Rita Pacilio su Imperfetta Ellisse per 4 poete La Vita Felice
Sette poete scelte da Rita Pacilio
La poesia genera vita?
Le credenze intuitive sono dure a morire, come quelle che si riferiscono al movimento, e molto spesso vengono applicate alla poesia. Quando ciò accade si perde la direzione rispetto alle credenze originarie e all’impegno verso l’esistenza. L’artista applica, così, il coraggio della declinazione poetica svelando la giusta direzione, ma se chiedessimo a tutti coloro che scrivono poesie quanti libri hanno letto riceveremmo risposte che rientrerebbero in poche ed esclusive categorie. In tutti, comunque, riscontreremmo imbarazzo come fruitori del lavoro altrui. Subentrano dilemmi complicati in relazione al proprio stato emotivo e al linguaggio che da denotativo si modula in connotativo quando la creatività esiste e persiste. Spesso, però, lo stesso scrittore di versi, è portato ad analizzare la propria scrittura come carica di alta espressività senza misurarsi con la critica e senza affrontare alcuni equivoci di fondo. Infatti, l’arcana e sterile diatriba sul talento innato e acquisito avanza inesorabile alterando la comunicazione, quindi il confronto. Il tentativo di fornire modelli interpretativi validi per la valutazione si articola sempre di più a carico di poche voci che a volte sono sottomesse a condizioni lavorative e di mercato. La selezione/valutazione viene a identificarsi con il luogo comune diventando credenza. Come riuscire a essere fedeli a un libro? Come costruirlo e poi, come leggerlo? A volte sembra non ci sia scampo: molti lavori risultano inutili e sovrabbondanti per la letteratura che si stacca sempre più dal nome per diventare universalità, arte. Altri libri sono piccole gemme che fanno fatica a sopravvivere alla convenzione, al potere poetico. (Rita Pacilio)
Laura Maria Gabrielleschi nella sua raccolta Di padre in padre edito La Vita Felice, 2016 si mette in rapporto diretto con gli affetti accostandosi con delicatezza e, in maniera straordinaria, alla realtà senza mai esserne sopraffatta o manipolata. Nelle due sezioni – Di padre in padre e Al canto del gallo - viene narrato il rapporto genitoriale con l’animo di figlia per entrare nell’assenza temporale e materica da conoscitrice esemplare del dolore. Il tempo e la manifestazione emotiva sovrastano i versi in cui la direzione poetica denuda bellezza e ispirazione.
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Tu dimenticato nelle mattine
soleggiate, di baci infantili,
di viaggi senza sosta
tu sempre assente nei risvegli
io tra braccia sconosciute
e la fatica di essere un volto
di anno in anno
di padre in padre.
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Se vorrai tornare
ancora ti aspetto
vicina a quel muretto
basso che nessuno ha mosso
ci sono più piante nell’orto
e una mimosa gigante
è cresciuta senza che tu la vedessi.
Non è uguale la casa
e nemmeno il mio viso
il cuore piccolo
come allora.
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Ho conosciuto uomini
chiamarli amore mi conforta
tutti sembrano felici qui.
Non ero una brava bambina?
Sono fedele a poche cose
vorrei essere fedele a me stessa
fare il giro del mondo
questo avrei voluto fare da bambina
oggi riesco a fare solo passeggiate
innocenti, senza pensare.
Non ero bellissima?
Da vent’anni non taglio i capelli
dormo male
il telefono ha smesso di squillare
in sogno tutti i volti
si assomigliano.
Perché te ne sei andato?
Laura Maria Gabrielleschi è nata a Lucca. In poesia ha pubblicato i seguenti libri: Le case degli anni con prefazione di Dario Bellezza (Del Giano, 1994); Amore allo specchio (LietoColle, 1997); Dialogo con la madre con prefazione di Franco Loi (Bastogi, 1998); Inizio senza nome (Nicolodi, 2001); Compagno d’occasione (Polistampa, 2007). Nel 1997 ha vinto il premio Montale per gli inediti pubblicati in 7 Poeti del premio Montale (Scheiwiller). È presente in diverse antologie.
Il peso della neve – La Vita Felice, 2016 – di Rosa Riggio custodisce il coraggio dell’amore che riconosce la vita. Si tratta di un argomento naturale, ma che è aperto a innumerevoli esiti. Anche la perdita del padre e la seguente mancanza assumono un carattere decisamente celebrativo, per niente greve. Padre, Parigi sono le due sezioni sospese tra figure sparenti e memoria, perché niente può essere negato all’esistenza, niente può essere pesante quando i paesaggi e i ricordi sono leggeri come la neve.
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Mia madre guarda fuori
dietro di lei le voci si fanno lievi
poche righe, sì, è tutto così chiaro.
Lasciatemi qui, non è ancora notte
ma sta accadendo
adesso.
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È solo una neve più bianca
quella che mi tiene
mentre guardo
la tua corsa, da fermo,
mentre non so quale immagine
e come si capovolge il tempo
e se il buio si manifesta
o dove
o cosa
e se.
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E mi dicevi delle pietre
delle fabbriche
del fumo della tua giovinezza.
La scoperta di un ingranaggio
segreto, girare i bulloni
senza pensare.
La fatica era un assaggio
Di vita, un desiderio infinito
Ghermito di corsa
Nella vite che facevi girare
Le spalle rivolte al mare.
Era Genova
o forse i chilometri
delle spiagge di bruti
spariti da secoli
fedeli
sorretti da da storie di corse
cavalli lanciati
che galoppano ancora.
Era le terra che non puoi lasciare.
