Leandro Piantini per Salvatore Martino
![]() La metamorfosi del buio
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autori: | Salvatore Martino |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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La poesia di Salvatore Martino
“La metamorfosi del buio”, uscito nel 2012, è una raccolta di versi importante. Salvatore Martino, che non è solo poeta ma anche attore e regista teatrale di lunga esperienza, è un personaggio di spicco nella cultura italiana degli ultimi decenni.
Parlando della sua poesia comincerei con una sensazione epidermica che essa produce in me. Appena comincio a leggere i versi di Martino è come se ascoltassi una musica che conosco già. Essa ha un ritmo che mi sembra di avere già dentro, una scansione fluida e una musicalità che, pur nella varietà di temi e di situazioni, sono sempre le stesse, forti, implacabili, asseverative. Come se fosse un'unica emissione di voce. E non a caso questa poesia è del tutto priva di punteggiatura.
Molto importante è la prefazione al libro di Donato Di Stasi, che in uno scritto esaustivo che va letto per intero,.non lesina elogi e valutazioni positive al massimo grado. Parla di un Martino “Magister verbi”, di “forsennata ricerca di senso”, di “adamantina capacità espressiva”, di “epica del quotidiano”. Qualità che vengono tutte a formare un manufatto poetico che è tutto il contrario del “decadimento imperante”, che- secondo Di Stasi- celebra invece i suoi fasti nella media produzione poetica di questi decenni in Italia.
Scrive Di Stasi “La metamorfosi del buio è un labirinto univiario (unicursuale), un tracciato districabile di testi che rinviano a un centro, a un nascosto gheriglio di significati, di fronte al quale chi crede di essere ormai giunto alla fine del cammino, si trova catapultato in un nuovo inizio”. E ancora “Per adempiere ai suoi obblighi e alle sue inclinazioni il personaggio lirico si lascia dominare da due questioni perspicaci e dolorose: la realizzazione di sé traverso la lotta amorosa, la dispersione di sé nei bagliori accecanti della morte”.
Come esempio del tono medio di questa sempre felice ispirazione- tralasciando per ora i vertici che essa raggiunge , che sono tanti- potrei indicare la poesia“Settembre del sessantadue”: il lontano ricordo di un'alba in cui lo sorprese la voce di un metronotte in bicicletta che cantava su un motivo di Chopin. Il poeta aveva sorpreso un uomo felice, e ora pensa che sarebbe la felicità essere come quel metronotte, sapersi liberare dalle paure e dai ricordi cattivi, dalle angosce, “per essere nell'azzurro fiato un soffio un'emozione un'utopia”.
Va detto senza mezze misure che tutta la raccolta ha una struttura organica, compatta. Non siamo davanti ad una serie di pur belle e ispirate poesie ma ad un libro vero, organizzato, costruito intorno ad un progetto, ad un disegno nitido, razionalmente controllato e sviluppato, animato da un “pensiero poetante” di grande impegno etico e conoscitivo e di impeccabile esecuzione letteraria. Il “labor limae”, il lavoro di cesello nelle varie fasi dell'elaborazione, la cura estrema dei particolari metrici e prosodici lo testimoniano.
Diciamo anche che è un libro difficile, per la sua complessità e ricchezza non perché contenga qualcosa di criptico, di sperimentale. E' uno di quei libri che corre sempre il rischio di venir sottoposto a interpretazioni contrastanti poiché la varietà dei temi e delle forme può spingere facilmente ogni lettore a interpretarlo liberamente.
Molte delle poesie hanno un andamento narrativo, e questi “racconti” o meglio “occasioni” offerte dalla vita, vengono a costituire una trama inesauribile di eventi e di ricordi, che lasciarono un segno indelebile nell'autore e lo stesso segno dovrebbero ora lasciare nel lettore. Perciò una corretta valutazione di questa poesia non può prescindere dalla lettura a voce alta che se ne può, anzi che se ne deve fare. Martino infatti raccomanda sempre di leggere a voce alta le sue poesie, se si vuole ottenere lo stesso effetto che egli come autore si era ripromesso.
Il tono di questa poesia è sempre alto,solenne. La poesia di Martino non ama gli indugi, le pause liriche, idilliche, ma corre diritta come una lama, che taglia e incide in maniera inesorabile, impietosa.
Uno dei momenti più drammatici è offerto dalla poesia “La visita”, molto efficace e sconvolgente, in cui è rappresentata come in un sogno l'apparizione di una creatura misteriosa ed inquietante. Va anche detto che scene simili sono frequenti in queste poesie e io penso che l'esperienza del teatro, forse di Shakespeare, abbia molto contato nella formazione del suo linguaggio drammatico: “Mi colpì quasi verde una luce/ fluttuavano due occhi...Il compagno paventato da sempre?/ L'Ospite o il nemico l'assassino?”
Ancora più terribile e potente è il sogno dell'uccisione del padre nella poesia ”Quello che accade prima dell'alba”. Un vero e proprio parricidio compiuto dal figlio, una poesia-racconto ammirevole per la capacità di condensare in trama una classica vicenda edipica, con l'odio-amore per il padre, la violenza della giovinezza e quella fatalmente radicata nella memoria storica del nostro paese...
Una poesia su cui mi sono soffermato è quella intitolata “Le praterie e la rosa l'effimero e l'eterno “. Infatti ho avuto l'impressione che da lì inizi una specie di svolta nel libro, l'inizio di un atteggiamento nuovo del poeta nei confronti del mondo e della propria vita. “Scacciata dal corpo l'ossessione/ di indagare l'abisso/ trafugato lo sguardo/ dall'amore e dal sesso/accettare il ritorno nella terra....e con dolcezza affronteremo il buio”. Mi sembrano parole inequivocabili, parole di speranza e di accettazione piena della vita. Le storie e le meditazioni drammatiche e convulse che troviamo nella prima parte della raccolta approdano infine ad una finale pace, a uno stato quasi di felicità, nell'accettazione serena del mondo così com'è. Così si arriva alle grandi strofe dell'ultima e della penultima poesia in cui si esprime un pensiero che a me pare il culmine del percorso compiuto dal poeta e che viene espresso con grande chiarezza e soprattutto con convinzione ed energia.
Volendo esprimere un giudizio d'insieme su questo magnifico libro direi che esso è un poema della vita e del destino di una persona, che acquista anche un valore più generale di destino di tutti. C'è qualcosa di metafisico in questa poesia? Tenderei ad escluderlo. Essa mi pare invece una poesia di pensiero, ma anche molto fisica ed emozionale, e magari la definirei nel suo insieme una grande metafora della condizione umana nel Novecento, secolo che ha conosciuto tante importanti vicende: tragedie storiche e politiche, conquiste scientifiche, grandi illusioni e Grandi Miti. Miserie e grandezze d'ogni genere.
Mi piace concludere con queste splendide strofe della penultima poesia della raccolta “Viaggia con i confini dell'assurdo”:
“Chi siamo e perché siamo al mondo? /Come arrivati/ in questo nostro pianeta?.......Se niente di niente dopo la morte/ noi saremo/ non dobbiamo per questo vivere/ tremando di terrore/ al pensiero del nulla/ La felicità non è meno vera/ perché deve finire/ né il pensiero e l'amore s'impoveriscono / perché non sono immortali // Se tragica e serena / inquietante talvolta o generosa/ sopra di noi scivola la vita/ tentiamo di violarla col sorriso”.
LEANDRO PIANTINI