Paola Meneganti: Matrilineare. su carte sensibili blog
![]() Matrilineare
|
|
autori: | |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Date: 28 agosto 2019
“Ci siamo necessarie, dunque“- Il dialogo, Roberta Dapunt
Ci sono libri che mostrano, in maniera luminosa, l’irrompere della voce e dell’ingegno femminile nel mondo. Libri come “Matrilineare”, un’antologia poetica dal sottotitolo “Madri e figlie nella poesia italiana dagli anni sessanta a oggi”, pubblicata per i tipi di La vita felice e curata da Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli, alle quali dobbiamo pure l’antologia “Corporea. Il corpo nella poesia contemporanea femminile di lingua inglese”, del 2009, e la raccolta “La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia contemporanea di lingua inglese”, del 2015, il cui tema torna in questo ultimo volume, declinato dalle poete di lingua italiana. per secoli, le donne hanno subito furti: il furto della dimensione simbolica, il furto di identità, il furto del corpo. La parola poetica, allora, diventa un atto di coraggio e di impegno, un gesto culturale e politico per compiere il lungo lavoro di ricostruzione del simbolico. Nei lavori delle poete scelte dalle curatrici, i emergono i temi del corpo, della genealogia femminile, ma anche della contraddittorietà e dell’ambivalenza rinvenibili nel rapporto madre/figlia. Valga, a titolo di esempio, il tema della fusione con il corpo materno in “Perditi, bimba” di Elisa Biagini: perditi, bimba di pasta e burro …ritorna qui, in bocca alla tua mamma […] mi hai fatta e mi puoi sfare, un boccone alla volta. Condizione privilegiata, condizione prigioniera: val la pena ricordare le prime righe della postfazione scritta da Luce Irigaray a “Maternale” di Giovanna Gagliardo (Edizioni delle Donne 1978): “Insieme al tuo latte, madre mia, ho bevuto ghiaccio. Ed eccomi ora con questo gelo dentro […] Tu mi fai da guardia, tu mi guardi […] E l’una non si muove senza l’altra. Ma non ci muoviamo insieme”. Quel corpo a corpo con la madre, quella relazione madre – figlia che, dirà Adrienne Rich, è “la grande storia non scritta”. E Loredana Magazzeni, nella sua introduzione al volume: “La voce della madre, che ci accompagna nelle sue apparizioni e metamorfosi, è per la figlia postura esistenziale, luogo dell’origine e del posizionamento”. Una presenza potente e numinosa, matrice non interrogata, mai scritta dagli scribi nelle tavolette contenenti la contabilità dei palazzi (v. Cassandra, di Christa Wolf), quasi mai riportata, e sempre in modo sotterraneo, dalle storie e dalle cronache, presente nel mito (Demetra e Persefone), ma oggi portata alla luce dal desiderio femminile di significazione della relazione con la madre, che lo elabora, con la parola poetica, con la parola narrativa, con la parola saggistica, filosofica e psicoanalitica. Chiara Zamboni, in “Né una né due: l’enigma di un eccesso nello spazio pubblico” (Diotima, L’ombra della madre, Liguori 2007), scrive: “La prossimità al materno è presente come qualcosa di ambiguo nel rapporto simbolico. Senza misura, senza definizione e limite: enigma irrisolvibile, che sta tra la madre e la figlia e che vediamo proiettato se pure in forma diversa nei legami delle donne tra loro”. Materia magmatica, spesso dolorosa, spesso perturbante: le poesie ce lo dicono. La madre e le figlie di Mia Lecomte che, in una sorta di memoria allucinata, sognano e ricordano mostri, con cui avviare un dialogo di relazione corporea (Intimità); la lingua fatta di gesti e di vicinanza quotidiana (Il rito, di Fernanda Romagnoli; la Genealogia del grembiule di casa, di Eva Taylor); il tema, doloroso, del lasciarla andare (a cui è dedicata una sezione, “Malattia, morte”, della parte III “Separazioni”, che compone il libro insieme alle altre parti: “Nella scia”, “Controvento”, “Sguardi: indietro e avanti”. Torno sul tema della genealogia. Anne Michaels ha scritto in “Lago dei due fiumi”: “Noi non discendiamo, ma affioriamo dalle nostre storie”. È un potente invito a pensare ancora, cercare ancora, amare ancora nostra madre. E a farne parola, con grande riconoscenza nei confronti di chi, come in questo libro, sa farne parola poetica.
Paola Meneganti