Stefano Guglielmin per Annamaria Ferramosca
15.09.2014
![]() Ciclica
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autori: | Annamaria Ferramosca |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Di che cosa tratti Ciclica (La Vita Felice, 2014), l’ultimo libro di Annamaria Ferramosca, me l’ha scritto direttamente lei in una mail: “il tema si identifica con la nostra richiesta di senso lungo ogni fase della vita e occasione del quotidiano, insomma come una continua vigilanza che acuisce il dolore di fronte al degrado globale, dell’umanità e della natura.”. Due sono quindi i temi entro cui si muove quest’opera: l’inevitabile “urto” del mondo sugli esseri, che è incontro / scontro, modo in cui si sta nell’aperto dell’esistenza, sempre segnato dal contatto; l’autodistruzione della civiltà o perlomeno il suo progressivo imbarbarimento, “gli infiniti modi [che essa ha] di sprofondare”.
Il libro si apre con la necessità di scegliere dentro la confusione di facebook, entro un mondo ipertecnologico che sfalsa le relazioni. Il contatto diventa così contagio malefico; l’occidente tutto, invero, contamina il mondo con il suo tramontare “senza ritorno di alba”, lo travolge. “L’insulto alla terra” è costante e, proprio per questo, noi dobbiamo ripensare il paradigma dello sviluppo, l’irrazionale equivalenza tra benessere e felicità. Dovremmo imparare dagli alberi, ci dice la Ferramosca, “mappe di salvezza / dispiegate nei rami”, testimoni di pienezza che ci invitano a curare frutto e radice e a tramandare il messaggio: “sii migliore del tuo tempo”. Perché ciascuno di noi è appunto relazione, per quanto assediata dal buio: “Il toccarci dentro abbiamo / il vederci il pensare il nudo fare”. Ecco che l’urto può essere gentile, come recita la terza sezione del libro; “il tocco-random di una mano / che plasma e scompiglia” aveva scritto in Fioriture, quasi in principio di Ciclica, così che il contagio non infetta, ma salva, se risultato dell’incontro tra parola e cosa: “Con la lingua vorrei solo esultare / […] sulle cose far luce / anche feroce […] / o velarle le cose di compassione / coprirle scoprirle interrogarle / romperle corromperle / ammalarle infettandomi guarire”. Lei, biologa, sa quel che dice, conosce la natura uniforme della materia, l’esser fatti della medesima sostanza, in quel centinaio di elementi chimici organizzati nella tavola periodica.
L’altro collante è la memoria, l’infanzia che la memoria recupera anche attraverso la scrittura e qui messa in gioco soprattutto nella sezione “Urti gentili” dove la terra natale, il Salento, traspare con tutta la sua carica di nostalgia.
Coerentemente con i suoi libri precedenti (in particolare Curve di livello e Other Signs, Other Circles), la Ferramosca contrappone la linearità del pensiero platonico-cristiano alla circolarità della natura: Ciclica, come lei stessa mi scrive, “nel nome evocail destino cosmico che tutto accomuna”. Destino che tuttavia, pur non togliendo la paura della morte, la fa rientrare in un ordine superiore, “un oltre riconoscibile gentile / terra calda dai suoni attutiti”: un aldilà più pagano che cristiano, un “paradossale colmissimo caos”; un passare da uno stato all’altro dell’essere, come direbbe Severino.
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