Silvia Calzolari per Donna Creola di Floriana Coppola
![]() Donna Creola e gli angeli del cortile
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autori: | Floriana Coppola |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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"DONNA CREOLA E GLI ANGELI DEL CORTILE"
di Floriana Coppola – ed. La Vita Felice
- recensione di Silvia Calzolari -
Quando ci si immerge in un romanzo si cerca, consapevolmente o inconsapevolmente, qualcosa di noi stessi fra le pagine scritte o, non cercando, veniamo catturati e svelati dall'essenza della scrittura stessa che sa toccare luoghi di memoria e profondità del nostro essere.
Il romanzo di Floriana Coppola centra in pieno questa necessità e questa spontanea esigenza interiore, riportandoci bambini e destando il nostro senso di responsabilità adulta.
"Donna Creola e gli angeli del cortile" è un romanzo di formazione e al contempo lirico, un romanzo che segue il filo della memoria attraverso una profonda analisi pedagogica e filosofica.
L'autrice immediatamente ci conduce, attraverso il titolo, a quei simboli cardine del suo scritto.
Donna Creola è una figura femminile sensuale, "statua vivente", dalla pelle bianchissima, una lupa nera ed enigmatica, simbolo di sapienza femminile. Inevitabile ricollegarsi alla poesia di Charles Baudelaire "A una signora Creola" (tratta da "I fiori del male") i cui versi sottolineano efficacemente quest'immagine di donna: "bruna ammaliatrice" - "dagli incanti sconosciuti".
Una musa seducente per il protagonista Lino che, attraverso i suoi occhi di bambino, afferma: "l'unica donna a cui mi importasse di piacere dopo mia madre".
Gli angeli del cortile sono quei fanciulli, come Lino, che vivono la loro diversità come marchio, che nel microcosmo di un condominio napoletano, scoprono la realtà e le sue contraddizioni.
Lino è quindi simbolo di quell'infanzia che il mondo adulto (occluso nelle "gabbie buie" del proprio esistere) non sa ascoltare, incapace di vederne il senso di vuoto, di solitudine e di profonda sofferenza di fronte agli accadimenti (nascita-vita-morte) e senza mai dare spiegazioni autentiche in quel "silenzio che fa ancora più male".
Cadono maschere, si svelano realtà e bugie, il protagonista scopre che ci sono tanti tipi di donne e di uomini, che "siamo tanti e tutti diversi" e che niente può scivolare sulla pelle, sino a maturare strategie per difendersi dal dolore dell'abbandono.
Le figure femminili (pur nelle eccezioni) sono esaltate nella loro fragilità, come nella loro forza, nel loro coraggio e nella loro capacità sensibile e concreta di solidarizzare. Rosa, la mamma del protagonista, è angelo muto, "piccola come uno scricciolo con la sua aria da fiaba".
Le figure maschili, quasi assenti o deleterie, si riscattano solo nella nuova generazione grazie al fratello di Creola, Ercole (amico di Lino), che diviene simbolo di avventura e di anticonformismo.
L’anagramma Creola-Ercole pone l’accento sulla duplicità interiore, sottendendo e valorizzando la componente maschile-femminile presente in ognuno di noi.
Temi universali, quali la caducità della vita, il dolore, la solitudine, il vuoto esistenziale e la diseguaglianza di genere, sono affrontati dall'autrice con delicatezza, sensibilità, intensità, rispetto e con la capacità matura di immedesimazione in un fanciullo che senza pregiudizi compie i suoi primi passi d'esistenza.
Una scrittura scorrevole chiara, pregna di realtà e di visionarietà, minuziosa e attenta nella caratterizzazione dei personaggi, ed estremamente evocativa.
Un'accorata visione della vita, commossa elegia dell'umano vivere, senza scadere mai nel compiacimento, evitando giudizi e, al contempo, contrastando le evidenti ipocrisie che appartengono ad ognuno di noi.
Floriana Coppola ha un linguaggio d'alta poetica che incrociamo felicemente in tutto il romanzo. L'apertura stessa del libro è una lirica che sintetizza e prelude alla storia.
Ecco che, osservando i panni stesi di Creola, l'autrice, nelle vesti di Lino, ci incanta: "Quei tessuti erano un firmamento da contemplare, una grammatica silenziosa che rimandava alla fatica del vivere." (p. 25) e ancora nella descrizione della madre del protagonista: "Si muoveva senza far rumore. I suoi piedi erano passeri saltellanti nella nostra casa" (p. 62).
Nella descrizione del ricamo di Creola (pag. 72): "Ricamava con gli occhi semichiusi, nel vuoto assoluto di ogni intenzione, nella completa perdita di coscienza di ciò che volevano fare le sue mani veggenti" e "Il tessuto si appoggiava su quel nido di impalpabili onde e prendeva cento pieghe nella caduta un po' lenta oppure improvvisa".
Il lavoro di levatrice della madre Rosa viene descritto con estrema raffinatezza e consapevolezza femminile: offriva "a ogni donna la possibilità di sfidare la morte e il dolore, riconoscendo nella carne, nelle proprie viscere, l'unione profonda in cui le vie della mente, del corpo e del cuore convergono in sol punto".
Una spiritualità e un'alchimia di immagini, sfumature e luci che abbracciano il lettore, quasi un esorcizzare quella durezza reale d'eventi raccontati, attraverso la meraviglia e l'immaginazione (tipica dell'infanzia, come dell'artista) che sanno sollevare, che vogliono sollevarci, illuminarci verso profonde altezze e vero senso esistenziale.