Maria Lenti su Rivista DE-COMPORRE per Annamaria Ferramosca
![]() Ciclica
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autori: | Annamaria Ferramosca |
formato: | Libro |
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Uscita in “de-comporre”, ottobre 2015, 21
Annamaria Ferramosca, Ciclica, bandella di Manuel Cohen, Milano, La Vita Felice, 2014.
La poesia di Annamaria Ferramosca incalza su “erranze e ontologie” (l’espressione, qui sostantivata, dallo scritto di Manuel Cohen) e spinge a entrare, prima, nei versi-anelli di una ricognizione, poi a seguirli, anzi a inseguirli, nell’analisi dell’esistente, pur in mimesi di persistenza affidata anche a poeti/e amati/e, e del suo dispiegamento in altro: possibilità necessitata dal vuoto, desiderio di uscirne, vitale dinamica di un inizio che può sempre darsi. Come si evince dalle sezioni: Techne, visione critica di un mondo assorbito dalla tecnologia; Angelezze, natura che consola e densa interrogazione sull’umano; Urti gentili, incontro largo tra genti, visto come arricchimento in umanità; Ciclica, spirale del nostro destino. E dai titoli pieni di energia di singole poesie Fioriture, Erica delle domande, Sotto la nuova luna, Corri sicuro del tuo ritmo, Corpo, Rifondazioni, Terrantartide: quest’ultima con in exergo “l’alba nuova” di Rocco Scotellaro.
Ciclica si apre ad un principio di nuova nascita, di rinascita, insita nell’ordine del mondo (non dei migliori allo stato attuale) e delle cose (decidue, oggi, o provocate alla caduta), se fossero ascoltati (mondo e cose) nella loro essenza, e, in primis, nella trama della natura (e Annamaria Ferramosca, biologa, ne conosce sia le conferme sia le trasformazioni), ma anche delle capacità delle persone di rinnovarsi, di ricominciare.
Non si tratta di visioni serene, né di “ottimismo della volontà” (richiamato come sottofondo di umana e calda presenza: «pure amo / tutto questo calpestio di genti nella città / l’impasto di animelingue / il rompersi dei meridiani l’inarcarsi dei ponti per / urti gentili / questo annodarci annodando / i cesti della fiducia con antiche dita», Urti gentili), ma di un excursus che, nel lasciare all’oggi tutti i suoi negativi anfratti emersi in dati di fatto, avvia un bianco e nero riconoscibili.
In cui trascegliere luminosità, sapendo che «uguale è l’aria che respiriamo / di certo per raggiungerci / uguale la corsa di linfa di sangue / nella comune ruota intorno all’asse / … uguale la nostra devozione / nel custodire le radici / (guardando verso il cielo)», (Dialogo con un piccolo albero di limoni sul balcone).
In cui cercare un seme che non muore, o perché non lo si lascia morire o perché, ostinato, orgoglioso nell’amore di sé, vive di suo. Qualcuno, forse, può elidere nel suo intimo il sentimento dell’altro/a, la libera “fioritura” di idee-sogni non oscuranti, la dispositio a meglio habitare con i simili, può «trascurare ancora eventi d’amore»?
Sarà il sentimento profondo (risalito in emozione), saranno le radici, allora e appunto, a sostenere l’inizio, gli affetti, l’etica delle relazioni interpersonali, il ricordo dolce nella memoria, a prendere, quasi, la mano e avviare il passo. E sarà (sarebbe) non un evento ma un risultato: «Vita non è che questo / mio colorato ridere felice di colare / sul corpo che sceglie inconsapevole / adatti il moto e la postura / a intercettare piogge di alfabeti / fuochipensiero da ogni fronte / li premo sulle labbra sulle dita / a stivare paroleidee scintille / per incendi futuri» (Un’adolescente un campo di girasoli un presentimento).
A tale esito, del ciclo della rinascita significata in neologismi (Angelezze) o in parole (fuochipensiero, paroleidee, animelingue, …) accostate in modo tale da dilatare il potenziale in esse figurato, concorre tutta una corporalità, priva della paura suscitata dalla fine di qualcosa e da un diverso, insolito, stare, sciolta in atti, idee, respiri ideali nuovi d’esistenza. Uno stare ricomposto come Anima Mundi (richiamo la monografia del 2011, La poesia Anima Mundi, con silloge Canti della prossimità), ciclo vitale della poesia tutta di Annamaria Ferramosca.
(Maria Lenti)