Doppiozero 23 8 18 Anna Toscano segnala «Ancestrale» di Goliarda Sapienza
![]() Ancestrale
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autori: | Goliarda Sapienza |
formato: | Libro |
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Guardare gli anni di composizione e di pubblicazione dei libri di Magda Szabó e accostarli agli anni in cui sono usciti grandi romanzi di altre scrittrici nel Novecento è interessante.
Lettera aperta di Goliarda Sapienza esce nel 1967, Il Filo di mezzogiorno nel 1968; Giù in piazza non c’è nessuno l’autobiografia letteraria di Dolores Prato uscita nell’80 in edizione ridotta e scritta durante tutta una vita; la scrittura intrisa di quotidiano di Natalia Ginzburg, con Tutti i nostri ieri del ’53 e Lessico famigliare del ’63; Alba de Céspedes con Quaderno proibito nel ’52; Fausta Cialente nel ’62 con Interno con figure; La penombra che abbiamo attraversato di Lalla Romano del ’64; Menzogna e sortilegio della Morante del ’48.
L’autobiografia, il quotidiano e il passato, l’infanzia, la guerra e la difficoltà civile, sono tutti temi che attraversano queste scrittrici italiane del ‘900. Uscendo dall’Italia incontriamo le Memorie di una ragazza per bene di Beauvoir del ’58, Immagini del passato di Virginia Woolf del ‘39-40, l’infanzia mai perduta di Janet Frame con Laguna e poi con Un angelo alla mia tavola nell’84,
le Trame dell’infanzia di Christa Wolf del ’76, solo per citarne alcune, “Progetto per un viaggio in Cina” in Io, eccetera del ’77 di Susan Sontag.
La riedizione di Affresco dell’ungherese Magda Szabó ha fomentato la riflessione su queste date e su alcune ricorrenze, rammentando come monito una frase di Agnes Heller, sociologa ungherese anche lei, che negli anni Cinquanta, anni in cui ancora nessuno parlava di identità liquida, andava scrivendo: “Sono donna, ungherese, ebrea, americana, filosofa, sono oberata da troppe identità”.
In molte di queste scrittrici è accaduto che lo scrivere un’opera fosse un momento di nuovo inizio alla vita, un’occasione di svolta marcato dalla scrittura in parte autobiografica. Accade a Szabó: dal ’49, anno della vincita di un prestigioso premio di poesia, premio che dal regime le viene tolto immantinente, Szabó attraversa un decennio in cui ha il divieto, lei come tutti gli altri scrittori ungheresi, di scrivere. Ma lei di nascosto lo fa ugualmente, la prima opera che compone dopo il trauma del ritiro del premio e l’imposizione di non scrivere più è Affresco: un romanzo in prosa.
Abbandona la poesia e ritorna alla scrittura con la prosa, non solo ritorna alla penna ma comincia a ricucire un rapporto con le sue identità martoriate da guerre, imposizioni di regime, educazione e rapporti familiari. Siamo nei primi anni ’50, in una Ungheria in cui lei si sente reclusa, esiliata nel suo stesso paese, e il modo per ricostruirsi è scrivere un romanzo in cui parla di una famiglia che si riunisce per un funerale. In Affresco i tratti autobiografici non sono difficili da scorgere, sono quelli che userà per dare un qualche ordine ai frantumi della sua vita.
Siamo negli stessi anni in Italia e Goliarda Sapienza percorre il medesimo percorso, lei nata nel ’24 in Sicilia, sei anni dopo Szabó, si trova a Roma e avverte la stessa necessità di ricomporre le tessere del mosaico della propria identità, riprendere i pezzi scomposti del puzzle e ricollocarli, e lo fa con la poesia. Anche lei è esiliata in patria in un certo senso, la sua educazione, il padre avvocato antifascista e la madre sindacalista, la sua militanza antifascista durante la guerra, cozzano con la realtà che la circonda: il mondo del teatro e del cinema dove lei è interprete e al contempo stende sceneggiature. Sapienza, a cavallo tra i ’40 e i ’50 vive uno stato di prostrazione intensa. Non sarà la psicanalisi, non saranno gli elettroshock, non saranno i medicinali e i tentativi di suicidio a salvarla, ma sarà la scrittura. Come Szabó, lei scrive per rinascere, compone una silloge di poesia che verrà pubblicata postuma.
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