Immagini abitate
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Quello che compare nei versi di Valerio Fabbri è un mondo in orizzontale, potremmo dire, dove la vita scorre tra marciapiedi sporchi e muri scrostati: tutto avanza lineare e senza senso, teso in una sola direzione, per cui le vite di tutti appaiono “semplici” e come incastrate dentro una routine che sovente si riempie di urla per cose da poco e vane, come se le esistenze fossero incise da una malattia cronica che tutto e tutti colpisce: «Abbiamo fatto rumore con la spazzatura / mentre al piano di sotto i vicini / litigavano sul riscaldamento: / esiste un marchio segreto o degrado, / una specie di fiera, una città cronica / deturpata dai manifesti. E stranieri, / stranieri da queste parti, inchiodati dal futuro». Valerio Fabbri pare volerci dire che a tutti coloro che incontriamo in queste sue «immagini abitate» è assegnato un destino “in perdita”: un vuoto di futuro, per cui nei versi il tempo è afferrato solo nel suo consumarsi in un eterno presente. [...] Quando tutto pare perduto nel suo opaco fluire, il poeta si solleva un po’ dal piano orizzontale, si mette di lato e cerca un «un pezzo di verità» dice, forse cerca solo qualcosa da salvare in poesia, come si legge in questo passaggio: «Tutto è visibile in questo formicolio, / ma invento un posto luminoso / alla mia mancanza di simpatie: / a volte ascolto di straforo, mi vergogno, / mi sembra di trovare un pezzo di verità / sulle bocche semplici di tanti sconosciuti».
dalla prefazione di Gabriela Fantato
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(Poesia) Valerio Fabbri - Immagini abitate
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