Novità Poesia: Aldo Selleri - Sul ponte di Joyce (poesie per una città volante)
![]() Sul ponte di Joyce
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autori: | Aldo Selleri |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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prefazione di Giulia Niccolai
nota di Davide Rondoni
Le poesie di Selleri sono abili a muoversi con disincanto tra rime e luoghi topici della letteratura (da Trieste a Dublino a Buenos Aires, da Saba a Joyce a Borges). Poesie che riescono appunto a non esaurirsi in una variazione di un tema infinito. Troppo facile sarebbe (o troppo difficile, piuttosto) ribadire innovandole immagini di Trieste, o dei quartieri argentini che Saba, Joyce e Borges e il Tango ci hanno ormai consegnato come memorabili. Insomma, Selleri corre il rischio come un copywriter – suo mestiere di formazione appunto – che cerca come dare parole che comunichino oltre al già saputo. E se riesce con i movimenti di una lingua ben governata tra abbandoni e sorveglianze a dare un senso e immagini vive dei luoghi («Trieste città volante/ sirena, ombra svanita») è perché la sua poesia è abitata da un’ironia amara che proviene da una ferita umanamente autentica, senza compiacimenti. Un’anima risonante, dunque, dove il disincanto, come la lacrima di Gardel, grande cantante di Tango è “blu”. Un dolore senza gioco, che non sia appunto quello serissimo, vivace e armonioso dei suoi versi intessuti di ritmo.
Davide Rondoni
[...] Trieste si trasforma nel Triestamar della prima sezione. Termine che viene spesso ripetuto e che può volere dire molte cose: da “amare Trieste”, a “Trieste amara”, a “Trieste sul mare”. Non solo, perché quel toponimo è anche onomatopeico, così simile all’aggettivo triste.
Dunque è lei, la città, che “dice” questo libro, anche grazie ai grandi del passato che hanno tanto raccontato di lei, amandola, temendola, trattandola bene o fustigandola: da Joyce a Saba a Svevo.
[...] In questa raccolta, vento, mare, poesia, amore e dolore si combinano tra loro in modo tale da confondersi, perdere forma e non essere più individuabili l’uno dall’altro.
[...] la quarta e ultima sezione del libro ha come titolo Famiglia graduale in campo di tennis, e per sottotitolo Dialogo in versi per voci e suoni. Composta di una serie di brevissime poesie molto argute, diverse da quelle delle tre sezioni precedenti. Le definirei comiche e auto ironiche, in quanto riproducono la parlata gergale, il filologico beccarsi di giovani privilegiati appartenenti a una generazione molto simile alla mia.
Giulia Niccolai
Trieste non è una città, è una condizione esistenziale. Si ama o si odia. Sospesa tra presente e passato, fra reale e immaginario, Trieste è una città di fantasia segnata da ricordi e da fantasmi.
Persone e luoghi, eventi e atmosfere, amori e morti sono le icone di una città perduta e ritrovata: schegge di uno specchio infranto, morsi nel pane del tempo, ossessione e rimpianto.
La nostalgia è come un coltello. Trieste è vittima e aguzzino. Come una grotta del Carso ha stalattiti e stalagmiti che graffiano, così Trieste ha la complessa eredità dei suoi scrittori. Ci si ripara nei caffè: con un bicchiere di vino e refoli di bora che si scapricciano in concerto.
Triestamar
Città muta, cromosomi di altro vento
alle cellule inquinate dedichi un passato antico
e in quel tempo segregato, ostenti abiti fuori moda
cappotti tarlati, sontuosi appigli alle voglie di allora
Strano indossarli ora: le strade cambiano
i monti spuntano dal mare come corvi immobili
dal becco proteso, neri, minacciosi e fieri
infliggono unghiate alla tua città di ieri
Ogni giorno, ribelle, muore e rinasce
la città rinnova la pelle a refoli di bora
nuova storia come ogni vecchia storia
trasognata nelle acque della memoria
Non riconosci nessuno e nessuno incontri
Trieste è deserta, il passato la bora sventola
si spalanca una finestra sulla bellezza del mare
Trieste, città mia, dimentica di come amare
Il cappello di Svevo
Inseguivi una sigaretta accesa
al tramonto di un silenzio fumante
Montale faceva vendetta
dei signori del tempo umiliante
Svevo prigioniero di spie borghesi
gatto vagabondo assillato
in vicoli oscuri schiacciavi il cappello
alla tua città, forestiero
Isola d’Istria dal mare ventilata
tu e Joyce con moglie agghindata
a bere un vinello che frizza
alla fine del fiasco la bizza
Cantante di vernici segrete
Trieste si vanta della scollatura
bianca, ignora la parola scritta
di pagine sboccate che viola
Un colpo di vento strappa il cappello
prende la strada del cielo
il tempo stringe la tua scrittura
fiore tenace non appassisce
Sul ponte di Joyce
Ti hanno imprigionato su un ponte stretto
cappotto di bronzo in preda alla bora
ribelle straniero che volavi incerto
confuso dall’aroma della birra scura
Dalla collina il profumo della brughiera
legno e vaniglia, tracce carnali
le amavi a Dublino fin da bambino
i dolci corpi di mandorla e di nocciola
I coffee shop di Stoneybatter emanavano
l’incanto di brioche appena inventate
un’osteria buia poi ingoia i pensieri
in viale alle triestine scoppia il petto
Straripa in città una bora lesta
alle donne strappa gonne plissé
sul tram chini la testa
la banda stona nella città in festa
Di Baileys ricordi crema e caffè
Parigi è lontana: nell’osteria del buio
ordini una bottiglia di fuoco e una frittura
a riscaldare l’ultima scrittura
Un violino stride nella spelonca vuota
il calice colmo di ingiunzioni per l’affitto
la gente passa, fosca e comune
la casa degli amori è segnata a dito
dalla sezione Famiglia graduale in campo di tennis
I
Il campo di tennis
non è un campo di tennis
è il mare di Trieste.
No, cara, è il mare con un faro.
No, caro, è l’aria di Trieste.
Non è aria. È la bora.
No. Una volta c’era la bora...
Giusto.
No, sbagliato.
III
L’appuntamento era
al Caffè Colussi in piazza Garibaldi.
No, al cinema Impero in viale Gelsomino.
Al cinema non ci siamo visti.
Nemmeno al caffè.
Abbiamo visto in cinema diversi
film con altri attori e imprevisti finali.
Sempre la stessa musica.
Perché sei andato con quella là?
Il sottomarino famigliare procede
verso la rotta polare.
Al sud le banane sono dolci.
Farò penitenza per giorni e notti.
Volendo e volando il tempo aspetta:
il fiore della gonna non va nominato invano
e si ribella al tuo ricamo.
I chiodi cinesi inghiottono un mandarino.
Il gatto miagola nel campo di tennis.
Incroceremo la rotta polare finché
la bora sotto terra sarà vendicata.