell’attuale società, spingono al conformismo sociale, per trovare una via d’uscita.
Questa adesione a modelli rischia di diventare una prigionia interiore, composta da schemi prestabiliti, griglie, graticole, celle come quelle di un alveare.
Onirismi 6
Concludono l’opera le maestranze:
la messa in scena dei sogni
cola l’orrore di occhi sbarrati per ore.
Attende solo il sipario il delirio
incubato al calore di paure.
I flashback sono quadri multicolore
geometrico alveare
ad accogliere macchinazioni mentali.
Ha del tetro il rumore del rimuginare
parla di presenti assenze
di passate presenze
di futuri fantasmi.
Il brindisi allo scoccare del rintocco
sbaraglia l’umano che resta.
“Certamente viene fuori un moderno San Sebastiano avvolto nel turbine delle sue frecce, che sa rielaborare e fermare traendole insegnamenti, orrori e bellezza. È ben resa la complessità delle situazioni adoprando chiarezza e velatura mentre si costruisce un ben preciso piano architettonico. Coerente è il segno disegnato dalle parole per un quadro complesso, dove l’intimo si fonde con la natura, in domande” (L. Ugolini, in Introduzione al libro). Domande esistenziali costituiscono un’indagine sull’identità, rispetto all’essere colpevoli o assolti, nella comunità. L’autore crea atmosfere kafkiane utilizzando dei
termini giuridici, legati a situazioni processuali al cospetto di sé, come casi di una società irrisolta.
Indovinarsi 7
Se del rosso vi è un forse
non chiedere alle mani
mentre coperto il viso
sai di una vergogna che non è tale,
piuttosto domanda a quel tepore dentro:
possono i papaveri vivere in un’aiuola?
Cosa importa che non fossero ancora gialli i girasoli
era in entrambi un giro di sé
un lento cadere in un circolo di calore!
Ai brandelli
ai cancelli dell’ultimo marzo,
al me scomparso – di mio pugno trafitto –
rimarrà pure un soffio di vento!
Che la tormenta a scompaginar aspetti
un voltafaccia risolutivo
un ultimo consesso:
ciascuno al cospetto di se stesso.
“Spiccano le geometrie del corpo e dell’anima, dei vuoti e delle fiabe, della fuga e dell’esserci mentre si percepisce il rifiuto dell’odiosa menzogna. La poesia è anche spazio siderale, un non luogo dove l’universo assorbe i passi del quotidiano in apnea” (L. Ugolini, in Introduzione al libro) e in cui evadere e abbandonare i pensieri ingombranti, a fini catartici.
Brulicanti 4
Di frastuoni rimbomba il suono
in strade si striscia lungo i tratteggi.
I semafori verdi/rossi intervallati di gialli
parrebbero fiori
tremuli, variopinti nell’indistinto scorrere
transito dopo transito.
Il rombo di uno spiccante volo
mentre dalle finestre l’altoparlante grida
nel vuoto d’ascolto del mondo.
Tramite la poesia si coglie il frastuono e la solitudine dell’uomo, incapace d’ascolto e lontano dall’altro, nonostante si senta solo. Con pochi versi l’autore tratteggia il passare del tempo e l’umanità scandita da ritmi e suoni, nel vuoto relazionale del mondo.
“Fin dall’inizio mi sono entusiasmata per le visioni o quadri astratti pieni di colori e di linee che si fanno notare anche al di là dell’introspezione” (L. Ugolini, in Introduzione al libro) e attraversano la tetra oscurità per costruire un nuovo mondo:
“L’immagine del sé si scornicia
e nell’imbiancarsi
sanno di blu le nuvole di un nuovo mondo”
Una tregua è necessaria, tra un problema e l’altro, per cogliere la magia dell’esistenza e allenarsi in arte a trasformare le difficoltà:
Indovinarsi 9
Nell’alternare gli incubi – librandoli –
l’abilità del giocoliere.
Si respira sollievo
nell’attimo dell’aerea sospensione
e nel tornare al sicuro nella mano
è il mistero e la sua fascinazione.
L’allenarsi in arte racconta delle evoluzioni
dell’istante in sosta per un effetto magico
dello svanire del tragico
consci di vivere
un’illusione a tempo.
L’autore propone delle indicazioni terapeutiche rispetto ai malanni della vita attraverso la metafora del giocoliere, che racchiude gli ingredienti fondamentali per un cambiamento: l’umorismo, l’allenamento mentale, il recupero di energie.
La consapevolezza della brevità dell’esistenza può portare alla valorizzazione del quotidiano, insieme alla gestione del malessere, contenendolo e trasformandolo in leggerezza e bellezza.
Onirisni 9
Indovinarsi nell’oscurità dei sensi
quando la fermezza viene meno.
La casa dei sogni è di là dal fiume,
Nottetempo, attraversano incubi in fila indiana.
Cercarsi dentro le arnie
nel ronzio operoso rincorrere
Universi
senza tracce di omologate facce di
Brulicanti elucubrazioni -nocumento alle soluzioni-
Di
Onirismi a occhi aperti è costellata la notte
e ognuno scava il suo spicchio buio.
Brilliamo, come nere lune
ciascuno con un lato scuro
(almeno uno).
La poesia è adoperata per rielaborare e trasformare i mali della nostra storia e la conclusione del libro rappresenta, con umorismo, la natura dell’uomo: tutti abbiamo un “lato oscuro” e “brilliamo, come nere lune”.
Il libro fa riflettere sui poli apparire/essere, presenza/assenza, vicinanza/distanza al confine tra sogno/incubo, nella società. L’autore raffigura in poesia le difficoltà relazionali dei tempi di oggi, che ci vogliono omologati e privi di identità, ma ritiene sempre possibile un capovolgimento dei modelli e un’evoluzione:
“Costruzioni, distruzioni, ricostruzioni,
il corso delle evoluzioni
-nel frammentarci dentro –
scava rughe intorno agli occhi
ricompone cosmi
capovolti”.