Novità letteratura: La filosofia della composizione di E.A. Poe
![]() La filosofia della composizione
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autori: | Edgar Allan Poe |
formato: | Libro |
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a cura di Luigi Lunari; testo inglese a fronte
Il saggio La filosofia della composizione è apparso per la prima volta sul numero di aprile del «Graham’s American Monthly Magazine of Literature and Art» (1846), ma ancora oggi è spesso pubblicato in appendice ad altri racconti o raccolte dell’autore. Con questo breve saggio Poe esplicita la sua teoria sulla composizione con una critica verso gli scrittori che «preferiscono dare a intendere che essi compongono in uno stato di splendida frenesia».
Nel saggio, Poe sostiene di non comprendere il motivo per cui non sia ancora comparso, nel suo tempo, un articolo nel quale uno scrittore esponesse la propria tecnica di scrittura. Egli asserisce che la causa di ciò risieda nella vanità di molti scrittori, i quali vorrebbero far credere di riuscire a scrivere partendo da una «estatica intuizione» – concetto inconcepibile per Poe –, nascondendo al pubblico tutto ciò che avviene davvero nella loro mente durante la composizione di un brano. È errato, peraltro, edificare un racconto sulla base di spunti offerti dalla storia o da particolari giornate o solo per colpire freddamente i lettori. Questo tipo di scrittura non ha effetto sul pubblico. L’obiettivo di Poe è di comporre un brano partendo da un effetto e svilupparlo con originalità. L’originalità è fondamentale ed egli ritiene che non sia frutto di mera intuizione, bensì di profonda ponderazione.
In definitiva, E.A. Poe non condivide la “ripugnanza” di tanti scrittori nel mostrare la logica e il calcolo che sta dietro ogni racconto che compongono. Decide, pertanto, di rivelare tutto il percorso che lo ha portato al compimento della sua opera più conosciuta: Il Corvo. Il suo intento è quello di mostrare come ogni parte del racconto non sia frutto del caso, ma di un attento e scrupoloso studio: «È mia intenzione rendere evidente come ogni momento nella sua composizione sia rapportabile o a un incidente o a un’intuizione; che il lavoro è proceduto passo passo, fino al suo completamento, con la stessa precisione e la stessa consequenzialità di un teorema matematico» (p. 21).
Il saggio, per concludere, presenta sostanzialmente le tre teorie di Poe sulla letteratura: che tutte le opere letterarie devono essere brevi; che il concetto di intuizione artistica va respinto a vantaggio della visione della scrittura come attività metodica e analitica e non certo spontanea; che un’opera di finzione dovrebbe essere scritta solo dopo che l’autore ha deciso come finirà e come vuole che sia la risposta emotiva, o “effetto”, che egli desidera creare e che è comunemente conosciuto come “unità di effetto”.
Ma non ha forse ragione T.S. Eliot quando dice: «È difficile per noi leggere quel saggio senza riflettere che se Poe avesse tracciato la sua poesia con tale calcolo, egli avrebbe dovuto sforzarsi maggiormente: il risultato non rende merito al metodo».