Luigi Cannillo su RAINews di Luigia Sorrentino
			
				 
			
			Galleria del vento 
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| autori: | Luigi Cannillo | 
| formato: | Libro | 
| prezzo: | |
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Luigi Cannillo, “Galleria del vento”
 Introduzione
di Sebastiano Aglieco
Si potrebbe dire che il grande tema della perdita attraversi tutto il nuovo libro di Luigi Cannillo. Ne è prova, ma non solo, il primo nucleo di poesie “L’ordine della madre”, concentrate intorno ai gesti postumi del figlio in lutto e che improvvisamente deve ricostruire e capire: la morte della madre tutto è, tranne che una questione sentimentale.
 Così la parola si fa responsabile, le immagini vogliono respirare dentro un ordine e sembra quasi, leggendo, che ogni parola sia dovuta per compito. I versi non si sciolgono; restano alti, chiedono al lettore un’attenzione, un essere presenti, in coro. Troviamo le ricorrenze del limite, dove le parole vorrebbero custodire ciò che resta del dolore della casa.
Più ti incammini e la materia
 si esaurisce asciugata dalla luce
 che resta a segnare i confini
 La distanza fra le case
 ogni dislivello, tutto
 pulsa unito nel salto
Ecco: da una parte la distanza, la corsa verso una luce infinita; dall’altra la finitezza che ci abita e che non ci chiede la resa ma l’ordine. Ora. Qui. Perché, dopo, esiste il tempo di un altro respiro, la dispersione delle orme.
 L’esperienza del distacco dalle cose è la necessità della maturazione, del passaggio in un secondo tempo della vita quando una voce ci parla più sommessa, senza urlare e ci chiede uno sguardo più aperto, capace di abbracciare anche la morte, di darle una forma e un nome meno terribile.
Il tema della perdita, allora, non può che essere declinato nell’altro, ben più vasto, della condizione destinale delle creature, fatta di meteore che attraversano improvvisamente la vita e la illuminano brevemente della luce di una verità postuma.
Ecco allora delimitato un atlante di direzioni riconoscibilissime: sono i regni di competenza dei “dodici segni”, forse i testi più compatti di questo libro, in cui la meditazione poetica perviene a delineare, con immagini e simbologie, i limiti e gli splendori di un agire per estrema ratio, bastante a se stessi, ai propri rischi mortali.
 In funzione centrale, allora, sia per il tema, sia per lo svolgimento, non può che trovarsi il terzo segno, i Gemelli:
«cercami nel profilo sulla parete / nel vuoto scavato nell’aria / quando ci allontaniamo / Siamo i lembi separati da sempre / da sempre ricongiunti / destinati a inseguirci / e fuggire appena sfiorati».
Si dice, qui, della diversità congiunta alla somiglianza, della necessità dell’altro; dell’ essere che si specchia nella vasta realtà del cielo da cui proviene, riconoscendo in sé il luogo di passaggio di forze oscure, eppure familiari.
Così, nel segno successivo, il Cancro, Cannillo sente il bisogno di restituire a una logica più alta, il senso incomprensibile della perdita della madre, perché, come egli dice in un passaggio, «Nel nome della madre / completeremo il cerchio dell’esilio / noi stessi madre tramandata / nella consolazione».
L’origine, allora, quando si accomiata da noi, ancora rimane nella forma delle lettere del nome: “madre”, a riconoscere nello spazio del corpo, un ordine ben più vasto e imperscrutabile.
 Eppure questo corpo, il luogo dei soli avvenimenti che possiamo comprendere – gli altri ci circondano e ci accerchiano come conseguenze di ragioni a noi oscure – questo corpo non accenna a
 rinunciare al suo splendore, alla possibilità di pensarsi ed educarsi, esso stesso, per resistere agli attacchi del tempo con la sola forza di un necessario esistere, della sua consunzione nel tempo.
