Francesco Tomada per Stefano Guglielmin - Senza riparo, poesia e finitezza
![]() Senza riparo
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autori: | Stefano Guglielmin |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Stefano Guglielmin, SENZA RIPARO – POESIA E FINITEZZA

Un’opera critica che si proponga di riconoscere ed analizzare le linee fondanti della produzione poetica italiana contemporanea si trova necessariamente di fronte a grandi difficoltà, legate non solo, come è ovvio, alla natura di per sé complessa dell’operazione, ma anche all’estrema dispersività dei canali di diffusione letteraria. Accanto alle case editrici più note, che a volte sembrano avere perso la loro forza propositiva, ce ne sono molte altre medie e piccole i cui libri hanno spesso una distribuzione limitata, per non parlare del mondo frammentario e multiforme del web. Un’operazione di lettura e interpretazione, dunque, richiede una selezione basata su criteri di qualità e significatività, ma proprio per questo a monte necessita di uno sforzo di informazione e conoscenza decisamente imponente.
Va subito sottolineato come Stefano Guglielmin, in “Senza riparo – Poesia e finitezza”, si dimostri all’altezza del ruolo: il libro raccoglie, in varie forme, contributi dedicati a un grande numero di autori, in parte già presentati dall’autore vicentino attraverso il suo prezioso blog “blanc de ta nuque”, a parere di chi scrive uno dei migliori luoghi in rete dedicati alla poesia contemporanea. Se nella sezione che più direttamente deriva dal blog si tratta essenzialmente di note introduttive (ma non per questo banali o superficiali), in altre parti del lavoro vengono invece raccolti saggi che presentano un livello di approfondimento molto maggiore, e si configurano come vere e proprie letture dell’opera di alcuni fra i più influenti – non necessariamente fra i più famosi, purtroppo – autori italiani. In queste parti spicca il notevolissimo spessore intellettuale di Guglielmin, che si rivela capace di determinare le coordinate espressive, tracciare le linee di sviluppo, individuare il divenire dei nuclei tematici e delle scelte formali attraverso l’analisi ed il confronto fra voci differenti (indicativa in tale senso la curatissima sezione sulla “Scrittura sorgiva dei poeti di Anterem”).
Quanto espresso fino a qui basterebbe già a consigliare vivamente la lettura del libro, se non altro per la meticolosità rigorosa della mappatura e per la validità delle considerazioni. Ma ciò che personalmente trovo davvero notevolissimo è quanto si trova in altre sezioni del lavoro: Guglielmin infatti non si accontenta e compie un passo oltre, interrogandosi sul quadro globale che emerge dalla composizione del mosaico, passando dai “poeti italiani” alla “poesia italiana”, al rapporto tra la poesia ed il pubblico nel secondo Novecento, oppure evidenziando le convergenze tematiche della poesia italiana contemporanea. I collegamenti proposti dall’autore per dare forza alle proprie argomentazioni sono numerosissimi, a volte sorprendenti, e sono in grado - come scrive un altro critico molto acuto, Manuel Cohen - “di sollecitare il lettore con riferimenti appropriati, e con una complessità di lettura e di retroterra filosofico che fanno da collante ricercato tra letteratura e ontologia” (al punto tale che le note diventano spesso un vero e proprio “libro nel libro”).
“Senza Riparo – Poesia e Finitezza” è però, oltre che un lavoro di grande spessore culturale, anche un’espressione di passione per la scrittura. Ciò risalta in modo prepotente nelle parti in cui Guglielmin compie un ulteriore avanzamento, superando anche la “poesia italiana” per dedicarsi alle radici della “poesia” stessa. La vera poesia, citando Saba, è una poesia “onesta”, legata all’autore nel senso che lo “dis-loca”, lo rivela agli altri ma prima ancora, e molto di più di quanto potrebbe fare il processo di conoscenza, lo espone a se stesso; la vera poesia nasce da un atto di con-presenza dell’autore nel testo, che diventa assunzione di responsabilità anche quando non si tratta di poesia civile. Cito soltanto alcuni brevi passi: “Scartando il criterio quantitativo dell’originalità e accettando la relatività di qualsiasi giudizio di valore estetico, [si] sceglie di considerare il valore di verità dell’opera, quest’ultima intesa come segno che non si lascia consumare dal rinvio, luogo dell’accadere in cui la finitezza dell’esserci si mette completamente in gioco e, così facendo, mette in gioco le fondamenta stesse dell’apertura storico-linguistica cui appartiene”; “Quando l’autore accetta il parziale naufragio che ogni scrittura sulla soglia impone (…), allora a mostrarsi davvero, nell’opera, sarà l’esistenza stessa, quel suo particolare attrito con l’apertura”. Il concetto di “scrittura sulla soglia”, laddove l’autore riesce a “scrivere in prossimità del proprio margine [che non è raggiungibile]”, e quello del “valore di verità”, si riflettono anche sul rapporto fra poesia e critica: “La scrittura sulla soglia – così come qui è intesa – non implica la condivisione di una specifica poetica, ma è la condizione di possibilità affinché un testo possa sopportare l’analisi critica senza sfaldarsi nel nulla”. Con la stessa documentata profondità con cui guarda al lavoro degli autori, con lo stesso rispetto e altrettanto coraggio, Guglielmin si accosta dunque alle motivazioni che muovono la scrittura poetica (il volume si apre con una interessantissima sezione dedicata alla relazione fra poesia e presente), le chiarifica, le interpreta come strumento in grado di trasformare la poesia da espressione individuale patrimonio condiviso e condivisibile, le elegge per certi versi – ed è una conseguenza coerente – a criterio di valutazione.
Si tratta dunque di un libro denso di spunti di riflessione, frutto di una lucidità davvero non comune e di una grande vastità di orizzonti culturali, vissuti però con umiltà e messi a disposizione della scrittura altrui. È confortante pensare che così si possa indicare un possibile percorso alla critica letteraria, una via per certi versi obbligata per leggere e interpretare una produzione poetica sicuramente disomogenea e disordinata, in cui le voci migliori rischierebbero altrimenti di perdersi: proprio per l’umiltà a cui accennavo Guglielmin non lo dirà mai, ma questo libro è un passaggio fondamentale per chi intende addentrarsi in modo consapevole negli ultimi decenni della poesia italiana.
Francesco Tomada