Alice Serrao per Luigi Cannillo
Galleria del vento
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| autori: | Luigi Cannillo |
| formato: | Libro |
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https://fioridiporpora.wordpress.com/2015/03/21/la-galleria-del-vento-l-cannillo/
Galleria del Vento, L. Cannillo
Oggi è il primo giorno di primavera, ma è anche la Giornata Mondiale della Poesia, e per questo voglio consigliare un libro: Galleria del Vento, di Luigi Cannillo (La Vita Felice, 2014).
Appoggiare la mano sopra il bianco della copertina è come appoggiarla sulla pancia di un corpo vivo, si sente il diaframma che si alza e si abbassa, si sente il respiro. Le poesie di questo libro, divise in quattro sezioni, sono infatti attraversate da due correnti di vento. Una che entra, che si chiude nel petto dopo aver inspirato il lutto e il dolore, la fatica implicita alla nostra presenza nel mondo, è il peso grave delle cose che tengono il corpo come un filo a piombo, perpendicolare all’orizzonte della terra e del cielo. L’altra è il brivido che scorre veloce lungo lo sterno, la corsa dei globuli che hanno ossigenato il sangue, è la leggerezza riconquistata delle cose dopo una ripartenza, è tutto il fiato cattivo buttato fuori per rifare ordine e spazio, è la fuoriuscita del respiro di quando ci si rilassa e si riconquista un equilibrio, un’apertura alla vita. Sono due correnti che si susseguono disegnando un cerchio, prendere e tenere il fiato, sistole e diastole del battito, un palpitante alternarsi di due movimenti, contrarre e dilatare, un’andata e ritorno continui.
Scrive: «Dobbiamo andare, vieni,». Scrive: «verso la porta dell’origine / Nel nome della madre / completeremo il cerchio dell’esilio / noi stessi madre tramandata / nella consolazione, la marea / che sutura e riapre la ferita».
La prima sezione contiene le poesie dedicate alla madre morta, «Dove stai andando, così di corsa? / Non c’è voce umana a raggiungerla / né sguardo che la insegua / se una forza contraria alla vita / la convoca e spinge / come volando, / freccia scoccata nella nebbia». Quasi un’Euridice. La presenza materna è viva negli oggetti, nella memoria del suo ordine che viene tramandato e ripetuto. «Qui ogni parete aspetta di aprirsi al ritorno / Adesso intanto si difende rapida / confina un territorio, / lo nasconde / e vedova si chiude nel dolore». Sono versi in cui all’accorata interrogazione «Vedi» fa eco sempre la voce rassegnata del figlio: «Tu non lo puoi vedere». È una madre che non rincasa e tiene in sospeso il figlio che l’aspetta perché l’ora è tarda, un’attesa vana e inevitabile che rovescia i ruoli: «Ripete in ogni pagina mamma / ormai è buio, è ora di tornare».
Si apre lo spazio misterioso dell’aldilà, l’intimo avvertimento del sacro, la domanda che bisogna gettare avanti come un seme, anche se non ha risposta immediata; il verso d’apertura della raccolta è infatti proprio: «Chi scuote questa galleria del vento»? simbolo del viaggio in cui ci troviamo esposti ai venti-eventi e in cui «sulla pelle vetro si alterna / a velluto». La volta del cielo intanto ci offre uno zodiaco luminoso, per suggerirci oroscopi e coordinate per un provvisorio orientamento. La seconda sezione raccoglie infatti poesie sui 12 segni; costituiscono lo sguardo che si alza dopo aver fissato la terra luttuosa. «A lui invisibile sotto pelle / dobbiamo il segno dell’altrove / la fierezza del passo la lettura / delle nuvole in viaggio / […] / Convivono l’anima e gli zoccoli / le braccia danzanti e la coda / tendono insieme l’arco / della caccia, prima di allontanarsi».
Assenza e presenza si bilanciano e susseguono, chiamandosi l’un l’altra; il corpo, protagonista della terza sezione, è il termine di una identità lirica che cerca di entrare in contatto con il “tu”. È il tentativo di intrecciare con l’altro quel «fiocco delle gambe», condividendo il viaggio, prendendosi umanamente a cuore l’altro: «Salvami dice, non ti allontanare / […] / Proteggi il viaggio nelle tenebre / solleva il mio tempo sulle spalle / difenderò io il tesoro del sonno». La notte è, di fatto, il momento privilegiato dell’incontro, quando una perfetta intimità sembra davvero possibile, tutelata dalla tenebra può compiere a pieno la propria luce e fiorire, prima che l’alba li separi, come già raccontavano le poesie della tradizione classica sulla separazione degli amanti. «il cerchio del respiro / celebra il possesso perfetto / L’anello si sfilerà al risveglio / ma questa notte ci congiunge sposi». Ma il “tu”, oggetto di desiderio, è anche termine di conflitto, residente in un territorio da porre sotto fiamme ed assedio; un avversario da combattere, capace tuttavia di restituire quasi una grazia nel gesto luminoso del saluto, nel bagliore degli occhi. Pare di scorgervi una rimembranza stilnovista. «So cosa significa combattere / l’avversario invisibile / i colpi perduti nell’aria / I corpi consegnati alla stretta dell’altro»; «il nostro sguardo che si cerca / e racconta di quando gli occhi / fissano per la prima volta / e spalancati guidano la testa / […] / come se l’altro / sguardo fosse stella».
Infine la sezione conclusiva, Berlino, città in cui il poeta torna spesso: «Tutto convive grazie all’uomo, / si scolpisce anche l’erba, dicevi / Ritorneremo, dopo ogni attesa / i cancelli apriranno alla festa». Ancora una volta contano i luoghi e le presenze evocate. Ancora una volta «il tempo che flagella / impone una rinascita». Ci si chiede «Cosa rimane di tutto il cammino» e ci si risponde che «Tutti guardano in alto, cercano una presenza, mentre qui sulla pianura / pulsa riflessa la stessa luce / la moltitudine si raduna e disperde / come stormo in volo, aria». Un’ottima prova poetica, in cui la nitidezza del verso trasmette molta profondità.
Alice Serrao