 Così il racconto di questo corpo, è ora fatto di soste, di luoghi rivisitati dopo anni, sdoppiati, dunque, da una memoria che prova a ricollocare il senso misterioso del transeunte nella più vasta epopea delle stelle; e di un altro segno in particolare, l’acquario, in cui la perdita di qualcosa che è stato, un evento custodito dalla memoria, si stringe intorno alla possibilità della parola a incarnarsi nel dolore dell’umano. «Ci stringeremo liquidi finché / dalla fonte trapassi in corpo muto / imprevista la parola».
 Con questa funzione e con questa necessità si apre in effetti la sezione “Il rovescio del corpo”. Se quello della madre era un corpo-nome, icona necessaria della restituzione di tutti i sensi, il corpo in sé anela, come si è detto, alla vita, vivendo le precarie occasioni e immergendosi in un sontuoso erotismo che, dopo la luce dell’istante, è condannato tuttavia a mancare a se stesso, alla propria sete di assolutezza.
È un tema, questo, trattato in versi bellissimi in cui la descrizione dell’incontro spesso è seguita dalla preghiera di una pacificazione, dall’affannoso perpetrarsi dei piccoli altari della vita.
Il senso del corpo, allora, sembra essere restituito nella pienezza controllata della parola, e dall’ordine con cui la memoria prova a ridisegnare i luoghi dell’incontro, il partecipare nuovamente dell’evento ma questa volta nella luce malinconica – eppure più giusta – di ciò che essenzialmente è avvenuto e che ora ancora rimane:
Anche da qui si scrive
 con il coraggio della separazione
 Diversi sono il viaggio, e l’attesa
 il passo sospeso sulla nuova soglia
 ma l’esilio è seminato ovunque
Appare chiaro da questo libro, il senso misterioso di ogni scrittura: ridare un nuovo spazio alle cose rimaste accerchiate dai fantasmi futuri del dissenso; riconsegnarle a una nuova luce di grazia. Lavoro necessario nel luogo di attraversamento che abitiamo, una galleria del vento, esposti alla dispersione, ma anche alle possibilità della vita sotto i colpi di «un capitano (che) naviga il destino».
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ESTRATTI
 Da: “GALLERIA DEL VENTO” di Luigi Cannillo, Ed. La Vita Felice, 2014 (euro 12,00)
L’ordine della madre
Abbiamo suddiviso a bassa voce
 la farina del presentimento
 Il compleanno coltiva
 sulla tavola fiori coraggiosi
 ma il profumo si inchina
 a un vento sconosciuto
 che incrina la casa da dentro
 Poi semina dal dolce
 i vetri sul cammino.
 E stacca dal chiodo il mantello
 ci precede oltre la soglia
 Dobbiamo andare, vieni,
 ci ha fatto strada e stende
 una notte senza mattino.
 Così il tempo che ci seguiva innocuo
 accelera e sorpassa verso il vuoto
 Hai separato la porzione, la briciola
 hai soffiato come ogni anno sulla luce
 ma quel respiro già si avvita in tempesta
***
Al davanzale piomba
 una foschia improvvisa
 e questo tamburo
 annuncia il tradimento
 la terra compie il suo dovere
 restituire al vuoto
 Restano spalancate le lenzuola
 e lo spazio del sentiero limpido
 si dilata nelle future stanze
 sulle terrazze aperte
 Dove stai andando, così di corsa?
