Cinzia Demi Per Alda Cicognani (articolo su VersanteRipido n. 11 dic 15 - estratto)
![]() Le fonti dell'Amore
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autori: | Alda Cicognani |
formato: | Libro |
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Estratto dall’articolo” Lo spirito mistico religioso della poesia femminile contemporanea” di Cinzia Demi pubblicato su VersanteRipido n 11 dic 15 Dossier: La poesia femminile
Penso, infine, ad Alda Cicognani e al recentissimo Le fonti dell’Amore. Poema mistico (La vita felice, 2015) del quale ho appena terminato la lettura. Qui, a mio avviso, ci inoltriamo nuovamente – del resto è la stessa autrice a dirlo, nel sottotitolo – in quella sorta di misticismo tutto femminile di cui abbiamo in parte accennato il percorso nei primi passaggi di questo articolo. Infatti, se pure la Cicognani nella nota introduttiva segnala di come il vissuto umano accomuni chi “è accompagnato dal sentimento religioso” con “chi è del tutto ignaro delle rivelazioni”, sottolineando come la Bibbia e il Vangelo riescano a dialogare con noi, magari rassicurandoci, e di come spesso anche “mirabili uomini invasi da Dio […] hanno goduto di quello spirito lieto che pure sarebbe la via maestra per il cuore del Padre”, se pure molti altri – altrettanto mirabili – “hanno patito e sono stati testimoni del martirio del dubbio, dell’incertezza, anche nel dialogo con Dio”, se pure tutto questo, l’autrice si affida alla benevolenza del lettore che – magari lontano da un percorso di fede – possa trovare consonanza di un vissuto umano prima che religioso, nel senso stretto del termine. Entrando nel testo, perché dico che il percorso di quest’autrice ci riporta al misticismo iniziale dell’articolo? Ma perché, senza dubbio, vi ho ritrovato molti di quei sentimenti che hanno invaso l’animo delle mistiche, sia Sante che filosofe che poetesse, spesso avvolte anche da dubbi e ossessioni, spesso consorelle di una fede non sodale a loro stesse, al loro essere donna, spesso alla ricerca di un Dio più presente, attanagliate da dubbi esistenziali, che alcune hanno risolto con la morte. La Cicognani parte da un dialogo, certamente e inevitabilmente, visionario, fra anime che si cercano e in questa visione si confronta con l’Angelo perituro, con la figura della Santa di Bologna – Santa Caterina, di cui ho già parlato – e naturalmente con qualcosa di Grande, con quel Dio a cui riconosce, è dovuta L’obbedienza ma del quale lamenta la mancanza di spiegazioni, con quel Dio che ci ama ma che fa tirannide della sua grandezza, sperdendo la povertà delle menti. Poesia in forma di eresia? È una possibile interpretazione, un tentativo di avvicinamento alla verità. Poi, nella seconda parte del poemetto, il dialogo si fa più pressante: s’interrogano la Madre, il Padre, sono i figli che chiedono ancora, mai sazi di Parola e Verità. Ma è Il Momento del dolore del tempo presente il luogo dove la parola si fa presenza umana e chiede, disperatamente chiede al Padre un segno: ma rendici il tocco del tuo dito/sai quel vitale tocco che ha dato al figlio/primo fra tutti la tua somiglianza… e invoca il tempo dove I Bambini a cui le fiabe davano riparo… mentre adesso: è la fiaba che nessuno ha narrato/ora è l’abisso che aperto esala l’essenza del male… e chiede la parola, implora la parola, di sapere: Come riguadagnare il tuo perduto amore? In un crescendo incalzante di domande che a volte contengono in sé le risposte – perché l’uomo è anche artefice del proprio destino – l’autrice ci conduce alla terza e ultima parte del poemetto dove Il Padre, infine, pare voler rispondere a chi si interroga, ponendo a sua volta un ulteriore quanto pesante dubbio sul suo stesso operato, e il primo cedimento affonda nella comprensione del pensiero femminile, che se avessi edotto lei per prima/quale destino/la mia creazione di tempo in tempo avrebbe/diversamente segnato un trionfo […] Infine, quasi a risanare tutto il tempestoso viaggio verso la verità, l’autrice fa pronunciare a quel Padre tanto invocato, e apparentemente assente, le parole che solo in parte sono riconciliatorie e inducono a riflettere, a continuare la ricerca della verità, prima in noi stessi e con l’aiuto indispensabile della fede e della conoscenza ma che, forse, neanche basterà a comprendere : Che io non abbia pena neppure tu lo pensi/ma la mia pena dura in eterno e il risorgere a me/sarà per te l’estrema espiazione il non sapere. Visionario eppure concreto, questo lavoro della Cicognani si distingue oltre che per il contenuto intenso, a volte dogmatico, eppure per la limpidezza dei versi, per gli squarci illuminati dal fulgore delle apparizioni di sentimenti e natura che lo rendono una sorta di breviario moderno, da cui attingere i benefici del dubbio, le riconciliazioni, la dimensione contradditoria e umana del nostro essere fatti di carne, l’immersione contemplativa del nostro essere fatti di spirito.
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