Fotografia di Dino Ignani

Cinzia Marulli ha speso molta parte della propria esistenza e del proprio impegno intellettuale al servizio di una poesia intesa come superamento delle barriere interrelazionali e internazionali. L’ho intervistata per fare il punto sulla sua produzione poetica e sulle molteplici attività culturali che porta avanti con ininterrotta passione, tra l’Italia, l’Estremo Oriente e l’America Latina.

Cinzia, tu sei poetessa, traduttrice, agitatrice culturale, organizzatrice di eventi e festival di poesia, videoartista, curatrice di collane per editori specializzati. Quale di queste attività ti definisce maggiormente?

Cara Sonia, questa domanda è cattivella! Riuscire a dirti cosa di ciò che faccio mi possa definire maggiormente significherebbe avere una conoscenza profondissima di me stessa. In realtà, ti confesso, ancora oggi io non mi conosco molto bene; conosco il mio nome, mi guardo allo specchio e riconosco il mio riflesso (a anche questo non sempre!), ma la conoscenza del mio “essere” è un viaggio che ho intrapreso 56 anni fa e ancora non è giunto alla meta e durante questo viaggio ho incontrato una Cinzia che non sempre mi è piaciuta e altre volte invece sono stata addirittura orgogliosa di me stessa. Insomma, alla fin fine, quello che desidero dire è che io non ho mai pensato di “definirmi”; posso dirti che non posso fare a meno di tentare di scrivere “poesia”, che per me questa straordinaria Signora è un destino e non una scelta; che amo moltissimo studiare “la parola” e per questo mi dedico anche alla traduzione, perché è una sfida e tradurre da una lingua pitto-ideografica come il cinese a una lingua alfabetica come l’italiano è una sfida da agente 007. Quanto agli eventi culturali che organizzo essi sono strettamente connessi alla mia necessità di dialogo e di confronto; Le curatele poi rientrano in questa dimensione anche perché ritengo un dovere quello di occuparsi della diffusione della parola poetica. Ma posso dirti anche che, oltre a tutto ciò, ci sono altre cose che amo e che contribuiscono a delineare ciò che sono come ad esempio la mia necessità di essere contadina, di affondare le mani nella terra, ogni giorno, prendendomi cura del mio piccolo orto cittadino. Credo che ciò che mi definisca meglio siano proprio le mani callose e la zappa perché non esiste pianta rigogliosa senza una terra nutriente, tanto lavoro e tanto amore e la poesia richiede esattamente la stessa cosa.

Hai rappresentato l’Italia in diversi festival internazionali e hai un rapporto particolarmente intenso e passionale con l’America Latina. Quale è il ricordo più bello che puoi trarre dalle esperienze poetiche all’estero?

Credo che ogni poeta debba avere, almeno una volta nella vita, il privilegio di partecipare a un festival di poesia in America latina per vivere in prima persona un’esperienza assolutamente unica e formativa e per toccare con mano l’importanza che la poesia ha in quei paesi spesso problematici politicamente, socialmente ed economicamente, ma dove la poesia è considerata fondamento della cultura e dell’anima di un popolo e la figura del poeta spesso assume il rilievo di guida. I festival internazionali sono tali in quanto partecipano poeti provenienti da tutto il mondo e hanno il compito straordinario di far dialogare i popoli attraverso la poesia e i suoi rappresentanti, creando legami, scambi e condivisioni. Di norma ogni festival dura almeno una settimana in modo da consentire ai poeti di conoscersi tra di loro come in una sorta di “residenza creativa” condividendo non solo i momenti delle letture, ma ogni momento della giornata e privilegiando proprio il tempo libero per consentire il libero dialogo. Ovviamente ogni festival ha anche le sue particolarità: il primo festival al quale ho partecipato è stato  il Festival Internazionale di poesia di Guayaquil Ileana Espinel Cedeño, in Ecuador, dove è predominante l’incontro scambio con i giovani e gli studenti dell’università di Guayaquil; in Messico, paese che amo immensamente, ho partecipato all’Encuentro de poetas del mundo latino che si è svolto tra Città del Messico e Aguascalientes, una bellissima città famosa anche come centro termale e ricca di cultura e tradizioni e al Festival Ramon Lopez Velarde che si svolge a Zacatecas, antica città mineraria che diede i natali al grande poeta messicano; entrambi questi Festival si caratterizzano per la selezione accurata dei poeti partecipanti, per l’attenta partecipazione dei centri di cultura, delle università e della popolazione. Un altro festival indimenticabile è il Festival internazionale di poesia di Granada – Nicaragua che vede ogni anno la partecipazione di circa 130 poeti da tutto il mondo. Nella piazza principale dell’antica città di Granada viene allestito un palco enorme dove ogni sera i poeti sono chiamati a leggere davanti a migliaia di persone che attendono anche per ore l’inizio delle letture, infatti qui la partecipazione della popolazione è straordinario. Poi ho avuto anche la gioia di partecipare ad altri festival in Europa e mi piace ricordare La Primtemps des poètes che si svolge ogni anno in Francia e in Lussemburgo; Partecipando a questi eventi ti rendi conto di quanto la poesia e la lingua italiana siano stimate nel mondo e ciò ha fatto nascere in me un profondo senso di gratitudine e di umiltà.

