Novità poesia - Michelangelo Bonitatibus - Alchimia della cenere
![]() Alchimia della cenere
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autori: | Michelangelo Bonitatibus |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Michelangelo Bonitatibus ama la letteratura e la vita. Al lettore affida senza remore il suo vissuto, in particolare, un apprendistato erotico riepilogativo e mai concluso, premonizione di un io lirico che cerca disperatamente il suo punto più alto, per condividerlo con le figure amorose che aleggiano nei versi come mugiki chagalliani.
Accanto alla dogana degli affetti resta un pathos esemplificato dai miti della natura e dell’infanzia, più volte riaffioranti come a voler coniugare il presente desolato e una giovinezza perduta, bianca, immedicabile.
Nell’esercizio della poesia, in una lingua letteraria d’adozione, l’Autore vuole rendere l’alleanza mutevole fra corpo e intelletto, passando in rassegna le loro sconcordanti opposizioni, da un lato le esulcerazioni di una vita precipitosa con impennate di passione sanguigna, dall’altro la lentezza di accadimenti ripensati attraverso i sedimenti della memoria. non a caso nei testi si alternano la rappresentazione simbolica di oggetti che assumono per sé la leggerezza del fiabesco.
Si smette di essere delle marionette, asserisce l’Autore, quando si comincia a percepire la pulsazione del Tempo: per riuscirvi occorre un malessere generaliter, o una sofferenza particolare. In quel preciso istante l’occhio si apre per la prima volta sul mondo e ci fa cadere sotto l’incantesimo, o il maleficio, di una condizione aurorale, primigenia.
Si smette di essere burattini di un destino giunto non si sa da dove, quando si diventa capaci di riconoscere la nudità delle cose, appena ricoperta da un velo di polvere, messa a ottundere la cenere dei giorni che si succedono meschini, ostentati, clandestini.
Il perbenismo odierno ama le mediazioni, le forme composite e inconcludenti: in queste pagine si aggira un poeta che impone con distacco la sua purezza espressiva, le sue pericolose impennate lorchiane, paradigma ideale di una scrittura che non ha risoluzione, né smette di turbinare nella mente del lettore.
dalla prefazione di Donato di Stasi
La polvere sul ciglio del divano
c’è da qualche giorno
sconosciuta
una lunga fila di ricordi
a fare capolino nella stanza
scrutano dal soffitto
quello che accade nell’interno
– Dimmi chi vedi
chi conta lungo il muro
La faccia l’hai nascosta dietro il braccio
Perché?
Rifuggi il sole
il nostro impossibile mattino
di certo non conosci l’imbrunire
il dorso della mano –
così parlando dolcemente
si avvolse in un profumo di cotone
salì sopra il vuoto
verso il fumo verso la corrente
Il canto sussurrato delle allodole
appoggia il tuo pensiero
al freddo del cristallo
è un giorno
un mese
un anno
forse un secondo smisurato
che attraversando a guado la tua stanza
hai trascurato di vedere
la faccia nello specchio
e senza riconoscerti
invecchiare
oggi sul galeone imbandierato
hai rincorso il vento
e l’alba e l’indaco del cielo
senza sapere che tra le mani avevi
il rosso del sole e l’infinito
Nel mio petto di biancospino
datemi un filo di saliva
e perle di fiume
dove sono finito?
al risveglio non riconosco il letto
né il bicchiere sul comodino
sono mie le spoglie sulla sedia?
ci sono momenti che non capisco
da dove vengano le rondini
una processione inverosimile
di luoghi e di rimandi
a pezzi si sfalda la mia faccia
sui piedi macchiati
delle mie incomprensioni
spegnete tutte le luci
e queste voci che fanno danzare
sul fondo del costato i miei pensieri