Dio è nato in esilio
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Descrizione |
«Chiudo gli occhi per vivere. Per uccidere, anche. In questo sono il più forte; infatti, egli chiude gli occhi soltanto per dormire e nemmeno il sonno gli porta conforto. Le sue tenebre pullulano di morti, di crudeltà che lo ossessionano. Io so che a lui non piace il riposo, come non piace a tutti i grandi della terra. Il riposo lo lascia solo con la sua coscienza e i suoi rimorsi, con il rimpianto di avere agito sempre da potente, vale a dire da uomo terrificato dal proprio potere.»
Esiliato da Augusto ai confini orientali del nascente Impero Romano, sull’attuale Mar Nero, Publio Ovidio Nasone affida la propria amarezza alle pagine di un diario. Le Metamorfosi, il suo capolavoro, hanno lasciato un vuoto nella coscienza, e gli dei sembrano aver abbandonato il mondo. Ma proprio qui, nella terra dei Geti, il poeta coglie i primi bagliori di un nuovo culto e prepara il suo spirito a un ultimo, imprevisto cambiamento. Attraverso la figura di Ovidio – diviso tra la disillusione e il sarcasmo, il desiderio e la poesia – Vintilă Horia tenta di elaborare l’angoscia dell’esilio a cui lo aveva costretto il regime comunista in Romania. L’intreccio di esperienza personale e dimensione letteraria rendono Dio è nato in esilio un’opera in cui la scrittura diventa testimonianza, il lirismo denuncia politica e la singolarità di un’esistenza storica assume un significato universale. Nel 1960 il libro vinse il Premio Goncourt, che Horia rifiutò in seguito a una campagna denigratoria orchestrata contro di lui dal governo romeno.
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
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