 Non c’è voce umana a raggiungerla
 né sguardo che la insegua
 se una forza contraria alla vita
 la convoca e spinge
 come volando,
 come freccia scoccata nella nebbia
* * *
Gli oggetti della casa
 anticipano il lutto
 al giro della chiave estranea
 ogni cesto inanimato si assesta
 contiene il rancore delle cose:
 l’elica del cucchiaio immobile
 senza la mano padrona
 lo sguardo che la spinge
 Senza intenzione prima,
 tace la ragione quotidiana
 che genera vita nei ritratti
 matura le fruttiere
 Ma noi non possiamo seguirla
 in uno sciame di anime e di oggetti
 che si ricomponga in ogni luogo
 Qui ogni parete aspetta
 di aprirsi al ritorno
 Adesso intanto si difende rapida
 confina un territorio, lo nasconde
 e vedova si chiude nel dolore
* * *
E’ l’avvento, fuori
 fioriscono precoci le corone
 nel tempo che dai cesti
 espande la vigilia
 Dalla nostra pietra di dolore
 invisibile a ogni passante
 dobbiamo scrutare il traguardo
 il cuore rovesciato del futuro
 La prua della finestra si dirige
 decisa verso un teatro vuoto
 ma prima dei fuochi
 dobbiamo ancora digiunare
 maturare le bacche nella brina
* * *
Pare che quando nessuno
 di noi resta sveglio
 qualcuno salga a cercarli
 Ha portato un frutto da lontano
 l’abbraccio di uno scialle bianco
 Dalle corsie in penombra
 hanno sentito chiamare
 E all’appello si sollevano,
 nella potenza del sonno apparente
 attraversano il taglio dei raggi
 Due forme fluttuanti affrontano
 affiancate il cuore della notte
 Un nastro invisibile già unisce
 corpi e ombre in visita
 E’ tornato anche stanotte
 l’ospite premuroso
 caldo di sangue e pianto,
 ha ripreso il posto tra i vivi
 Il suo saluto segreto
 riempie i corridoi, indica l’uscita
* * *
Si è abbattuta
 su quelle nuche fragili
 provate dai chiodi nei cuscini
 un’ala di grandine bruciante
 una battaglia al petto
 La parola trattenuta in gola
 riunisce l’esito all’origine
 la parola madre che flagella
 i tendaggi, affila tutti gli aghi.
 Dal passato ormai nitido
 fioriscono gli abiti dagli armadi
 la sua onda di capelli
 anziché soccorrere trascina
 il branco di madri
 ai singhiozzi alla fuga impossibile
 Finchè la pietà improvvisamente
 spicca da un coro ciascuna
 dal letto increspato
 invocherà questa notte il suo nome
* * *
L’ordine della madre impronta
 forme e limiti, ogni creta
 e vetro in ogni armadio:
 quanto accanto, quanto a distanza
 mormorando il nome
 Ha soffiato vento nelle spugne
 acceso le luci necessarie
 E i nomi scomposti così sussurrati
 si definiscono attorno ai confini
 conversano, è quel discorrere
 l’ordine ad animare la casa
 Il materno si dichiara al mondo
 nella cura, la scriminatura
 nel tesoro delle bocche.
 L’origine, lo spazio si dispongono
 nelle valigie, così l’universo
 viaggia con noi, stabilito
 nei nostri gesti e nel sonno
* * *
Vedi, tutto si riduce ad attesa
 il superfluo brucerà nella memoria
 Restano poche insegne a scorrere
 tutto è ieri e sembra solo osso,
 Poche righe accompagnano
 che la gola restituisce all’aria
 E così che l’orizzonte viene
 a riprenderci, così minimi e arresi
 Di fronte un quaderno aperto
 continua a cercarti e chiama
 dove si nasconde il proprio male
 prima di arrendersi
 Ripete in ogni pagina mamma
 ormai è buio, è ora di tornare
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Luigi Cannillo, poeta, saggista e traduttore, consulente editoriale, è nato e vive a Milano. Ha pubblicato, tra le sue raccolte di poesia più recenti, Cielo Privato, Ed. Joker, 2005; e Galleria del Vento, Ed. La Vita Felice, 2014. E’ presente, come poeta, curatore o con interventi critici, in antologie e raccolte di saggi.. E redattore della collana Sguardi dell’Editore “La Vita Felice”. Collabora alla rivista internazionale “Gradiva”, New York/Firenze.









			



													
