Deborah Mega per Fausto Nicolini
![]() Linguanìa
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autori: | Fausto Nicolini |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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La silloge poetica “Linguanìa” di Fausto Nicolini, per i tipi editoriali La Vita Felice, comprende una ventina di componimenti ed è impreziosita da riproduzioni di stampe d’epoca di proprietà dell’autore. Reca in esergo una famosa citazione dantesca tratta dal XXVI canto dell’Inferno, in cui si fa riferimento alla potenza della parola, espressa sotto le sembianze di lingua di fuoco, affaticata dal vento, attraverso la quale Ulisse fa sentire la sua voce.
In entrambi i casi, per Ulisse e per il poeta, la sofferenza e l’assenza di qualcuno o qualcosa rendono necessario il dire. La stessa citazione riemerge nella chiusa dell’ultima poesia della raccolta quasi a sancirne l’importanza, se mai ce ne fosse il bisogno, e a evidenziare l’andamento ciclico della parola. Essa risuona dal fondo e si apre al silenzio, all’abisso, incarna il vuoto, si ramifica infine viene allo scoperto, ricomponendo una storia d’amore. Le prime liriche sembrano aforismi tanto sono dense e concise, successivamente il percorso diviene più intimista, triste, fino a indulgere in ricordi nostalgici.
Nicolini esalta la bellezza della donna, talvolta ne loda la corporeità “Sei donna nell’intimità e nell’esplosione / nella delicatezza e nell’avversione”, lamenta la sua assenza e il tormento dell’allontanamento, quello “che procura / la memoria della carne”.
Il protagonista della poesia è il poeta stesso con la sua solitudine, “chiasso che invade il pensiero di ciascuno”, con le sue meditazioni sull’essenza dell’amore, con i dubbi, con le esitazioni che chi ama, prova. La donna amata è passato assoluto, pensiero, realtà di pura memoria. Non solo vi ritrovo sincerità d’ispirazione ma adozione di mezzi espressivi idonei ad esprimere la propria verità interiore, ancora viva e vibrante, atta ad approfondire e raffinare l’indagine psicologica, attraverso la parola aderente strettamente ai moti dell’animo. La stessa aggettivazione è fluida, suggestiva, soave nei suoni e allo stesso tempo forte e tenace. L’espressione autentica supera la dimensione intimistica per divenire comunicazione tangibile. Vi è inoltre una forza vera, il culto del sentimento, che è quasi ostentato come un privilegio, perché comunque vada, eleva l’uomo.
Il dolore del poeta rimane ancora, nonostante tutto, uno strumento di vita, la sua voce incide fino a restituircene una nozione disperata e composta.
[Deborah Mega]
C’è una distrazione tra i tuoi capelli
che attira il volo di uno sguardo
in pergola alla croce attorcigliata
come un sodalizio blasonato dal tempo
Lo scudo di un ricordo rampante sorge
inquartato nel secondo, d’oro al grifone
e attraversato di note gentilizie,
superstiti gocce di un’aristocratica
metamorfosi copulativa
Sotto un cielo graffiato di virgole
ho incontrato un futuro senza rughe
era un inganno del tempo…
di quel tempo che non ho vissuto
quando ancora sconosciuto era
l’inconsapevole abbraccio
delle tue cosce africane
Come non lasciarsi stritolare
dal caos della giungla semantica
per ritrovare la parola atavica
tra le sillabe esposte e succhiare lì
dove s’incontrano i sospiri più negri
Anche la castità della savana
c’impedisce la fuga ostacolandoci
con i suoi interrogativi indiscreti
che ci spingono tra i sospensivi
ineluttabilmente analfabeti
Mi occorre soltanto lo squarcio obliquo
di una poesia d’amore, un deliquio
improvviso che le restituisca
l’abbaglio arioso del sorriso, affinchè
si sparga sulla parola il profumo
speziato della notte che consola
Che lei rubi una quartina assolata
dall’estro di cavalcare le nubi
dell’assenza, tormento che procura
la memoria della carne, frattura
senza gloria, e alla fine che saetti
un verso sulla falce della luna
per salvare il senso immerso dei sogni
che sopravvive impavido all’aurora