Anteprima poesia: Vittorino Curci - Il pane degli addii
![]() Il pane degli addii
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autori: | Vittorino Curci |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Volume disponibile per fine luglio 12
«Così viviamo per dir sempre addio» scrive Rilke alla fine dell’ottava Elegia. Per chi si affida alla verità poesia, questo significa che ogni gesto che compiamo non fa che segnare un distacco (il definitivo abbandono di qualcosa che è stato nostro e ci ha nutrito), che ogni parola pronunciata o scritta è sempre un andare oltre la vita che ci è data. Allo stesso tempo, c’è qualcosa di straordinario in tutto questo: le presenze evocate dalla poesia ci fanno scoprire che nulla va perduto. Che persino le cose più insignificanti a cui diciamo addio hanno un valore eterno e ogni attimo della nostra vita è prezioso e indistruttibile.
Ritroviamo l’originalità di uno dei poeti pugliesi più conosciuti e apprezzati a livello nazionale, meno incline in questa raccolta a quelle sconfinate ricerche stilistiche che avevano caratterizzato la sua precedente produzione; ci giunge quindi maggiormente composto e determinato nell’analisi di quanto gli deriva da una imprescindibile condizione di ascolto, nonché capace di codificare e interpretare le spinte emozionali in una forma rigorosa e vigorosa.
Attentare alla forma traducendo l’idea
Poi c’è un posto dove resti solo ad ascoltare il dialogo
tra un’automobile e un asino.
E lo fai guardando una sfera di marmo levigata
e un uomo, in lontananza, che alza un braccio per salutare.
Il dio dei bassifondi scambia i colori di tutte le bandiere.
Le cose accadono ma non le vede nessuno.
La gioia di distrarsi è l’atto unico di un gesto.
Prima di varcare il confine ti senti un millepiedi al galoppo.
Di là il diagramma della sconfitta, il disfacimento dei corpi.
Di qua la risata di un motore, la misurazione millimetrica
del tempo fra i materiali vissuti di una casa immaginaria.
Le quantità numerabili
1.
Di mangiare, mangia. E cammina, anche. A piccoli passi, sull’erba spettinata.
Il piovasco gli cede la parola quando per la computata concezione del male mi chiedo se non sia questo il tempo.
Quando crescerai anche tu potrai dire
che si è soltanto macchine di vita
tra gli stendardi anneriti della vittoria
e che in questa vigilia
dove si è vivi per miracolo
tutta la felicità che uno si perde
si rapprende in una scia dorata nel cielo
fermentato della notte.
Eppure non so nulla
del tuo passo fermo che mi raggela
il sangue ad ogni scricchiolio
perché l’arte è l’altro nome di Dio
e l’opera dell’uomo è completata
dal piccolo o grande fuoco
che varca le soglie di un bene
smemorato e invita i corpi a dissiparsi
con esercizi di trasloco e armistizi fragili.
Il cuore indolenzito travasa il tempo
nel cratere azzurro di un vulcano spento.
Sì, nella battaglia dei suoni, è la resa
che dispone alla lingua
è l’oroscopo dei morti, il buco nero
che dispensa il pane dei nostri addii.
Parole senza musica
Una follia queste finiture che nessuno potrà vedere. C’è un punto oltre il quale la cura delle cose in sé distorce il significato. La vastità del mondo trafigge il buio dell’origine, ma non tutto è come pensavi – un’epica a quattro zampe o qualcosa da nascondere nell’abisso di un sogno.
La quiescenza serale del verde fa sì che la mano dell’uomo stenda sui fatti il torpore tra due date, la luce stantia di una terra in prosa.
Quale esempio hai dato? Nell’emorragia di voci che sprofonda sotto il cielo tra lunghe file di sfollati l’alfabeto delle dicerie redime l’inattività forzata dei sonnambuli. Il canto sismico è affidato alle tue cure.
Dopo la pioggia il sole sparge gocciole dorate sui tetti. L’iconoclastia del capriccio atomico riscrive le ultime pagine del libro sacro dove, raschiando il grido dei falsari, i tuoi vetturali sdentati viaggiano per le strade bianche portando in tasca mille gru di carta.
L’indice è puntato sui lividi. La fioritura dei ciliegi è lontana. Nello stato di massima allerta si ode un bambino che grida: «Nonno, aspettami!»
***
Poeta e sassofonista di musica improvvisata, Vittorino Curci vive a Noci, in provincia di Bari, dove è nato nel 1952. Collabora alle pagine culturali di diversi quotidiani pugliesi e alla rivista «Nuovi Argomenti». Nel ’99 ha vinto il Premio Montale di poesia per la sezione “Inediti”. Numerose le pubblicazioni di poesia e prosa.