Luciana Moretto - nota di lettura su L'animato porto di A.M. Carpi
![]() L'animato porto
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autori: | Anna Maria Carpi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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« … ma quello che in me gli manca è la bravura/ di far misteri fra parola e cosa» così recita a conclusione del testo La mia lingua è inattuale? A.M. Carpi nella raccolta L’animato porto.
Il problema della leggibilità di un’opera di poesia, intorno al quale molto si è dibattuto e si dibatte, muove in effetti dal presupposto che la poesia non è oggetto né materia adatta alla Facoltà di Scienze della Comunicazione e tuttavia – bisogna pur dirlo – non è neppure rifiuto aprioristico della comunicazione stessa.
Personalmente – a tale proposito – sono solita usare il termine “zanzotteggiano” per dire delle variegate schiere di poeti che si ritengono all’avanguardia essendo oscuri e incomprensibili. Generalmente scrivono versi che non sono versi e nella maggior parte dei casi non si capisce che cosa immaginano di dire sopraffatti come sono dalla confusione mentale, in balìa dell’equivoco che sia quella la più corretta precondizione per scrivere poesia.
Superfluo aggiungere che di ben altra natura e spessore poetico è l’opera di A. Zanzotto.
Ciò premesso ritengo L’animato porto di A.M. Carpi una raccolta sapientemente costruita per apparire piana e agevole, quantunque la semplicità sia più apparente che reale, sostenuta com’è dall’ostinato orgoglio del pensiero e dal senso di una grande responsabilità della parola poetica.
Fede nella poesia come valore ultimo, come a ciò che dà sostanza all’esperienza e quindi al mondo e che strappa dalla “normalità” ciò che nomina, sia cose che vite.
E tante sono le vite che vediamo affannarsi tra i versi della raccolta – come personaggi su una scena – giovani e meno giovani ma tutte ugualmente in preda a un senso di solitudine e di sconfitta eppure disperatamente alla ricerca di un motivo di speranza non si sa bene in che cosa o in chi: la speranza nonostante tutto. Spes contra spem.
E’ l’autrice medesima a volersi tenere aggrappata a una seppur vaga e improbabile possibilità di dialogo, al desiderio di essere compresa e di essere accolta. Tutto ciò mi appare molto umano, inclusivo dell’idea di fragilità e di debolezza cui dà seguito quella «pietà per l’altro» che – come viene ben espresso – «è la sola nostra traccia /che si scorga nel cosmo».
Un barlume di gioia e direi quasi un motivo di salvezza sembra farsi strada nel rapporto con gli animali che hanno accompagnato la poetessa nel suo cammino nella vita, peraltro con l’inevitabile strascico di sofferenza alla loro scomparsa.
In fondo quei «compagni corpi» tanto celebrati nell’opera di A.M. Carpi – forse è azzardato quanto sto per dire – si manifestano come corpi di animali, non i soli ma certo i più affidabili per un reale colloquio d’amore.
Il resto è lasciato a labili relazioni, a un flusso di parole pronunciate per non lasciare campo libero al silenzio.
Solo se riferite al periodo della giovinezza – la cui nostalgia percorre tutta l’opera – le parole paiono assumere una particolare pregnanza inserite come sono in quel contesto di fervore intellettuale, di studio e di esperienze radicali che furono il contrassegno di un certo periodo della nostra storia recente.
Di converso l’oggi pare un tempo in cui «va ognuno alla cieca e sconsolato»: l’isola della gioia non si scorge, per ora, all’orizzonte.
Luciana Moretto