Sei una studiosa di sino-indologia e hai tradotto i principali poeti cinesi contemporanei, tra cui i cosiddetti poeti “brumosi”. Che metodo traduttorio utilizzi e come mai, ai tempi dell’università, sei rimasta folgorata sulla via della Seta?

Parto dalla fine della tua domanda: primo giorno di università (allora a Roma esisteva solo “La Sapienza”), salgo lo scalone della facoltà di lettere e mi metto a guardare le bacheche per annotare gli orari delle lezioni: il tabellone riportava un numero immenso di insegnamenti. Ero smarrita perché non avevo ancora scelto l’indirizzo da seguire e l’Università era strutturata in maniera diversa da oggi dando molto spazio ai piani di studio individuali. Una ragazza si accorse di questo mio smarrimento e mi disse di accompagnarla a seguire una lezione. Ci andai. Era una lezione di lingua e letteratura cinese, al primo piano a destra, in una saletta piccolina dove stavamo in circa 15 studenti seduti intorno a un tavolo. Fu amore a prima vista. In quel momento decisi che quello era ciò che volevo studiare.  Non fu facile all’inizio, soprattutto con il sanscrito perché, proveniendo da un istituto tecnico, non avevo mai studiato il greco e il latino e dovetti rimediate da autodidatta, ma il cinese è la lingua che ho approfondito di più. Come tu hai ben detto mi sono dedicata molto alla traduzione di alcuni poeti cinesi, i così detti poeti brumosi traduzione in realtà non molto corretta di menglong e che significa anche incomprensibili, e in particolare di Bei Dao e Mang ke. Ovviamente il metodo di traduzione non può essere tra quelli possibili tra lingue alfabetiche perché qui siamo di fronte a una lingua ideografica, anzi, è meglio dire a una scrittura ideografica dove un ideogramma non ha solo una semplice traduzione letterale, ma rappresenta a volte un concetto, un’idea con sfumature molto particolari. Quindi non possiamo di certo fare una traduzione letterale, tantomeno semantica perché il valore estetico di una lingua non corrisponde all’altra. Sicuramente si tratta di un metodo libero e di adattamento e come ho già detto rispondendo alla prima domanda è una missione da agente 007.

La nuova collana di poeti ispanoamericani appena nata per la casa editrice La Vita Felice è il tuo nuovo impegno personale. Com’è nata l’idea e come si è definito il progetto?

