Aky Vetere per J. Portante
![]() Voglio dire
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autori: | Jean Portante |
formato: | Libro |
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Voglio dire
di Jean Portante
In: Voglio dire, Jean Portante ci insegna a poetare. Le parole recitate dimorano dentro il cuore di ogni uomo e vivono in un luogo metaforico dal significato così estremo che ricorda il sacrificio del pellicano quando, per salvare i figli, si apre il petto; la poesia per il poeta è metafora dell’amore. In prefazione si ricordano i versi di Borges, Eliot, e Dante che il poeta cita in esergo al poema. Questi autori sono coloro che, più di altri, testimoniano il potere teurgico della parola. Poetare e amare, inscenano l’arcano su un piano metareale, perché la conoscenza si nasconde all’interno di forze formative non riconducibili mai ad un senso letterale. Ogni parola cela un binomio; illusorio è scindere semanticamente un concetto pensando di formulare un giudizio dicotomico, come pretendere di scindere l’amare e il soffrire, la vita e la morte. Tutto è incontrovertibilmente legato ed è per questo che la poesia e l’amore sono la chiave di lettura di una realtà in cui il divino si rende accessibile all’umano e lo rende sapiente. In: Voglio dire, viene posta una cesura di fronte ad ogni possibile negazione, proprio perché ogni giudizio è di per sé impossibile da formulare: La tua mano supponiamo che esiste e so che esiste ma supponiamo. Ci dice il poeta tacendo sulla possibile formulazione di un giudizio finale: Queste parole preferisco tacerle./ Se non sono cadute con l’ULTIMA PIOGGIA è quasi/ come./ Da quattro mesi le aspettavo: voglio dire: aspettare è/ un modo di parlare : voglio dire: quel che aspettavo/ era il solco che di lassù chiamava prendendo il corpo/ delle nuvole per imitare la voce dell’umidità./ quando piove e oggi piove le corde sono delle lunghe frasi e quando da lassù si parla così io preferisco tacere. Ne nasce un apparente non sense come nella pittura di Escher, o nella patafisica di Alfred Jarry, dove il potere magico della parola rendere possibile ciò che per scissione, quindi per giudizio, è impossibile ottenere. Che questo sia un olivo e un melo : voglio dire : gioca/ al figurante furtivo l’albero quando nella sua ombra / prende corpo e anima come un giorno appena sveglio o una notte di luna piena il desiderio comune/ di girare la chiave. Perciò la poesia non può essere spiegata attraverso i comuni canali di analisi del linguaggio parlato. E’espressione della parte arcaica del fine umano e non per questo primitiva. Ha, certo, una sua primordialità che chiamerei originale che va recuperata e coltivata a lato di forme plastiche di linguaggio che contestualmente si adattano all’evoluzione dell’uomo. Poesia e preghiera sono tradizioni impossibili da elidere, pena la morte del linguaggio.
Aky Vetere