Novità Poesia: Paolo Agrati - Nessuno ripara la rotta
![]() Nessuno ripara la rotta
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autori: | Paolo Agrati |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Paolo Agrati, poeta per necessità.
Ecco Nessuno ripara la rotta (splendido novenario), seconda e convincente prova di un autore polivalente e complesso per formazione e personalità. [...] emerge l’idea di una precisa poetica, fatta di rammendi e cure: un mastice, dissacrante e liberatorio, come nella migliore tradizione dello slam poetry, che vede in Agrati una delle voci più convincenti, istrioniche e accattivanti del panorama italiano, e, nel contempo, vulnus, scossa tellurica profonda e incisiva, quando il poeta tralascia idealmente l’oralità per destinare il luogo della comunicazione alla matrice scritta della poesia [...]
È un’odissea, quella di Agrati, che abbraccia luoghi in un viaggio fisico e, nel contempo, metafisico, tutto mentale [...]
Il poeta, però, ben si tiene lontano dal rischio del solipsismo, di bolla lirica dell’Io, spostando il piano narrativo sulla dimensione ironica, spesso deformante, comunque liberatoria [...] e cerca il contatto con ogni aspetto della realtà vivente, anche nei punti più bassi, di deiezione nel mondo senza alcun progetto.
Anzi è il rovescio del mondo, ciò che interessa Agrati [...] un autore che restituisce segni di un pensiero forte, quello di una dirompente uscita “dal graffio delle cose” e che sedimenta il fare poetico in un linguaggio polisemico che è, necessariamente, ricerca inesausta d’amore. Oltre qualsiasi banalità.
dalla prefazione di Ivan Fedeli
Ancora un viaggio
verso la mia ombra
che fugge verso
dove s’acquieta
il respiro del vento.
Non conosco il posto
che avrò nel tuo cuore
ma questo sentire
desolante sentire
di fuoco sul quale
non soffi, fiamma
che spera dalle braci
dell’incendio che fosti
prima di lasciare
alla deriva questa barca
dai remi dipinti sullo scafo.
Dalla sezione DELLA DISTANZA
Non abusare della cioccolata
non che sia veleno ma tu ti riempi
lo stomaco d’emmennems per tenere
dentro l’arcobaleno. Mentre io taglio
col treno le alpi diretto alla terra
di Hermann Hesse. Seguendo la luce
del tuo ventre, coprire la distanza
da un seno a quell’altro, adagio nel palmo
gattino in cerca del posto nel mondo.
Tu che vai ficcando orsetti di gomma
negli angoli intimi della mia casa.
E allora quando memoria riaffiora
li mangio di nascosto, non te l’ho mai
detto; per averti anch’io dentro, averti
nel petto. E ora un altro segreto:
se ti seguo sulla scala mobile
è per ammirare il Signor sedere
che sostiene il suo stato di nobile.
Sebbene talvolta agli occhi traspare
la voglia di vetro di andare chissà
dove gli scalini vanno a morire.
Dalla sezione SULLE PIETRE
Eichstätt
Un sole sdentato che cerca di mordermi il collo.
L’estate fatica, le gambe possenti di vecchia
in salita, guadagnano strada di chiesa in chiesa.
Non è la Sicilia dove i fichi scoppiano in grappoli
dove il sugo d’arancia ristora all’ombra di cinte
di sasso dei campi d’ulivo.
Ma il passo di Tine colora le case
inonda la gola, sistema le pietre sul selciato.
Paese di Basilicata
Si arriva a fatica e a fatica si va via.
Le stradacce che incurvano i dolci pendii
rivelano l’aspro l’estate e l’inverno.
E case ammucchiate sul picco come vecchi
frigoriferi nel terreno dei rottami.
Le genti sottrarsi alle viuzze scappando
da un freddo che invero si portano dentro.
Da quando il risveglio di nuvole inzuppa
le piazze arrangiate tra i vichi di tela.
Si portano in faccia salite, crepacci
gli anfratti, gli spacchi, i declivi, le zolle
d’argilla; l’abbraccio di terra che lascia
i suoi segni. Che ora ha lasciato anche i sogni.
Dalla sezione TRA L’ERBA
Alberto
Alberto mi ha detto che il corpo
è l’ultimo a tradire. (Puoi farlo
con il naso, con gli occhi, col cuore).
Ed anche che lui cucina solo
minestra. La scalda sulla stufa
a legna sotto alla foto di Alda
Merini, vicino alla finestra
che guarda il giardino. Fuori sono
le piante dell’orto che bagna ma
dentro ci sono i fiori più belli.
Parole che Alberto ha raccolto
sulla carta. Compreso, ascoltato
colto. A tenere acceso il fuoco
però sono ancora le altre. Quelle
che un giorno o che mai, trovano luogo.
Dalla sezione NEL FANGO
Un sacco di animali in una sola poesia
Trovo disgustoso tatuarsi di parole
in lingua inglese. Vestire di sapore
internazionale una strofa d’idiozie.
Come se il fattore mettesse i tacchi
alti ed il rossetto alla sua scrofa.
Ma invero è un falso problema
perché più disgustoso ancora
trovo farmi tatuare. Indossare
lo stesso bracciale, la stessa camicia
le mutande. Sentire sempre qualcosa
appiccicato alla schiena.
Nelle cene dove non c’è niente da dire
nelle sere al bar dove bevi
come un asino per stare a galla
c’è sempre una bella ragazza che dice:
anch’io volevo farmi una farfalla
un delfino, una tartarughina
sopra il culo, sulla spalla!
Ora; anche superando l’imbarazzo
provocato dall’uso imperfetto
che fai dell’imperfetto
ti sei mai chiesta se una tartaruga
tatuerebbe la tua faccia cretina
per mostrarla a un amico del prato
o a qualche altro animale marino?
E poi, perdono
perché cazzo non l’hai ancora fatto?
Scommetto volevi anche andare in India
fare un viaggio un po’ pazzo
con lo zaino o in bicicletta.
La vita fatta di intenzioni, in più mediocri
mi deprime. Come la democrazia
come i cani che abbaiano alla televisione
come i ricchi con il portafoglio
sempre pieno di soluzioni.
Come quella balena della mia vicina
che passa la vita a guardare la vita
degli altri al balcone.