Francesco Improta per Rita Pacilio con «L'amore casomai»
![]() L’amore casomai
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autori: | Rita Pacilio |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Ho letto L’amore casomai con profondo interesse e, a tratti, con grande stupore. Non sono racconti e non sono poesie, si tratta, a mio avviso, di immagini cromatiche, di pulsioni viscerali, di un concentrato di emozioni e di allusioni. Ci sono dietro, in quanto facenti parte del background dell’autrice, Lacan, Barthes e altri guru della cultura francese del Novecento e anche L’odore del sangue (esplicitamente citato nel testo) di Goffredo Parise o di Mario Martone, volendo assegnare alla trasposizione cinematografica di quest’ultimo una sua indiscussa autonomia e originalità. E non a caso, dal momento che spesso queste immagini, meglio ancora questi flash, sono grumi di sangue che conservano il loro odore dolciastro e metallico, anche e soprattutto nei momenti di ferina intimità. Odore al tempo stesso delle origini della vita, della condizione prenatale, dell’inviluppo dei corpi, del mestruo, ma anche livido e tumefatto, quando la vita langue, e diventa presagio di malattia e di morte. Del resto, l’antinomico connubio ancestrale, Eros e Thanatos, è presente in maniera esplicita o latente in ogni rigo di questa originale composizione che talvolta procede spedita, utilizzando con abilità e precisione linguaggi moderni come gli SMS, e talvolta in maniera sincopata e frammentaria, quasi ansimando, nei momenti, a mio avviso, di maggiore felicità creativa.
Molto bella la conclusione con quella sera intrisa di luce lunare e di nostalgia; e in quella diafana trasparenza scompare anche l’io narrante: io non c’ero.
Disintossicarsi
Guardare la luna. Seduta sul marmo del balcone. Scalza.
Spostare il baricentro poggiando la mano sul pavimento.
Quella strana scia di un aereo come stella in cammino. Bere
birra fresca e canticchiare Moon river.
Entrai in casa
crederla mia. Era settembre
poi una fotografia in bianco e nero
forse il libro sulla scrivania
chissà quale pagina appartenuta a un’altra.
Quella canzone, il vino rosso
un tavolo per due. E io non c’ero.