Ho incominciato ad apprezzare la poesia ispano-americana grazie a un bravissimo poeta cileno, caro amico, che si era trasferito qui in Italia, Mario Meléndez; Mario mi ha istruito, consigliandomi i poeti da leggere e facendomi delle vere e proprie lezioni di storia della letteratura ispano-americana. Poi ho avuto anche il privilegio di conoscere un ispanista straordinario, Emilio Coco, del quale apprezzo molto anche l’opera poetica. Emilio ha compiuto e sta compiendo un lavoro di traduzione eccezionale permettendo all’Italia di conoscere grandi voci della poesia di lingua spagnola e nel contempo portando in America latina l’opera di molti poeti italiani anch’essi da lui tradotti.  Da qui all’idea di creare un progetto unitario e concreto di traduzione e pubblicazione di opere di grandi poeti ispano americani è stato un passo breve e la concretizzazione è avvenuta grazie a Gerardo Mastrullo editore di La Vita Felice che ha accolto di buon grado il progetto inserendolo nella prestigiosa collana “Labirinti” come sezione dedicata alla poesia ispano americana. Quindi ogni volume oltre avere un’ottima traduzione ha anche come valore aggiunto un saggio introduttivo di uno studioso di fama internazionale che potrà aiutare il lettore italiano a meglio penetrare nella poesia e nella poetica del poeta proposto. Così a ottobre scorso,  malgrado i grandi problemi che sta affrontando l’editoria in questo periodo flagellato dalla pandemia del Covid, La Vita Felice ha già pubblicato il primo volume dedicato alla poetessa peruviana Blanca Varela con saggio introduttivo di Miguel Angel Zapata, docente di letteratura ispano americana presso l’Università di New York oltre che fine poeta, ed è in procinto di uscire il secondo volume dedicato al poeta messicano Eduardo Lizalde con un saggio introduttivo del poeta Mario Bojórquez.

La tua è una poesia che potrei definire permeata di un quieto e gentile realismo magico, dotata di un armonico equilibrio tra le due istanze della semplicità espressiva e della profondità sentimentale. A quali poeti ti ispiri quando scrivi?

Che belle parole che hai, cara Sonia, per la mia poesia. Come tu sai, spesso noi neanche ci rendiamo conto delle influenze di cui siamo portatori. Come ha detto Borges nel libro “L’invenzione della poesia” dove sono raccolte le lezioni che fece ad Harvard tra il ’67 e il ’68, i poeti entrano in noi e a volte ci ritroviamo a inserire, inconsapevolmente, nei nostri testi versi di poeti noti che sono entrati talmente tanto dentro di noi da diventare nostri. Sicuramente ciò che mi ha influenzato moltissimo sono gli studi di orientalistica e non solo i poeti cinesi, ma anche la filosofia e forse più ancora lo studio della scrittura e della lingua cinese. Da qui nasce la mia necessità di sintesi, di trovare la parola che io definisco “chiara” perché deve racchiudere in sé la semplicità della luce e l’immaginazione stupefacente di un bambino. Ecco, sicuramente un mio grande maestro è R. Tagore, ma anche l’Achmatova, Machado, Gozzano, Cardarelli, Leopardi, Manzoni, e un milione di altri che amo e che leggo disperatamente da quando ero bambina, da quando mia madre, invece di leggermi le fiabe mi leggeva l’Orlando Furioso o La Gerusalemme Liberata o La Scanderbeide. Quindi, forse, è tutta colpa di mia madre se imbratto fogli ancora oggi.

Chi ti conosce sa che sei un’entusiasta, una fucina in continua ebollizione. Cos’altro sta bollendo nella tua pentola?

In questo periodo è assolutamente necessario non arrendersi e anche se non si possono concretizzare i propri progetti è importante usare questo tempo per progettare, per studiare, per scrivere e anche per riflettere e cercare di rimettere nel giusto ordine prospettico le nostre priorità. Dopo un lungo periodo di riflessione ho ricominciato a scrivere, ma io sono molto lenta e molto riflessiva, quindi non so quando ciò che sto scrivendo diventerà un libro e in realtà non mi pongo neanche ciò come meta, il piacere, anzi il bisogno è la scrittura, poi tutto il resto viene dopo, conseguentemente.

da Percorsi (La Vita Felice 2016)

C’è una luce lieve
lungo il sentiero di Santiago
dove i piedi sanguinano solitudine
mentre calpestano
le briciole lasciate a memoria
E nel tremore delle mani
di mani che pregano
l’uomo va, inarrestabile,
alla ricerca di quell’oltre
che dia senso a ogni cosa
Il desiderio di inciampare
su una radice gemmante di bene
che possa rompere il fragore delle guerre
è la forza che sospinge
Il dono atteso, quel sentimento bianco
sotto la terra smossa dal coraggio
nelle ferite che colano l’unguento sacro
forse non si conquisterà mai.
In fine
tutto si spiega, ‘che il peso del mondo
l’assurdo peso di tanta pietra
grava solo su una poverissima corona di spine.