L’officina, la sabbia, i mattoni
dove tornare.
Rosa Riggio nasce a Siderno (RC) e vive da alcuni anni a Viterbo. Insegna Lettere nella Scuola secondaria superiore. Appassionata di arte, crea collage su tela. Ha esposto le sue opere presso la Bottega delle Arti a Viterbo. Si occupa di critica letteraria. è redattrice della rivista on-line «NiedernGasse», per la quale cura la rubrica di poesia contemporanea. Ha pubblicato: Un elaborato silenzio (Il filo 2005, Targa di riconoscimento Premio L’Iride – Città di Cava de’ Tirreni); L’orizzonte alle spalle (FusibiliaLibri 2014). Suoi testi poetici sono pubblicati in blog letterari e in antologie.
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Non è tempo di pettirossi di Luisa Puttini Hall (La Vita Felice, 2016) è una raccolta che consegna al lettore un unico percorso di oggetti e soggetti in movimento e continuamente in dialogo per inalterabile necessità. Il mondo ci viene presentato nel suo simbolismo tormentato e meraviglioso in cui parole chiave conducono al mistero che avvolge gli animi e l’enigma dell’esteriorità. Nessun tempo è perduto quando ci si consacra al sentimento e al senso della fragilità umana.
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Il sole è luna nel cielo d’inverno
bianco spettro fasciato di nebbie
Le querce nude inquietano
un animo inquieto
Il dolore è compagno di viaggio
fedele
non sopporta tradimenti
neppure tra le pieghe docili
della terra che amo
Nello squarcio arancio del tramonto
io lo costringo
a un armistizio di malinconia
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Abbiamo perso un giorno
e ancora diamo forma alle nuvole
un cuore una goccia l’America del Sud
o forse la nebulosa del passato
in quel cumulo bianco
sfilacciato dal vento
Percorro i vapori dell’intreccio
e non mi bastano le dita
né gli anni a venire per contare
L’orizzonte
È pieno di cirri
allegre virgole in cielo
Continuiamo a giocare
una foglia un fico un fiore
Luisa Puttini Hall è nata a Milano, ma vive a Firenze, dove si è svolta la sua attività di insegnante e ha avuto inizio la sua produzione letteraria. Legata al mondo britannico per professione e matrimonio, ha sviluppato una grande passione per il paesaggio del Nord Europa, meta di viaggi e lunghi soggiorni. Sia lo sfondo naturale sia quello culturale dei Paesi anglosassoni trovano eco nella sua poesia e nel suo romanzo. Non è tempo di pettirossi è la terza raccolta poetica dopoGiorni d’inedia e d’abbondanza (Masso delle Fate, 2007) e Isole e Terre (Mobydick, 2011) ed è preceduta dal romanzo, di carattere ecologico fantascientifico, Allergia (Mobydick, 2013): pubblicazioni che hanno ottenuto premi e riconoscimenti, dal “Marisa Priori” 2008 al “Portone letterario di Pisa” 2011, al “Buonarroti” di Massa 2014. Le sue poesie e i suoi racconti, vincitori in vari concorsi, sono presenti anche in riviste e antologie. è socia del Pen Club italiano.
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Poesie di frontiera di Alexandra Zambà (La Vita Felice, 2016) nascono dal Laboratorio Poesia e Ombre tenuto nel Centro Diurno Boemondo di Roma. Il progetto viene alla luce grazie all’esigenza di esplorazione dell’animo umano. La sperimentazione verbale e scritta propone al lettore una grande lezione di verità umana. I partecipanti al laboratorio di poesia non pretendono di cambiare il mondo con i loro versi, ma attraverso la forma metrica, interpretano le aspirazioni umane, i desideri più reconditi, la gioia o la tristezza di appartenere alla vita nonostante tutto. Un lavoro non facile che mette a nudo l’amara e desolata esperienza della persona in dialoghi-monologhi fatti di spazio/tempo interiore e intimistico.
I partecipanti al laboratorio: Alessandra, Anna, Antonio, Calogero, Emanuela, Francesco, Giacomo, Giuseppe, Giuseppina, Grazia, Marco, Mario, Massimo, Michele, Mirella, Miriam, Nadia, Paola, Paolo, Raffaele, Rosi, Sandro, Tania, Virgilio e Alexandra.
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“Padre nostro che sei nei cieli
dacci oggi il nostro pane quotidiano”
per noi e per tutte le persone che hanno fame.
Quelli pieni di fagotti e niente casa.
Quelli che rovistano la spazzatura.
Quelli che hanno figli e niente soldi in tasca.
Quelli che vengono da lontano e girano senza meta.
Tutti quelli che cercano negli sguardi l’amicizia e il ristoro.
Dacci pane per sfamarci,
quello di ieri sempre buono domani.
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Che dolore vedere la perdita
di un amico che parte,
sconsolato resta appeso
un rettilineo di vuoto.
Ogni ricordo
un sobbalzo del cuore esangue.
Trovarmi solo con la terra che trema,
in fondo sentire il dissesto, resto muto
con la paura guardar lontano.
Nella speranza di un suo ritorno
si sopporta la lunghezza del vuoto.
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I tuoi occhi dammi, luccicii
della bufera spade e rasoi
dei fulmini dammi la paura.
Dammi, dammi senza chiedere
dammi quel che non oso
nel balbettio pronunciare.
Il pane si offre non si chiede!
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Era d’inverno: lui
entrò di spalle
gli fece strada un profumo indefinito
col passo indeciso
aranci e limoni si aprirono
balbettò un mezzo saluto
e guardando in basso
nell’ombra indietreggiò.