Mirco Zago su “Padova e il suo territorio” per «Raphael»
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autori: | Giuliano Pisani |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Giuliano Pisani
RAPHAEL
GM.libri, Milano 2019, pp. 302.
Con questo libro scopriamo, oltre a quelli già noti, un ulteriore aspetto di Giuliano Pisani, non solo autorevole studioso e traduttore di Plutarco, poi storico dell’arte (il suo I volti segreti di Giotto ha conosciuto un notevole successo), organizzatore culturale (è stato anche assessore alla cultura del Comune di Padova), ma ora anche giallista. Raphael è a tutti gli effetti un romanzo poliziesco con al centro un omicidio apparentemente senza nessun movente su cui indaga un ispettore di polizia dal buon fiuto investigativo, ma che deve la soluzione del caso all’intervento di una giovane donna e del suo innamorato, coinvolti loro malgrado. Gli indizi sono sparsi lungo il racconto e il lettore si trova in vantaggio rispetto ai personaggi perché ben prima di loro riesce a intuire la soluzione finale. E tuttavia, se gli ingredienti convenzionali ci sono un po’ tutti, se le regole non scritte del genere sono rispettate, il loro amalgama appare inusuale a cominciare dalla struttura stessa del racconto. Ed è sostanzialmente quest’ultima che merita maggior attenzione.
Pisani frammenta la linea temporale della narrazione, che si svolge in due momenti cronologici lontani tra loro, ma tenuti insieme da un filo tanto nascosto quanto tenace. Il primo piano temporale è collocato nel XVI secolo in due momenti distinti; il secondo nel presente. Anche i luoghi dell’azione sono diversi: sia le vicende più antiche che quelle contemporanee si svolgono in parte in Italia, tra Roma, Ferrara, Venezia e Verona, in parte in Oriente, soprattutto in India e proprio qui troveranno il loro scioglimento. Con questo tipo di soluzione Pisani evita di separare il prologo, per così dire, dalla vicenda vera e propria (una struttura che non è del tutto inusuale nella narrativa “gialla” tradizionale) cosicché gli eventi più lontani del tempo si riflettono in quelli più recenti in un gioco di parallelismi che un poco per volta fornisce la chiave interpretativa dell’enigma.
La vera protagonista è una giovane e affascinante orientalista, Catherine Mercier, che, benché innamorata di Giulio Corsi, un professore di storia dell’arte dell’università di Venezia, con cui convive, segue Surendranath, il professore di Londra di cui è appassionata allieva, a Mumbai per compiere delle ricerche sulla missione di due gesuiti alla corte dell’illuminato Gran Mogol Akbar nella città di Fatehpur Sikri nella seconda metà del Cinquecento. Ma in India Surendranath viene strangolato nel suo appartamento senza che nessuno dei suoi effetti sia stato rubato. Catherine, sconvolta dall’accaduto, è convocata dal commissario Chetan Krishan (“un uomo di mezz’età, capelli neri impomatati, baffetti alla Clark Gable e qualche chilo di troppo”) per le indagini e si mette ella stessa alla ricerca dei responsabili seguendo la traccia di una mail che il professore le aveva spedito poco prima di morire. Quella traccia Catherine invia anche a Nella, la segreteria veneziana di Giulio, che, tormentato per la gelosia dalla lontananza di Catherine e comprendendo che la ragazza si trova in pericolo, si precipita in India per cercarla. Surendranath e Akbar, a quasi cinquecento anni di distanza, sono intimamente spinti dallo stesso desiderio: il superamento delle divisioni religiose, che causano conflitti, sofferenze e morte, per realizzare una pacifica convivenza nel nome di un Dio che sia solo amore. Il Gran Mogol per questo intento aveva trovato piena consonanza in uno dei gesuiti che aveva ospitato alla sua reggia, padre Rodolfo, che era stato anch’egli strangolato. Il simbolo di questa auspicata armonia religiosa era un grande quadro che i religiosi cattolici avevano portato in dono al loro potente ospite. Il biglietto spedito da Surendranath a Catherine e da lei girato a Giulio sembra indicare proprio quel dipinto cinquecentesco con la firma “Raphael Ur”, che è quella che Raffaello aveva apposto ad alcune sue opere.
Tra i continui cambi di scena i personaggi principali acquistano poco per volta il loro spessore narrativo, in particolare la coppia Catherine e Giulio (che un poco deve a quella del Codice da Vinci di Dan Brown), che vivono una storia d’amore intensa e a suo modo tormentata. In Giulio non è poi così difficile riconoscere tratti del suo creatore (che si ringiovanisce grazie ai privilegi concessi all’arte): la passione per Giotto, lo scrupolo filologico, l’indipendenza di pensiero.
Ma al di là di questo è sotto l’involucro narrativo poliziesco che si possono riconoscere molti degli interessi di Giuliano Pisani: l’importanza della ricerca d’archivio e dell’interpretazione accurata dei documenti antichi, quelle che conducono Catherine e Giulio alla comprensione di quanto è accaduto, la concezione della professione intellettuale come una missione morale, l’amore per l’arte, che va guardata con occhi liberi da preconcetti di qualsiasi tipo, ma soprattutto l’aspirazione a una superiore armonia e conciliazione fondata sulla tolleranza e sul genuino amore per il prossimo, che è in una certa misura anche la lezione di uno dei prediletti autori di Pisani, il Plutarco dei Moralia.
Mirco Zago