Anteprima poesia- Annamaria Ferramosca - Ciclica
14.04.2014
![]() Ciclica
|
|
autori: | Annamaria Ferramosca |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Nella «notte artica» delle ere tutte e delle lingue, le individualità più avvertite si mettono in gioco affrontando un «viaggio del disorientamento» fisico e sensoriale, cognitivo e metafisico, toccando mondi e orizzonti, mappando bussole e atlanti, registrando gli «urti gentili» per il«rompersi dei meridiani», nello sfaldarsi dei sistemi planetari come pure dei rapporti umani sulla nave alla deriva: «l’isola disperata che siamo». C’era bisogno di una lingua nuova, esposta alla babele dei «mille alfabeti», predisposta alle ibridazioni, all’ospitalità senza preclusioni di sorta. Una lingua contaminata e meticcia, esposta ai venti di novità, al «soffio multilingue», tra geologia e biologia, tra «techne» e «angelezza»: c’era urgenza di una lingua che si facesse carico del vento di novità ipertecnologico e virtuale, scientifico e sensibile, fisico e corporeo. In questa affascinante Cosmogonia, Annamaria Ferramosca, con una lingua duttile e sinuosa, spesso affidata a neologismi, erige una congrua neo-lingua e una neo-sintassi della poesia da opporre al Caos, al «disordine che dissipa». Nell’esperienza erratica e ontologica, una deambulatoria Ulisseide tra partenze e ritorni, agnizioni e preterizioni, si colgono gli elementi ciclici e vitali di persistenze e di novità, continuità e trasformazioni nel magma della metamorfosi incessante: e sono migrazioni e ritorni tra corpo e spazio, nascite e rifondazioni tra suolo e cosmo, botaniche rifioriture e neo-gemmazioni tra «animule» e «anime lingue». Le nuove parole e le nuove voci «come di un’alba o di un vagito».
Manuel Cohen
scelgo mi piace e condivido
soltanto se
la posa non è teatrale se intravedo
il capo rasato sotto la pioggia
la stanza fiammeggiare
allontanarsi il punto cieco
l’urto mi chiedi l’urto ma
sei virtuale un’ipotesi una
finestra sul vuoto poi non so
quanto davvero vuoi
farti plurale
dimmi se chiami per conoscermi o solo
per riconoscerti
chiami chiami dai tetti
da eccentriche lune chiami da
nuvole pure dal basso chiami
voce di fango che mi macchia il petto
segna la fronte pure
si fa lacrima cristallo che
taglia il respiro
dalla sezione ANGELEZZE
ALBERI
non sappiamo di avere accanto mappe di salvezza
dispiegate nei rami
gli alberi sono bestie mitiche
invase dall’istinto fieri suggerimenti
restare accanto
non per generosità ma per pienezza
– intorno l’aria splende in rito di purità –
la terra tenere salda
perché sia quiete ai vivi
gli alberi hanno strani sistemi di inscenare la vita
prima di descrivere la morte
s’innalzano
con quei loro nomi di messaggeri
le vie tracciate sulle nervature
lo sgolare dei frutti
sii migliore del tuo tempo dicono
devo
far correre quest’idea sulla tua fronte
devo
e tu su altra fronte ancora
e ancora prima
che precipiti il sole