Giuseppe Baldassarre per Salvatore Martino
![]() La metamorfosi del buio
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autori: | Salvatore Martino |
formato: | Libro |
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Antico e moderno nella poesia di Salvatore Martino
“Dobbiamo scrivere nello stile degli antichi con parole moderne” (Leopardi, Zibaldone): Salvatore Martino colloca in fondo al volume La metamorfosi del buio la citazione leopardiana che fa da bussola critica alla sua produzione poetica. Quale sia lo stile degli antichi e quali parole siano da considerare moderne non è facile definire, oggi, data la mancanza (o smisurata ampiezza) del canone riconosciuto. Resta centrale nelle scelte perciò la sensibilità dello scrittore.
Salvatore Martino conosce il peso specifico delle parole, la loro efficacia comunicativa, ha in mente e nell’orecchio le voci e gli stili degli antichi e dei moderni. La sua poesia, il suo bisogno comunicativo individuale crea una scenografia in cui l’incontro con quelle voci riconosciute riesce a diventare dialogo, variamente modulato, dialettico, in continuità per lo più con quanto già affermato dai poeti di riferimento, ma in una progressiva acquisizione di nuovo significato.
Non si tratta solo di fare citazione, allusione, imitazione, operazione legittima e necessaria alla scrittura in ogni tempo, ma diventa analisi e immedesimazione, fino a fare proprio e rendere nuovo, personale il discorso.
Di questo modo di procedere della sua poesia vorrei portare un esempio, facendo l’analisi di un testo.
A p.135 della Metamorfosi c’è un ampio testo di 80 versi, costruito alla maniera della canzone letteraria, con strofe e chiusa. Il titolo è “Questa bella famiglia d’erbe e di animali”, la dedica in corsivo è “Quasi un omaggio a Recanati”. Il testo nasce quindi sotto il segno di Foscolo (Sepolcri vv.4-5) e Leopardi (Recanati rinvia al grande recanatese). Al v.9 c’è “interminati spazi”, in corsivo (L’infinito); dal v.18 si narra delle nozze di Peleo e Teti e ai vv.29-30 si cita il “velo antico, che la poesia tenta d’intessere ogni giorno” (Le Grazie). I rimandi sottesi, anche ad altri autori, continuano e troviamo la Natura, il Fato e “l’infinita vanità del tutto”. Una domanda riporta al “canto undici dell’Odissea” e infine la canzone si chiude con una quartina-litania, che rimanda all’innografia cristiana (Ambrogio?): “Aeterne rerum conditor / Aeterni coeli gloria / Aeterna Christi munera / Aeterne rector siderum” (vv. 77-80).
Il testo sviluppa le riflessioni liriche esistenziali dell’autore, quasi si trattasse di un monologo intercalato tra un episodio e l’altro dei molti quadri della vita. Il la è dato dalla realtà vitale, intrecciata di necessità e di illusioni, l’esistenza umana, di ogni singolo e di tutti, su cui la poesia ha espresso nei secoli parole che restano segni di bellezza e di drammaticità.
E’ imprescindibile, pare ci voglia dire Martino, che il discorso inizi da Omero e coinvolga Foscolo, Leopardi, altre voci poetiche autentiche e concluda con una voce di orante: in quel coro trova definizione anche la voce dell’autore.
Ecco, in questo procedimento diventa naturale l’”omaggio” a Leopardi (Foscolo e gli altri classici), nel ”quasi” riceva il suo spazio il poeta: “Quasi un omaggio a Recanati”, quindi.
Mi pare che questo esempio possa aiutare a entrare nel modo di procedere della poesia di Martino, per capire la cui complessità e spessore sono comunque necessarie indagini molto più variegate e esaustive.
Ecco, anche se non c’è possibilità di trovare la risposta alle domande esistenziali, forse questa si nasconde nell’intreccio di voci, è possibile trovarla (solo) nel canto, in cui resta la piena fiducia. Anche se “ti diciamo tutti le stesse cose” , come diceva Giorgio Seferis in esilio alla sua amata Grecia, le parole dette sono però le proprie, aderenti all’hic et nunc, perciò legittime, moderne.
Salvatore Martino conosce bene il peso specifico delle parole, ha la sensibilità per riuscire a distinguere lo stile degli antichi, ha l’energia individuale e morale per confrontarsi con le altre voci e, nel far questo, definire la propria voce. Anche nella sua Metamorfosi riesce a coniugare con efficacia e bellezza stile degli antichi e parole moderne.
Giuseppe Baldassarre