*

Non abbiate paura, non c’è pericolo
i poeti sono brava gente:
non se ne vanno nudi per la strada
non hanno volti emaciati
non camminano scalzi sui carboni
ardenti
Hanno fame i poeti —come voi—
attraversano il buio con la paura
sulla pelle, tremano al freddo
e mangiano tutti i giorni
—o almeno vorrebbero farlo—
I poeti si fanno la doccia, vanno al bagno
a fare la spesa. Addirittura si sposano
e hanno figli.
Talora, ma non lo dite ad alcuno
—hanno pure l’amante—
Vi assicuro – i poeti sono brava gente
anche se a volte sono indisponenti
si appropriano
dei sentimenti che vagano nell’aria
li bevono e se ne ubriacano
e poi scagliano parole – le incidono sulla carta –
tagliano ferocemente la luce fredda
del vuoto.
Piangono i poeti – piangono il sangue del mondo –
scavano nelle miniere più profonde
le scoperchiano per inondarle di luce.
E se tutti voi non avrete paura di loro
vi assicuro
i poeti diventeranno veramente brava gente.

*

Forse si avvicina al silenzio la parola
e con un sussurro di vetro
vorrei parlarvi del vuoto
dell’assenza primordiale dell’anima
—di quella sospensione concreta del cosmo—
Quale colore tinge l’assenza?
Il vuoto è tanto assurdo quanto il tempo
è forse quella scatola dorata che contiene il niente?
Il vuoto lambisce il senso
irreale del dolore.

da La casa delle fate (La Vita Felice 2017)

Si ferma il tempo
nel percorso che m’avvicina
in questo luogo risiedi
qui – dove la vita passa nell’attesa.

Il candore della tua pelle m’accarezza
quella pelle tornata bambina
ora che invochi me
come fossi io tua madre.

*

Voi credete che sia tutto così
come l’immagine ferma di una foto
con i sorrisi sui volti di cera
ma dietro ci sono le cose invisibili
il tremare delle mani
le gambe che non sorreggono più
neanche il ricordo

e ogni cosa diventa peso
ma tutto questo è nascosto
in quel pannolone che si è portato via
la dignità della vita.

 

Cinzia Marulli ha studiato sino-indologia all’Università La Sapienza di Roma. Ha fondato e cura il blog letterario ParolaPoesia e la collezione di quaderni di poesia Le gemme per le edizioni Progetto Cultura. Ha curato molti libri di poesie e ultimamente si occupa della curatela della sezione poesia ispano-americana per la collana Labirinti della casa editrice La Vita Felice insieme con il poeta cileno Mario Melendez. È inoltre collaboratrice della rivista letteraria Altazor (www.revistaaltazor.cl) della Fondazione Vicente Huidobro che ha sede a Santiago del Cile. Ha portato avanti per alcuni anni un laboratorio di poesia in una casa di riposo per anziani e ha organizzato e diretto molti eventi-rassegne letterarie a Roma. Ha partecipato ad alcuni festival internazionali di poesia in Italia, in Europa e soprattutto in America Latina e la sua poesia è stata tradotta in molte lingue e pubblicata all’estero su antologie e riviste di settore. Ha pubblicato i libri di poesie: Agave (LietoColle 2011) con prefazione di Maria Grazia Calandrone; Las mantas de Dios (Progetto Cultura 2013) in edizione bilingue italiano–spagnolo con traduzione di Emilio Coco e prefazione di Mario Meléndez; Percorsi (La Vita Felice 2016) con prefazione di Jean Portante; La casa delle fate (La Vita Felice 2017) con postfazione di Marco Antonio Campos.