Anteprima Poesia: L'opposta riva (dieci anni dopo) di Fabiano Alborghetti
![]() L'opposta riva
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autori: | Fabiano Alborghetti |
formato: | Libro |
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L’opposta riva è una raccolta di poesie composta come una Spoon River dei vivi: ogni poesia è una voce, ogni voce una storia.
Per scrivere L’opposta riva, ho vissuto per tre anni con gli immigrati clandestini, gli illegali, i sans-papiers. Ho vissuto con loro tra il 2001 e il 2003, quotidianamente.
In quei tre anni abbiamo condiviso i pasti, i letti in dormitori, i materassi gettati per terra in baracche o fabbriche dismesse.
Insieme abbiamo fatto le code per essere scelti da un caporale per un impiego giornaliero in nero e insieme siamo stati spesso scartati. Insieme abbiamo accompagnato in Questura conoscenti per il rinnovo dei documenti e con loro abbiamo fatto la fila per notti intere e giorni senza fine. Insieme abbiamo fatto la spesa nei discount, viaggiato per la città, guardato partite di calcio alla televisione, festeggiato compleanni. Insieme abbiamo celebrato ricorrenze religiose o digiunato per onorarle.
[...] Questa raccolta di poesie venne pubblicata nel 2006 dalle Edizioni LietoColle in una versione che pensavo definitiva: mi sbagliavo. A distanza di dieci anni dal primo giorno in cui ho iniziato a vivere anche io da clandestino, ho sentito l’esigenza di riscrivere l’intero libro.
In questa nuova edizione, la divisione in sezioni dei 60 testi è rimasta identica, così come alcune poesie sono rimaste invariate (18), mentre le restanti sono state modificate nella struttura e integrate nei versi, con l’intento di renderle più chiare per il lettore.
Originariamente, tutti i nomi di luogo e delle persone erano stati omessi; in questa versione aggiornata li ho ricercati tutti, uno ad uno: con il trascorrere del tempo li stavo dimenticando, li avevo dimenticati, e la mia perdita di memoria equivaleva a negarli per la seconda volta. Ecco perché nell’indice ogni nome è ora posto sotto la storia che mi è stata raccontata.
Di alcuni non sono riuscito a ricordare il nome e chiedo loro scusa.
Di ognuno spero un futuro migliore.
F.A.
I sezione
Mentre cambia il tempo, la nube o il secolo che sia
Come uno qualunque diventasse un soldato, stupiva:
apprendisti
lavorare la carne un tanto al chilo
fabbricarne senza smaltire.
Come lui in tanti diceva: improvvisàti
ovunque nel corredo lordo
entrare in casa nella figlia, nel vicino
con il corpo o un’appendice.
Bastava aprire l’uscio o il ventre:
fare un buon lavoro diceva, che Dio ci guarda...
II sezione
Il presente che ci resta
Del flusso perpetuo il nome scandiva guardando:
migrazione diceva
e somigliamo allo scarto.
Una quantità in perdita
l’inutile costanza alla deriva
che non riproduce, smessa dal diritto di perdurare.
Non incalza nessuna speranza se vedi
e con ragione:
nemmeno la superficie è simile all’uomo
troppo in ritardo per somigliare, intervenire...
Lunghissima l’onda ma non abbastanza
per il battello: attorno un rischio di secca
la vedetta a terra o in mare. Sbarca dicono, alzati
e cammina. Così il balzo, l’affondo nell’acqua
l’impresa del guado, di sopravvivere l’entroterra.
Nascondendomi nell’ombra, allontano dalla rena.
La distanza è direzione, il respiro è un fiato fatto passo...
III sezione
L’opposta riva
In un qualunque posto di lavoro: la posizione
bassa era offerta, una poca paga tra il baratto del nome
e il dovere restare. Prendere o lasciare mi dicevano:
a lungo andare il documento arriva. Così restavo
metà invisibile e più spazio che persona. Sbagliavano
il mio nome nel chiamare ma nessuno ne curava
costando poco chi o cosa mastica il lavoro:
carne pronta con la fame in bocca e la bocca inutile al parlare
e del rimpiazzo all’entrata la fila piena, la stessa condizione
questuante affollare per poco, per tutto il tempo...
Questo luogo discinto tra gli orti e la stazione
e la rete attorno per difenderne i confini:
qui non passa altra gente e per questo è più sicuro.
È un dispetto alla vita cancellata, un permesso
alla vita che mi spetta. Manca molto a ben vedere
non è forse un posto degno
ma spesso avanza. Ed io lo chiamo casa...