Novità saggistica - Emanuel Swedenborg - Del cielo e delle sue maraviglie e dell’inferno
![]() Del cielo e delle sue maraviglie e dell’inferno
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autori: | Emanuel Swedenborg |
formato: | Libro |
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Sottotitolo: secondo quel che si è udito e veduto
Riproporre oggi l’opera di Emanuel Swedenborg Del cielo e delle sue maraviglie e dell’inferno secondo quel che si è udito e veduto, tradotta dal latino seguendo l’edizione Tafel (Tubinga 1862) da Loreto Scocia su commissione della società swedenborghiana di Londra, uscita poi presso la tipografia Fodratti di Torino nel 1870, significa rimettere in circolazione un libro che ha influenzato la cultura otto-novecentesca e ha lasciato tracce in parte del misticismo e della sensibilità moderne. Qualche piccola correzione degli antichi errori di stampa o di mende inevitabili in un testo di tale natura, ma almeno queste pagine di Swedenborg (Stoccolma 1688-Londra 1772) possono ritornare ed essere consultate agevolmente in una lingua accessibile e nella loro integralità.
Da noi, va inoltre precisato, l’influenza di questo pensatore e mistico fu minore che non nell’Europa del Nord, in Inghilterra, Francia o nella stessa Germania, dove gli scritti del singolare filosofo ebbero numerose traduzioni.
Va detto che non siamo alla presenza di un visionario qualunque, ma abbiamo di fronte un personaggio che si era fatto conoscere in un primo tempo per i suoi studi scientifici. Anche in tale campo fu autore prolifico: dalle opere a noi pervenute, sappiamo che si occupò di chimica, anatomia, matematica e imparò numerose lingue (undici secondo la tradizione), tanto che tra i suoi scritti figura un’Opera Philosophica et Mineralia del 1734, consacrata ai metalli. E accanto a queste pagine ricche di riferimenti razionali, eccone altre, come quelle ricordate, che rovesciano i medesimi. Lui stesso era diventato il garante delle sue visioni, di certezze che aveva potuto constatare. Come quando – siamo durante la contemplazione degli Arcani celesti – egli dichiara di essere uno spettatore, nel mondo o dimensione che dire si voglia degli Spiriti, dell’“Ultimo Giudizio”. Con esso si inaugurava la “dispensazione” della “Nuova Gerusalemme” di cui aveva parlato l’Apocalisse.
Swedenborg non è comunque l’autore di un sistema di idee, ma è al centro di qualcosa di ben più complesso. Sappiamo, come scrive in una lettera a Thomas Hartley nel 1769, che all’età di 56 anni iniziò una nuova fase della vita, sperimentando sogni e visioni di un mondo permeato di cristianesimo, in cui comunicava con angeli e spiriti. Jane Williams-Hogan, docente presso l’Università di Byrn Athyn (Pennsylvania), ha pubblicato uno studio sulle Chiese a lui ispirate per ricordare che questo personaggio fa parte a buon diritto anche della storia delle religioni per l’influenza che esercitò la sua radicale reinterpretazione delle Scritture, ma anche per l’attività di veggente, profeta e per l’annuncio di un novello cristianesimo e di una “Nuova Chiesa”. Anche se non diede vita, durante la sua esistenza, ad alcuna organizzazione religiosa, dopo la morte si formarono delle comunità che ancora oggi continuano nel mondo e contano circa cinquantamila adepti. D’altra parte le interpretazioni si sono sbizzarrite nel considerare Swedenborg un precursore della cosiddetta filosofia trascendentalista, che ebbe una sua fortuna negli Stati Uniti dell’Ottocento; altre volte lo hanno ritenuto un anticipatore di spiritismo o psicoanalisi, qualcuno ha notato che fu un araldo della New Age.
Il suo linguaggio sapeva catturare attenzioni e interessi. Si prenda, tra i mille esempi possibili, un passo come questo tratto da Arcana coelestia: «Tutte le cose al mondo vennero create secondo l’immagine delle cose che sono in Cielo, perché le cose naturali provengono da quelle spirituali come gli effetti dalle loro cause... La natura universale è un teatro che rappresenta in Regno del Signore»
Per dirla in breve, siamo dinanzi a un linguaggio esoterico che si presta a molte interpretazioni ma che esercita un indiscusso fascino. Si potrebbero riassumere le concezioni di Swedenborg sulle creature angeliche parafrasando le sue stesse parole, ovvero che egli ebbe la possibilità di vedere gli angeli, i quali hanno una forma umana e con essi gli è stato possibile intrattenersi così come ogni uomo può fare con un suo simile o con più persone. Di più: egli assicurò anche che gli angeli non differiscono da noi nella forma, ribadendo che, per dimostrare non trattarsi di una illusione, gli fu concesso di vederli in pieno stato di veglia, mentre era padrone di tutti i sensi, anzi godendo di uno stato di percezione chiara.
dall’introduzione di Armando Torno
«Gli Angeli, presi insieme, si chiamano il Cielo, perché essi lo costituiscono; ma però si è il Divino procedente dal Signore che influisce appo gli Angeli e che, da essi ricevuto, fa il Cielo in comune ed in parte. Il Divino che procede dal Signore è il bene dell’amore e il vero della fede; per quanto adunque gli Angeli ricevono dal Signore il bene ed il vero, tanto essi sono Angeli ed altrettanto sono il Cielo.»